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Mobbing: il nuovo male della società |
Gli elementi identificativi del mobbing sono dunque:
- il contrasto tra almeno due soggetti, il mobber (parte attiva) ed il mobbizzato (parte passiva);
- l’attività vessatoria continua e duratura;
- lo scopo di isolare la vittima sul posto di lavoro e/o di allontanarla definitivamente o comunque di impedirle di esercitare un ruolo attivo sul lavoro;
Dall’analisi del fenomeno, soprattutto ad opera di Heinz Leymann, uno dei primi studiosi della materia, sono state individuate principalmente due tipologie:
- Il mobbing di tipo verticale è quello messo in atto da parte dei datori di lavoro verso i dipendenti per indurli a licenziarsi da soli, schivando così eventuali problemi di origine sindacale. Spesso si tratta di vere e proprie "strategie aziendali" per le quali è stato coniato il termine di Bossing; in tal caso sono i dirigenti dell’azienda ad agire;
- Il mobbing di tipo orizzontale viene invece praticato dai colleghi di lavoro verso uno di loro per varie ragioni: per gelosia verso colleghi più capaci, per necessità di alleviare lo stress da lavoro oppure per trovare un capro espiatorio su cui far ricadere le disorganizzazioni lavorative.
Per quanto riguarda le cause del fenomeno, negli ultimi anni è emerso come queste vadano ben oltre le antipatie, gelosie e frustrazioni personali, evidenziando pertanto, un profondo legame causale con i problemi dell’occupazione ed in particolare, del ridimensionamento dell’organico. Ad esempio, le ristrutturazioni delle aziende private e pubbliche, le fusioni tra società dello stesso settore generano forti conflittualità e competitività nell'ambiente di lavoro e coloro che si trovano a svolgere le stesse mansioni entrano in conflitto fra loro fino all'eliminazione del più debole.
In Italia, la sentenza che per prima ha accolto il termine mobbing nel lessico giurisprudenziale, è la pronuncia emessa dal Tribunale di Torino, Sez. Lav. I grado, datata 16XI/99 che riguardava una lavoratrice dipendente che, costretta a lavorare ad una macchina in uno spazio angusto ed isolata dagli altri colleghi, aveva richiesto il risarcimento del danno biologico (crisi depressiva) subito a causa delle condizioni di lavoro gravose e dalle continue e mirate vessazioni e umiliazioni da parte del capo reparto. Anche l'Inail, di fronte al divampare del fenomeno, ha cominciato a considerare il mobbing come malattia professionale: infatti è stato inserito nella categoria delle malattie professionali non tabellari.
Ad oggi, il mobbing, benchè costituisca un tema caldo e molto intricato, necessita ancora di opportuni interventi legislativi e giurisprudenziali. Ma una riflessione è d’obbligo: non bisogna confondere la libera competizione con l’arbitrio del più forte, gli stimoli per raggiungere obiettivi economico-produttivi con le politiche del terrore che calpestano diritti, bisogna salvaguardare la sana e libera competizione e condannare e denunciare qualsiasi fenomeno di violenza.
di Giovanna Cerbone
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