di Luigi Rinaldi
Da tempo, il mondo della sanità è oggetto di vivaci discussioni in merito alla “disinvoltura” con la quale molti medici prescrivono esami diagnostici talvolta inutili e costosi per il Servizio Sanitario Nazionale, se non addirittura dannosi per la salute dei pazienti.
Proprio al fine di ridurre le prescrizioni mediche inappropriate, l’art. 9 quater del D.L. 19 giugno 2015, n. 78, convertito nella legge 06 agosto 2015 n. 125, ha assegnato al Ministro della Salute, il compito di individuare, previa intesa in sede di Conferenza Stato - Regioni, le condizioni di erogabilità e le indicazioni di appropriatezza prescrittiva delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale.
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Il Ministro della Salute: Beatrice Lorenzin |
In attuazione del suddetto art.9, il Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha sottoscritto il cosiddetto “decreto appropriatezza”, ossia un elenco di 208 indagini diagnostiche per le quali sono stati posti vincoli prescrittivi e sanzioni per i medici “disubbidienti”.
La lista stilata dalla Lorenzin ha alzato, però, un grosso polverone nell’opinione pubblica. Molti temono che i medici, per non incorrere in sanzioni, possano rifiutarsi di prescrivere determinati esami diagnostici, ponendo a serio rischio la salute dei pazienti. I legittimi e comprensibili timori di tanti cittadini sono stati, in realtà, alimentati da una distorta rappresentazione del decreto ministeriale. Come spesso accade nel nostro Paese, anche in quest’occasione non sono mancate le strumentalizzazioni politiche, che hanno inculcato un senso di forte angoscia e preoccupazione nella popolazione. Purtroppo c’è a chi sfugge che il dibattito politico, quando si tratta della salute delle persone, dovrebbe, a maggior ragione, svolgersi entro canoni di ragionevolezza e correttezza.
Sul piano della comunicazione, non è stato chiarito ai cittadini che il decreto ministeriale di per sé non peggiora le loro aspettative di assistenza sanitaria, ma tende solo a razionalizzare il sistema delle indagini mediche, assumendo quale parametro di riferimento il concetto della appropriatezza.
La lista stilata dalla Lorenzin ha alzato, però, un grosso polverone nell’opinione pubblica. Molti temono che i medici, per non incorrere in sanzioni, possano rifiutarsi di prescrivere determinati esami diagnostici, ponendo a serio rischio la salute dei pazienti. I legittimi e comprensibili timori di tanti cittadini sono stati, in realtà, alimentati da una distorta rappresentazione del decreto ministeriale. Come spesso accade nel nostro Paese, anche in quest’occasione non sono mancate le strumentalizzazioni politiche, che hanno inculcato un senso di forte angoscia e preoccupazione nella popolazione. Purtroppo c’è a chi sfugge che il dibattito politico, quando si tratta della salute delle persone, dovrebbe, a maggior ragione, svolgersi entro canoni di ragionevolezza e correttezza.
Sul piano della comunicazione, non è stato chiarito ai cittadini che il decreto ministeriale di per sé non peggiora le loro aspettative di assistenza sanitaria, ma tende solo a razionalizzare il sistema delle indagini mediche, assumendo quale parametro di riferimento il concetto della appropriatezza.
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Esami strumentali |
Prescrivere esami in modo indiscriminato, pensando di poter prevenire ogni forma di malattia, è una scelta perdente sotto ogni punto di vista. Il medico prima di individuare un percorso diagnostico ha l’obbligo di valutare se la scelta adottata possa essere appropriata, nel senso che i potenziali vantaggi per il paziente superino i possibili rischi. Si tratta, naturalmente, di una scelta non facile. I medici, soprattutto quelli di famiglia, si trovano spesso in trappola: prescrivere, per scongiurare una denuncia, ove mai il paziente dovesse sviluppare una grave malattia che poteva essere preventivamente individuata, oppure non prescrivere, in assenza di indicazioni precise, per evitare di incorrere in una pesante multa.
Questo clima di grave incertezza ha provocato dure reazioni da parte della classe medica, la quale, oltre a criticare il sistema sanzionatorio, lamenta un forte limitazione della libertà di agire in scienza e coscienza. A questo punto, in attesa dell’approvazione definitiva del decreto appropriatezza, in sede di conferenza Stato – Regioni, l’obiettivo da perseguire, per il bene di tutti, deve essere quello di razionalizzare sì il sistema degli esami diagnostici, combattendo sprechi e disservizi, ma restituendo, al contempo, serenità e fiducia alla professione medica. Sarebbe da irresponsabili, infatti, trasferire sulle spalle dei pazienti il peso di scelte sicuramente urgenti e necessarie, ma determinate da una classe politica che, per troppi anni, ha colpevolmente tollerato che il servizio sanitario nazionale venisse considerato come una specie di supermercato, ove recarsi a fare la spesa in tutte le ore del giorno, in assenza di “appropriati” criteri organizzativi ed efficaci forme di controllo. E forse l’attuale questione sulla “appropriatezza prescrittiva” poteva anche essere evitata se la politica, a tempo debito, avesse posto positivamente l’accento sul problema della “appropriatezza organizzativa”.
Questo clima di grave incertezza ha provocato dure reazioni da parte della classe medica, la quale, oltre a criticare il sistema sanzionatorio, lamenta un forte limitazione della libertà di agire in scienza e coscienza. A questo punto, in attesa dell’approvazione definitiva del decreto appropriatezza, in sede di conferenza Stato – Regioni, l’obiettivo da perseguire, per il bene di tutti, deve essere quello di razionalizzare sì il sistema degli esami diagnostici, combattendo sprechi e disservizi, ma restituendo, al contempo, serenità e fiducia alla professione medica. Sarebbe da irresponsabili, infatti, trasferire sulle spalle dei pazienti il peso di scelte sicuramente urgenti e necessarie, ma determinate da una classe politica che, per troppi anni, ha colpevolmente tollerato che il servizio sanitario nazionale venisse considerato come una specie di supermercato, ove recarsi a fare la spesa in tutte le ore del giorno, in assenza di “appropriati” criteri organizzativi ed efficaci forme di controllo. E forse l’attuale questione sulla “appropriatezza prescrittiva” poteva anche essere evitata se la politica, a tempo debito, avesse posto positivamente l’accento sul problema della “appropriatezza organizzativa”.
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