venerdì 19 dicembre 2014

Agire da uomo di pensiero e pensare da uomo di azione

Una riflessione atipica su uno dei miti della sinistra

di William Colli

Il 9 Ottobre scorso è stato il 47esimo anniversario dell’assassinio di Ernesto “Che” Guevara. E’ passato quasi mezzo secolo, eppure in tantissimi ancora lo ricordano, ne parlano, ne discutono. Ci sono evidentemente tante ragioni compreso il fatto che, da sempre, è particolarmente amato dai giovani. E’ una figura che anch’io ho sempre apprezzato, perché è stata una persona capace di trasmettere speranza ai diseredati, alle persone che non avevano niente, nemmeno il diritto di esistere. Attenti però a non elevarlo a mito assoluto Tante ragioni rendono la mitizzazione inutile e scarsamente didattica. I miti non aiutano a capire, ma insegnano soltanto ad adorare acriticamente. I fenomeni sociali e politici, così come i personaggi storici, vanno studiati e capiti con i loro limiti e nelle loro ragioni. Un altro esempio lampante è il “maggio francese del ‘68”, mitizzato da una parte della sinistra. Fu certamente una grande mobilitazione di massa, ma i protagonisti di quelle contestazioni non riuscirono a stabilire un rapporto positivo con l’intera popolazione; non si fecero capire, commisero gravi errori, e il risultato finale fu una severa sconfitta elettorale della sinistra e una netta vittoria di Charles de Gaulle.
"Bisogna agire da uomo di pensiero e pensare da uomo di azione"
Se il maggio francese ci insegna qualche cosa, è che ogni manifestazione, ogni movimento popolare, deve mettere nel conto cosa fare e come agire per farsi capire dalla maggioranza della gente. Se ciò non accade, si dà sfogo ad un bisogno, si esercita un sacrosanto diritto, si dà testimonianza di un orientamento e di una presa di posizione, ma non si convince nessuno e non si incide sulle decisioni da prendere.
Nel caso del “Che”, bisogna capire tutto il suo pensiero, non soltanto qualche pezzo. Egli non predicava la rivoluzione armata come strumento privilegiato per dare diritti al popolo, ma la considerava uno strumento estremo. Nel 1959 scrisse il libro “La guerra di guerriglia” dove esponeva tutta la sua concezione politica. Se si studia attentamente quel libro, a quei tempi il più famoso scritto del “Che”, venduto in tutto il mondo con il “Che” vivo, in esso si fa una premessa estremamente chiara. Egli affermava: “…qualora un governo sia salito al potere attraverso qualche forma di consultazione popolare, fraudolenta o no, e si mantenga almeno un’apparenza di legalità costituzionale, è impossibile che l’impulso alla guerriglia si produca, poiché non tutte le possibilità di lotta politica si sono esaurite. …”.
E’ interessante constatare che Papa Paolo VI, circa 8 anni dopo, nell’enciclica “Populorum progressio” scrive: “…Rivoluzione - 31. E tuttavia sappiamo che l'insurrezione rivoluzionaria - salvo nel caso di una tirannia evidente e prolungata che attenti gravemente ai diritti fondamentali della persona e nuoccia in modo pericoloso al bene comune del paese - è fonte di nuove ingiustizie, introduce nuovi squilibri, e provoca nuove rovine…”. Come si può vedere si esprime in modo diverso sostanzialmente lo stesso concetto.
Una parte della sinistra italiana tendeva a esaltare la rivoluzione armata del “Che”, attribuendogli tesi e volontà che non ha mai avuto, nonchè a liquidare con supponenza il valore della “Populorum progressio”, senza capire che vi era un forte punto di incontro e senza capire che in Italia non si poteva prescindere dalla “questione cattolica” (come insegnava un grande intellettuale e politico, Antonio Gramsci), senza la quale non era possibile farsi capire dalla maggioranza del Paese. Per quanto riguarda il “Che”, purtroppo restò vittima più della sua indole guerrigliera che del suo pensiero politico. Evidente la contraddizione con l’aforisma riportato all’inizio. In Bolivia il “Che” fallì la sua missione, non tanto perché fu fatto prigioniero, ferito e poi barbaramente ammazzato, ma perché non ottenne nessun risultato politico. Leggendo il suo diario si capisce con estrema chiarezza l’isolamento in cui si era trovato. Non riuscirono minimamente a far scattare “l’impulso alla guerriglia” o alla sollevazione popolare, e giorno dopo giorno si avvicinavano alla sconfitta. La verità è che Guevara sbagliò l’analisi politica sulle possibilità di innestare un processo rivoluzionario in quel Paese. Probabilmente non vi è nessuna possibilità su quella via indicata. Possiamo approfondire gli studi ma, come abbiamo giustamente detto a George Bush, non si può esportare la democrazia con la guerra. Allo stesso modo non è possibile esportare la guerriglia solo perché in un Paese sarebbe ritenuta necessaria. Ogni Paese deve percorrere la sua storia conquistando il progresso con i propri leader.
Queste affermazioni non mi conducono a sottovalutare il “Che”, tutt’altro. Semplicemente non è opportuno mitizzarlo in modo acritico, anzi un’analisi obiettiva delle sue azioni e dei suoi pensieri lo rende più umano e politicamente più interessante, degno di essere studiato e non solo sventolato nelle bandiere o mostrato sulle magliette come una pop-star.

I 12 principi fondamentali della costituzione spiegati ad un bambino

“Il Marchese di Collino”, una favola civica che dovrebbero leggere anche i grandi

di David Lebro

Giovanni Parisi - Nato a Napoli, laureato in Storia Contemporanea. 
È consigliere municipale. Ha ricoperto il ruolo di assessore alle 
Politiche Sociali presso la Municipalità 4 del Comune di Napoli. 
Il Marchese di Collino è il suo primo romanzo.
“…Era il tempo in cui a possedere un’automobile erano pochi privilegiati e Gustavo Maria, da repubblicano convinto, non voleva fare sfoggio della sua ricchezza per non urtare la sensibilità dei tanti compaesani che non potevano permettersi il lusso di possedere una vettura privata…”. Questo e molto altro è Gustavo Maria Ripetti, Marchese di Collino, uno dei principali protagonisti di una insolita favola civica, tutta incentrata sui principi e i valori della nostra Costituzione. Nell’Italia degli anni Cinquanta, una storia in cui la continua rinuncia a lussi e privilegi, proprio quelli che anche la nuova veste di sindaco avrebbe continuato a legittimare Gustavo Maria agli occhi dell’opinione pubblica, si sostanzia nel profondo rispetto dei principi basilari dell’ordinamento italiano. E proprio quei valori e quei principi, attraverso gli insegnamenti al fidato maggiordomo, saranno filtrati dagli occhi del piccolo nipote Francesco, che tenterà di metterli in pratica quando, a sua volta, arriverà ad improvvisarsi sindaco all’insaputa del nonno. 
Giovanni Calvino - Nato a Napoli, svolge la professione di architetto. 
Membro della Commissione Edilizia del Comune di Napoli. 
Sceneggiatore, regista e autore di diversi documentari.
‘Il Marchese di Collino o dell’educazione civica’ di Giovanni Parisi e Giovanni Calvino, ed edito da “L’isola dei ragazzi” però, non è solo una favola dedicata ai più piccoli ma, per la ricchezza dei contenuti e per gli stimoli che offre, potrebbe essere tranquillamente un punto di riferimento per chi voglia rispolverare i dodici principi fondamentali del dettato costituzionale, in una chiave fantastica, inconsueta e leggera. Attraverso un linguaggio diretto, semplice, ma carico di emotività e di spunti di riflessione, i due giovani autori partenopei si cimentano così, per la prima volta, in un lavoro narrativo unico, che fa riflettere sul più profondo senso di cittadinanza, in un contesto in cui nulla, davvero nulla, è lasciato al caso. A cominciare dalle descrizioni e dalla psicologia dei personaggi raccontati, o le puntuali note ad integrazione di ogni capitolo, fino alle splendide illustrazioni, a cura di Tiziana Mastropasqua, che accompagnano il lettore nella scoperta del libro. E non finisce qui. Come in tutte le favole che si rispettino non manca infatti un forte livello connotativo che ben delinea i singoli personaggi e, in particolare, i protagonisti: il Marchese Gustavo Maria e suo nipote Francesco. E proprio il piccolo “scansafatiche” Francesco, come presto verrà definito nella favola, all’apparenza molto lontano dai valori del nonno, però, nelle insolite vesti di primo cittadino, riuscirà alla fine a stupire tutti. E, con un ritmo curioso ed appassionante, accompagnerà il lettore in un percorso all’insegna della riscoperta delle cose semplici ed autentiche.


Napoli si prepara ad un Natale davvero speciale

Boom di turisti ed un calendario fitto di eventi, mostre e concerti

di Alessia Nardone

La sua bellezza naturale non può essere messa in discussione: le numerose e preziose opere d’arte sono patrimonio dell’umanità, i siti archeologici sono unici nel mondo. Napoli finalmente ritorna a far parlare di sé per la sua grandiosità e si prepara ad avere un Natale molto speciale.
Gli sforzi compiuti in questi anni dal “rivoluzionario” governo della città stanno dando i loro frutti e, in controtendenza rispetto agli indici nazionali, Napoli registra un aumento significativo delle presenze turistiche provenienti dall’Italia e dall’estero. Non a caso infatti ospiterà, nella sede del Museo di Capodimonte, il 30 e 31 ottobre 2015, il 13° Forum Europeo del Turismo, organizzato dalla Commissione europea in collaborazione con il ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo.
Intanto per allietare queste feste è stato approntato un calendario fitto di eventi, mostre e concerti che vanno ad aggiungersi al successo già ottenuto con “Notte D’Arte”, l’evento che ha visto i monumenti, le chiese e le botteghe dei Decumani, di piazza Mercato, di piazza Dante e dei Quartieri Spagnoli aperti tutta la notte e animati dalla musica hip hop alla tammurriata, dalla cucina popolare al finger food, dalla pittura del '700 all'arte contemporanea.
Al Pan - Palazzo delle Arti Napoli – è stata allestita una mostra che raccoglie le celebri opere di Shepard Fairey, meglio conosciuto come OBEY, divenuto famoso con la raffigurazione in quadricromia di Barack Obama.
In collaborazione con il Forum delle culture poi sono state allestite le mostre: “Ori, argenti, gemme e smalti della Napoli angioina. 1266-1381” nel museo del tesoro di San Gennaro e "Il Bello o il Vero. La scultura napoletana del secondo Ottocento e del primo Novecento" nel Complesso Monumentale di San Domenico Maggiore.
Al Museo Nazionale di Capodimonte c’è invece la Mostra “The Go-Between”, dedicata alle ultime acquisizioni della collezione di Ernesto Esposito, designer di calzature di fama internazionale, la cui prestigiosa raccolta iniziò oltre trent’anni fa a Napoli, con opere di artisti come Joseph Beuys, Cy Twombly, Robert Rauschenberg, Gerhard Richter ed Andy Warhol.
Di certo non mancheranno i mercatini. Oltre alle tradizionali botteghe artigiane esperte d’arte presepiale di San Gregorio Armeno, su tutto il territorio saranno approntati spazi in cui esporre e vendere fantasiose idee regalo, originali manufatti, naturali consigli di bellezza e prodotti tipici locali.
E’ da evidenziare, inoltre, che numerose associazioni private e agenzie turistiche hanno organizzato eccentrici percorsi tematici all’insegna della scoperta delle tradizioni, dando così un notevole contributo a tutti quanti credono che a Napoli i turisti devono vivere un’esperienza magica e originale.
Infine, per festeggiare l’ultimo giorno dell’anno, Napoli propone per il consueto concerto in Piazza del Plebiscito l’evento Gigi D’Alessio & Friends. Gli amici previsti sono: Anna Tatangelo, i Dear Jack, Fedez, Francesco Renga ed Enzo Avitabile. Il mega-concerto sarà trasmesso in diretta nazionale televisiva su Canale 5 e radiofonica su RTL 102.5.
Non mancherà inoltre lo spettacolo di fuochi d’artificio a Castel dell’Ovo e, dato il successo riscosso lo scorso anno, anche il “lungomare liberato” sarà ancora una volta protagonista. Dalle prime ore del 1 gennaio 2015, infatti, si animerà di musica e si trasformerà in una vera e propria discoteca all’aperto con ben cinque postazioni dj-set che coinvolgeranno i presenti attraverso cinque stili musicali differenti. Per quanti invece aspirano ad un Capodanno più tranquillo ma non privo di emozioni, al Teatro San Carlo va in scena “Lo Schiaccianoci”.

Bene unanimità su mozione in ricordo di Mossetti

COMUNICATO STAMPA


“Con l’approvazione di questa mozione oggi l’Aula ha stabilito che il ricordo di un vero uomo delle istituzioni, che ha dedicato la sua vita al buon funzionamento della macchina amministrativa comunale, sarà destinato a rimanere nel tempo”. Così David Lebro, Consigliere della Città metropolitana di Napoli e Capogruppo de “La Città-Campania Domani” al Consiglio comunale, nel corso della riunione dell’Assise cittadina in programma stamani a via Verdi.

“I tanti attestati di stima rinnovati anche oggi in Consiglio in modo bipartisan per Vincenzo Mossetti, il Vice Segretario Generale del Comune recentemente scomparso a causa di una brutta malattia -spiega Lebro- si sono concretizzati nell’approvazione, all’unanimità, della mozione che mi vede primo firmatario per l’intitolazione di un luogo istituzionale alla sua memoria”.

“In servizio nel nostro Ente da più di 30 anni -sottolinea ancora Lebro-, Mossetti è sempre stato considerato uno dei più profondi conoscitori della macchina comunale, avendo ricoperto nel corso del tempo incarichi di grande rilievo, con la massima competenza, serietà e correttezza. Un vero uomo delle istituzioni che ha speso la sua vita al servizio della nostra città”.

“E’ il giusto riconoscimento -conclude Lebro- ad un uomo, che continuerà sempre a rappresentare un esempio da seguire per preparazione tecnico-amministrativa e dedizione al proprio lavoro”.

(d.leb.)

Una tradizione che si tramanda da secoli: l'arte del presepe

Quando è nato e come è cambiato nel corso del tempo

di Francesco Spisso

Immagine da internet
Il Natale è la festa più bella dell'anno, i paesi e le città si colorano, i negozi e le strade vengono addobbati con alberi e luci colorate, ma l'atmosfera natalizia si vive soprattutto visitando i presepi, che esercitano sempre un fascino irresistibile.
La più antica rappresentazione del presepe fu realizzata in legno nel tredicesimo secolo. Nel 1223 Francesco D'Assisi organizzò un presepe con personaggi viventi a Greccio ma l'esemplare più antico a noi pervenuto è il presepe di Arnolfo di Cambio (1280 ca).
Nel 1400 la tradizione si diffuse soprattutto nell'Italia centrale e meridionale e Napoli divenne il polo principale dell'arte presepiale. In seguito tale usanza si diffuse in altri paesi ed oggi in tutto il mondo sono realizzati presepi con materiali vari e in differenti tipologie.
Nel XV secolo il classico presepe napoletano rappresentava la grotta sacra, i pastori in adorazione, pastori con i loro greggi che seguivano gli Angeli in volo che annunciavano la Buona Novella, il corteo dei Magi in lontananza. I pastori venivano realizzati in legno o in terracotta.
Nel XVI secolo poi iniziarono a manifestarsi i primi cambiamenti: la struttura rimaneva la stessa ma la scenografia diventava un po' più ricca. Oltre al bue e l'asinello, venivano posti altri animali, come la capra, il cane e la pecora, tre Angeli sopra o ai lati della Grotta.
Nel 1600 nacque la vera figura dell'artista che crea pastori ed è assolutamente da ricordare Michele Perrone con le sue sculture di legno. Nel corso del secolo comparvero anche pastori in cartapesta, manichini in legno snodabili e con vestiti di stoffa, pastori in terracotta dipinta e con occhi di vetro, gli arti in legno, il corpo in stoppa con un'anima di fil di ferro e con vesti pregiate. Il Presepe non era più soltanto la rappresentazione della Natività ma anche del mondo profano. La scenografia presepiale si arricchiva maggiormente con la comparsa di vari personaggi e scene di vita popolare, come ad esempio la locanda, le botteghe, l'esposizione delle vivande, ecc.
Il '700 è il secolo in cui l'arte presepiale napoletana visse il suo più grande splendore. I pastori raggiunsero livelli di perfezione artistica ed ovviamente possederne uno di alto livello rappresentava segno di prestigio. Carlo III di Borbone aveva un'autentica adorazione per il Presepe al punto da coinvolgere tutta la sua famiglia e diffondere l'amore per l'arte presepiale anche in Spagna. I committenti non erano più solo gli ordini religiosi, ma anche i ricchi e i nobili.
Nella prima metà dell'800 la passione settecentesca per il Presepe calò e lo stesso presepe reale fu trasferito nella reggia di Caserta. Certamente non mancarono mai artisti che continuarono a dedicarsi a tale arte, come anche nel tempo attuale ci sono artigiani di grande talento, alcuni dei quali lavorano ed espongono a S. Gregorio Armeno, famosa strada del centro storico di Napoli, identificata proprio come la via dei presepi.
Per gli studiosi del Presepe napoletano è fondamentale il Museo della Certosa di San Martino che accoglie il più celebre esempio di presepe napoletano: il presepe Cuciniello (1887-1889). Altro importante esemplare è il Presepe del Banco di Napoli, oltre a tanti altri conservati a Napoli o in altri luoghi. Tra i Maestri dell'arte presepiale contemporanei non si può non fare accenno al grande Marco Ferrigno, al quale il padre Giuseppe ha tramandato la propria arte. I materiali impiegati sono la terracotta, il legno e le rinomate sete di S. Leucio, borgo medioevale in provincia di Caserta. Ferrigno è conosciuto a livello internazionale, le sue opere sono presenti in vari paesi del mondo, contribuendo alla celebrità internazionale dell'arte napoletana.

La sentenza n. 1/2014 sulla legge elettorale

Una bussola per il Legislatore

di Michele Capasso

Molti, e di indubbio rilievo, sono i temi meritevoli di approfondimento che emergono dalla pronuncia costituzionale n. 1/2014, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità delle disposizioni legislative sull’elezione della Camera e del Senato riguardanti l’attribuzione del premio di maggioranza su scala nazionale alla Camera e su scala regionale al Senato e le cc.dd. “liste bloccate”.
In particolare, le disposizioni prevedono un cospicuo premio di maggioranza, senza la fissazione di una soglia minima per la sua applicazione, pur perseguendo un obiettivo di rilievo costituzionale, qual è quello della stabilità del governo del Paese e dell’efficienza dei processi decisionali nell’ambito parlamentare, dettano una disciplina che non rispetta il vincolo del minor sacrificio possibile degli altri interessi e valori costituzionalmente protetti, ponendosi in contrasto con gli artt. 1, comma 2, 3, 48, comma 2, e 67 Cost. In definitiva, detta disciplina non è proporzionata rispetto all’obiettivo perseguito, posto che determina una compressione della funzione rappresentativa dell’assemblea, nonché dell’eguale diritto al voto, eccessiva e tale da produrre un’alterazione profonda della rappresentanza democratica, sulla quale si fonda l’intera architettura dell’ordinamento costituzionale vigente.
Quanto alle liste cc.dd. “bloccate”, esse contengono spesso lunghi elenchi di candidati difficilmente conoscibili dai cittadini elettori, cosicché manca il sostegno della indicazione personale dei cittadini, che ferisce la logica della rappresentanza consegnata nella Costituzione.
Quanto ai vincoli costituzionali posti al Legislatore dalla sentenza n. 1/2014 è la stessa Corte a ribadire con nettezza che la determinazione delle formule e dei sistemi elettorali costituisce un ambito nel quale si esprime con un massimo di evidenza la politicità della scelta legislativa. Ciò detto, alcune utili linee guida per il futuro Legislatore possono senz’altro trarsi.
Ogni sistema elettorale va considerato nel suo complesso, e con frazionato nelle sue diverse componenti (soglie di accesso, premi di maggioranza, modalità di espressione del voto, di presentazione delle candidature, etc.). Il giudizio di proporzionalità tra l’obiettivo, costituzionalmente apprezzabile, di garantire la stabilità governativa e il principio di rappresentatività dell’assemblea parlamentare deve, dunque, fondarsi sulla considerazione del sistema elettorale nella sua globalità, valutando l’azione congiunta di tutti i suoi elementi, idonea a moltiplicare eventuali effetti discorsivi della rappresentanza politica.
Quanto all’incostituzionalità delle liste bloccate, la Corte sottolinea che la disciplina della legge n. 270 del 2005 non è compatibile né con altri sistemi caratterizzati da liste bloccate solo per una parte dei seggi, né con altri caratterizzanti da circoscrizioni elettorali di dimensioni territorialmente ridotte, nelle quali il numero di deputati da eleggere sia talmente esiguo da garantire l’effettiva conoscibilità degli stessi e con essa l’effettività della scelta e la libertà di voto.
La sentenza n. 1/2014, infine, contiene un’ulteriore accezione di ragionevolezza. La scelta tra sistemi elettorali proporzionali e maggioritari, nei limiti dell’equilibrio tra principio di rappresentatività e obiettivo della stabilità governativa, spetta certamente al legislatore ordinario. Tuttavia, optando per un sistema anche solo parzialmente proporzionale, esso genera nell’elettore la legittima aspettativa che non si determini uno squilibrio sugli effetti del voto, e cioè una diseguale valutazione del “peso” del voto “in uscita”, ai fini dell’attribuzione dei seggi, che non sia necessaria ad evitare un pregiudizio per la funzionalità dell’organo parlamentare.
Squilibrio che, invece, deriva delle disposizioni della legge n. 270 sul premio di maggioranza, perché rovesciano la ratio della formula elettorale prescelta dallo stesso legislatore del 2005, che è quella di assicurare la rappresentatività dell’assemblea parlamentare. Non si afferma così un generico principio di eguaglianza del voto “in uscita”, finora negato da una giurisprudenza costituzionale consolidata. Semmai si pretende dal Legislatore coerenza tra premesse assunte e conseguenze normative tratte, soprattutto per assicurare all’elettore una scelta consapevole.
Nessun manuale d’istruzioni per la nuova legge elettorale, dunque. Solo una bussola per le scelte future non manifestamente irragionevoli.

Le opere di Obey arrivano nel capoluogo campano

La mostra del famoso street-artist americano al PAN fino al 28 febbraio

di Ginevra Giannattasio

Napoli ancora una volta città d'arte: arriva al PAN, Palazzo delle Arti di Napoli, dal 6 dicembre 2014 al 28 febbraio 2015, la mostra del designer Obey, curata dal critico Massimo Sgroi, in collaborazione con l'Assessorato alla Cultura e al Turismo e Luca Giglio, Presidente dell'associazione Password. Sul sito www.obeynapoli.com è possibile trovare tutte le info per l’acquisto dei biglietti.
La première, avvenuta lo scorso 5 dicembre, ha visto protagonisti il Sindaco di Napoli Luigi De Magistris, il Console Generale degli Stati Uniti D'America Colomba Barrosse e l'Assessora alle Politiche Giovanili Alessandra Clemente.
La mostra si sviluppa ai primi due piani del museo: nelle sale sono disposte le opere, alternate alle frasi più celebri che hanno caratterizzato la vita del designer. Piccola pecca dell'organizzazione é stata quella di regalare ampio spazio alla critica di Sgroi, un scelta che corre il rischio di distogliere troppo il pubblico dal vero protagonista della mostra.
Shepard Fairey, in arte Obey, è sicuramente lo street-artist americano più famoso dei tempi moderni perché durante la campagna elettorale del 2008 decise di sponsorizzare liberamente Barack Obama attraverso l'immagine stilizzata che propagandò, insieme alle due parole "Change" e "Vote", l'opera diventata poi icona del suo successo. Il ringraziamento di Obama, riportato sulla parete del PAN, rimbomba:"Ho il privilegio di essere parte della tua opera d'arte, sono orgoglioso di avere il tuo sostegno". Fairey non ha mai collaborato ufficialmente con Obama: basti pensare che i manifesti venivano affissi illegalmente.
É affascinante osservare come l'artista di strada sia riuscito a fondere la dicotomia tra arte e politica in unico processo osmotico, finalizzato al sostegno della campagna elettorale. L'opera che ritrae Obama, esposta al secondo piano, domina tutta la sala, per le grandi dimensioni del manifesto e i colori vivaci dell'azzurro. A monopolizzare l'attenzione dello spettatore, il sorriso rassicurante del candidato, futuro presidente. Quale mezzo più idoneo, dunque, per portare l'immagine di uno sconosciuto nelle case di milioni di persone se non quello di presentarlo come un amico affidabile?
Al primo piano poi colpisce molto un’opera di denuncia alla guerra dai colori eclettici di stampo pacifista, che ritrae una donna afro-americana mentre urla e una donna asiatica con in mano fucile che spara una rosa rossa. Obey raffigura due angoli di mondo cosí lontani e diversi, come se il suo messaggio fosse quello di racchiudere il mondo in unico atto, abbattendo i conflitti e le differenze culturali.
Shepard Fairey ha il dono di essere un abile comunicatore, nelle sue opere riporta la realtà di ciò che accade nella società. L'obiettivo è far recepire l'incipit e risvegliare la coscienza su tematiche sociali. Il messaggio punta dritto al pubblico, il suo modo di interloquire è chiaro ed efficace. Obey conosce il linguaggio semplice della strada. La sua è un'arte di denuncia e grida contro la guerra con colori forti, cromature rosse e nere, volti espressivi, ognuno parte di una storia, ricca di simboli, come i fucili con fiori al posto di proiettili. Non mancano uomini di tutte le razze, ribelli, musicisti, Bob Marley, vecchi presidenti come Nixon e l'attore Marlon Brando nei panni del mafioso Don Vito Corleone. Cattura con occhio vigile fotografando la realtà contemporanea; usa la sua arte per dare forma al suo pensiero, creando un rapporto catartico con lo spettatore.

L'abolizione del finanziamento pubblico diretto ai partiti politici

Le regole introdotte dalla Legge n. 13 del 2014

di Michele Capasso

Pur avendo sempre suscitato aspre discussioni, il tema del finanziamento dei partiti ha assunto negli ultimi anni un peso decisivo nel dibattito politico.
Per dare una risposta al diffuso malcontento dei cittadini rispetto al contributo statale ai partiti, il Presidente del Consiglio Letta e il suo successore Renzi hanno inserito nel loro programma di governo un “radicale” intervento normativo in materia, nonostante il sistema di finanziamento pubblico dei partiti politici fosse stato complessivamente riformato meno di due anni prima dalla Legge n. 96 del 2012, e nonostante tale legge, nel suo impianto di fondo, avesse rispettato i principi espressi nella Nota sul finanziamento della politica elaborata dal Prof. Amato su incarico dell’allora Presidente del Consiglio Monti, e poi trovato sostanziale consenso nel documento elaborato dal Gruppo di Lavoro sulle riforme istituzionali istituito dal Presidente della Repubblica all’inizio della XVII legislatura.
Il Governo Letta, il 5 giugno 2013, ha così presentato alla Camera un d.d.l. intitolato “Abolizione del finanziamento pubblico diretto, disposizioni per la trasparenza e la democraticità dei partiti e disciplina della contribuzione volontaria e della contribuzione indiretta in loro favore”, che è stato approvato il 16 ottobre. Mentre il d.d.l. era all’esame del Senato, il Governo Renzi ha deciso, all’evidente fine di accelerarne l’approvazione, di adottare un decreto-legge che ne riproduceva quasi integralmente il testo.
Costituisce un dato oggettivo il fatto che, a partire dal 1974, anno della sua introduzione, l’entità del finanziamento pubblico sia progressivamente aumentata, mentre è calato il finanziamento privato. Come dimostrano alcuni studi, nei bilanci dei maggiori partiti la quota del finanziamento statale si è attestata in una misura che varia da un minimo di due terzi a un massimo di tre quarti delle entrate complessive. Ciò ha sicuramente favorito l’allontanamento dei partiti dalla società civile e, di converso, una loro dipendenza dalla Stato.
Pur trattandosi di un fenomeno generalizzato, non certo solo italiano, esistono meccanismi per evitare che il finanziamento pubblico non finisca per sostituirsi totalmente al finanziamento privato, la cui entità certamente costituisce un indice del radicamento dei partiti nella società.
La nostra Costituzione nulla dice sul sistema di finanziamento dei partiti. Essa invece contiene una norma, l’art. 49 Cost., con cui si è cercato di trovare una sintesi tra la dimensione associativa del partito (soggetti sono “i cittadini”) e quella istituzionale (chiamando i partiti a “concorrere…a determinare la politica nazionale”).
C’è chi, mettendo l’art. 49 Cost. in relazione con l’art. 3 Cost., nella parte in cui impone alla Repubblica di rimuovere gli ostacoli che impediscono l’effettiva partecipazione all’organizzazione politica del Paese, ha sostenuto che il riconoscimento del ruolo dei partiti porrebbe in capo allo Stato un obbligo di contribuire economicamente alle loro attività. Ma c’è anche chi ha formulato la tesi opposta, assumendo che il riconoscimento costituzionale del ruolo dei partiti quali “associazioni di cittadini” vieterebbe di introdurre il finanziamento pubblico, perché ne modificherebbe la natura, rendendoli infine organi dello Stato. Queste due posizioni contrapposte volte ad accentuare, l’una, la funzione costituzionalmente rilevante dei partiti politici, l’altra, la loro natura associativa, mettendo chiaramente in luce la difficoltà di trarre dalle disposizioni costituzionali sui partiti prescrizioni vincolanti. E ciò è stato confermato dalla Corte costituzionale che, ammettendo referendum abrogativi sulle norme che prevedono il finanziamento pubblico dei partiti politici, ha implicitamente escluso che esse fossero imposte dalla Costituzione, che fossero cioè a contenuto costituzionalmente vincolato.
Ciascun modello di finanziamento dei partiti ha, tuttavia, delle implicazioni costituzionalmente rilevanti sulla posizione costituzionale del partito, potendone accentuare la dimensione associativa ovvero quella istituzionale; sul pluralismo politico, e, in particolare, sulla uguaglianza delle ciance che pure l’art. 49 Cost. tutela; sui contenuti delle politiche elaborate dai partiti, a seconda che essi siano più o meno dipendenti dai loro finanziatori; sul modello di partito, più o meno “personale”; sulla sua struttura, più o meno radicata sul territorio.
E’ presto per dire quali saranno gli effetti delle regole da ultimo introdotte sui partiti italiani, abituati, come del resto tutti i partiti delle maggiori democrazie, a reggersi soprattutto sui fondi pubblici. Oggi l’unica fonte di finanziamento certa è la contribuzione degli eletti, che sta assumendo un peso crescente nei bilanci dei partiti.  
Ciò che invece ci si può augurare è che le fonti di finanziamento che i partiti riusciranno a raccogliere con le nuove regole siano comunque complessivamente sufficienti a garantire una “buona politica”: se esse, infatti, come alcuni temono, non dovessero bastare, sarà inevitabile incidere in modo radicale sull’organizzazione dei partiti, mettendo a rischio l’esistenza di partiti “veri”, cioè di soggetti capaci non solo di selezionare e sostenere leader e candidati, ma di tenere in vita strutture capaci di elaborare politiche pubbliche.

martedì 2 dicembre 2014

Napoli: la prima maratona di Babbo Natale invade le vie del centro cittadino

di Gennaro Tullio

Chi non era a conoscenza della Chiaja Xmas Run, l’iniziativa organizzata per la prima volta dal Consorzio Chiaja, si sarà di certo meravigliato nel vedere sfilare una folla di Babbo Natale in pantaloni e gonnelle di corsa e ridendo a crepapelle per le vie delle shopping cittadino partenopeo. E molti di loro non hanno per questo potuto fare a meno d’immortalare con i propri smartphone un evento decisamente fuori dal comune: una spassosissima maratona di Babbo Natale, sponsorizzata da Fontel ed ideata da Cristina Cennamo per Battage, promossa con Watch Your Steps ed Athenae, che oggi a Napoli ha visto protagonisti tantissimi appassionati in una colorata festa dello sport e della solidarietà.


Gli "atleti" pronti alla gara
Allo scoccare delle ore nove, come da programma, man mano piazza dei Martiri si è riempita, infatti, di tanti amici ed appassionati accorsi per prendere parte alla manifestazione di beneficenza, il cui ricavato andrà al parroco di Santa Caterina, padre Calogero, ed alla sua mensa dei poveri.

Un crescendo di goliardia e buon umore ha fatto quindi da leit motiv ai preparativi prima ed alla corsa poi, che si è snodata lungo un percorso che prevedeva la partenza da piazza dei Martiri ed il passaggio quindi per via Carlo Poerio, via Giosuè Carducci, largo vasto a Chiaja, vico Belledonne ed ancora piazza dei Martiri, il tutto da ripetere tre volte per un totale di quattro chilometri. In gara, o per meglio dire in festa, uomini e donne di tutte le età, bambini che correvano al fianco dei propri genitori o degli amici e addirittura qualche cagnolino, rigorosamente in abito rosso e bianco.

A conquistare il podio, oltre la voglia di animare il territorio, sono stati allora Antonio D’Apuzzo tra gli uomini e Rosaria Marangio tra le donne, seguiti in seconda posizione da Micaela Pasca e Mino Cucciniello mentre i più veloci tra i bambini sono stati Barbara Coretti, Alice D’Andrea e Gianluca Capcha Moreno. Spettacolare quindi la consegna delle coppe al centro di piazza dei Martiri avvenuta in orario di passeggio, sotto gli occhi divertiti dei passanti. A premiare i primi vincitori del trofeo sono stati Carla Della Corte, l’art director Roberta Bacarelli ed il comandante della Polizia Gaetano Frattini. “Ringrazio tutti quelli che in un giorno di festa sono venuti a correre con noi – ha dichiarato il presidente del Consorzio Chiaja Carla Della Corte – questa prima edizione rappresenta un numero zero di cui siamo soddisfatti: ci siamo divertiti ed abbiamo dato un segnale di positività. Anno dopo anno saremo sempre di più e sempre più allegri”.

NAPOLI: L’8 dicembre Babbo Natale approda a Chiaja

I bambini in piazza per consegnare le loro letterine

di Gennaro Tullio

Per questo Natale nel quartiere Chiaja di Napoli si respira un'aria carica di brillanti iniziative in perfetto spirito natalizio, mirate a dare il giusto senso della tradizione ai suoi cittadini, unito all’intenzione di rilanciare il quartiere per merito, ancora una volta, dell’entusiasmo e della voglia di fare, proveniente dai tanti imprenditori associati al Consorzio Chiaja.


La casetta di Babbo Natale a cui portare le letterine
Il primo dei quattro eventi che rientrano nel progetto di Natale a Chiaja è la consegna delle letterine a Babbo Natale prevista l'8 dicembre, con la sponsorizzazione A&C Motors, la collaborazione della Camera di Commercio ed il Patrocinio del Comune e della Municipalità di Napoli. Tutti i bambini della città sono allertati: Babbo Natale in persona nel suo bel vestito rosso e con la lunga barba bianca sarà il giorno dell’Immacolata in tre piazze strategiche di Napoli, Piazza dei Martiri, Piazza San Pasquale e Piazzetta Rodinò. E all’interno della sua casetta, accomodato sul trono di velluto, accoglierà le richieste scritte dai bambini che gli elfi suoi collaboratori porteranno direttamente al Polo Nord!

Sarà un evento dedicato ai bambini sicuramente, ma un’attenzione sarà riservata anche agli adulti: per tutta la giornata stazioneranno in esposizione, infatti, alcune nuovissime auto della Concessionaria A&C Motors in Via Calabritto e in Piazza San Pasquale. Questo appuntamento e tutti gli altri che seguiranno s’inscrivono in un preciso progetto lanciato dal Consorzio Chiaja che per mezzo di tali iniziative, ancora una volta, vuol dimostrare che in questo quartiere "qualcosa è cambiato" e non solo per il periodo di Natale.

L'impegno da parte dei commercianti di unirsi per rilanciare la prestigiosa zona che va da piazza Vittoria a piazza Amedeo, riavvicinando le persone ad un quartiere denso di eccellenze e progetti, e quindi ai negozi, anche attraverso numerose iniziative, è espressione di un comune sentire e che si traduce nella mission di organizzare e migliorare il quartiere, avendone cura e facendolo diventare un contenitore di qualità, dove la qualità e la tradizione si fondono con l'innovazione e la creatività.

Le iniziative in cantiere saranno tante anche per i prossimi mesi, durante le quali il Consorzio Chiaja si schiererà in prima linea su temi di shopping, arte e condivisione con la gente perché il termine “collaborare” a Chiaja fa rima con “innovare”, a favore di un cambiamento positivo che riabiliti il quartiere già da sempre considerato il salotto glamour di Napoli. Parola d’ordine: restare sintonizzati.