venerdì 23 ottobre 2015

Campania: obesità infantile, specchio del disagio sociale

di Gian Marco Sbordone

Importante iniziativa in campo medico a Napoli. Nel capoluogo campano, infatti, si è conclusa, da pochi giorni, la “Settimana della prevenzione”. Le prime quattro giornate dell’evento si sono tenute a Città della Scienza. Quattro giorni di convegni rivolti a migliaia di studenti che hanno avuto modo di interagire con medici ed esperti di alimentazione e di sport, al fine di informarsi su quelli che sono i comportamenti da tenere o da evitare per condurre una vita sana.

Annamaria Colao, Presidente del Convegno, nonché una delle quaranta più note scienziate italiane al mondo, pone l’accento sul carattere “collettivo” dell’iniziativa: “affronteremo in maniera semplice tutti i temi legati alla prevenzione, rivolgendoci soprattutto al pubblico e alle scuole”.

La seconda parte della Settimana della prevenzione si è svolta, invece, a Piazza del Plebiscito, dove oltre trecento medici hanno visitato gratuitamente la popolazione. Non sono mancati musica e sport, che hanno accompagnato la manifestazione di chiusura, la “Prevention Race”, una grande maratona sul lungomare.

Il presidente di Sportform, Tommaso Mandato, non ha esitato a puntualizzare ”la popolazione avverte l’esigenza di un contatto diretto con il medico e spesso forse non ci va per pigrizia, perché costa, perché pensa di consultarlo solo quando si sta male. Oggi miriamo a promuovere una campagna nazionale di prevenzione primaria vera che, oltre a garantire un abbassamento delle percentuali di malati, riduca anche i costi per la sanità pubblica.”

Si è toccato anche il tema dell’obesità infantile. A questo proposito, le statistiche basate sui dati dell'indagine dei Ministeri dell'Istruzione e della Salute relativi al 2014, appaiono impietose e preoccupanti: in Campania 103.841 bambini, di età compresa tra gli 8 e i 9 anni, sono in sovrappeso; 82.080 sono obesi e addirittura 23.059 sono affetti da grave obesità. Dati che hanno conferito alla Campania il triste primato di “Maglia nera per l’obesità infantile”.

Silvia Savastano, professoressa di endocrinologia all’Università Federico II di Napoli sottolinea: ”un bambino obeso ha un'alta probabilità di diventare un adulto obeso, con tutti i connotati patologici che lo accompagneranno per tutta la vita. Per invertire la rotta è necessario partire dall'informazione, che veda insieme la scuola, i genitori, le istituzioni".

Sembra tutt’altro che azzardato sostenere che, nel caso della Campania, il problema dell’obesità si forgia in gran parte all’interno di quelle che sono le immense problematiche economiche e sociali che interessano parte della popolazione. A Napoli, ad esempio, non è difficile constatare come il fenomeno interessi in misura assolutamente maggiore i quartieri più popolari e degradati, anziché quelli più benestanti. In certi contesti, la mancanza di lavoro, di stimoli, di prospettive, genera spesso un senso di apatia e di lassismo che finisce col riguardare anche la cura del proprio corpo e della propria salute. Il cibo rappresenta spesso una valvola di sfogo per la fascia di popolazione più frustrata e insoddisfatta.

Il basso livello di scolarizzazione ed un certo grado di ignoranza diffusa fa si che non vi sia consapevolezza e attenzione nei riguardi del problema. Le persone facenti parte dei ceti più poveri, inoltre, hanno meno possibilità di accedere a cibi di qualità. A peggiorare il quadro, la scarsità (in molti casi la totale mancanza) di spazi verdi e strutture dove poter praticare esercizio fisico. Strutture spesso carenti anche all’interno delle scuole, in cui si concede ancora troppo poco spazio all’educazione alimentare. Nel contempo aumenta il consumo di “cibo spazzatura”. Ed il boom di patatinerie che ha interessato la città negli ultimi tempi è emblematico in questo senso.

E pensare che fu proprio lo studio dell’alimentazione in Campania che portò, in seguito alle numerosissime ricerche condotte a partire dagli anni 50’ dal fisiologo statunitense Ancel Keys, alla codifica di quella che oggi conosciamo come “Dieta Mediterranea” -che favorisce l’abbassamento del livello di colesterolo e di pressione sanguigna, riducendo i rischi di malattie cardiovascolari- dichiarata dall’Unesco Patrimonio culturale immateriale dell’umanità, nel 2010. In futuro, c’è da aspettarselo, si tornerà spesso a parlare di obesità. E’ chiaro, però, che contrastare problematiche economiche e sociali che affliggono il territorio campano e non solo, rappresenti il miglior modo per combatterla.

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