di Gennaro Tullio

E’ il decreto legislativo n°23 del 14 marzo 2011 a conferire, grazie al federalismo fiscale municipale ai comuni, la facoltà di istituire l’imposta di soggiorno. Più precisamente, i comuni capoluogo di provincia, le unioni di comuni nonché i comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d'arte possono istituire, con deliberazione del consiglio, un'imposta di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio, da applicare, secondo criteri di gradualità in proporzione al prezzo, sino a 5 euro per notte di soggiorno. Tale limite, ad oggi, risulta superato dalla città di Roma che arriva sino ai 7 euro per le strutture particolarmente lussuose.
Da una rilevazione di Feder Alberghi il dato è in progressivo aumento, infatti: ”il gettito nazionale accertato è stato pari a circa 162 milioni di euro nel 2012, 248 milioni nel 2013 e 337 milioni nel 2014. Il trend è generato sia dalla costante crescita del numero di comuni che applicano l'imposta (oggi sono 735, erano 332 a luglio 2012) sia dai cospicui aumenti delle tariffe, come ad esempio nel caso di Roma e Milano, che nel 2015 quasi raddoppieranno gli incassi rispetto al 2014. Il prelievo medio è di 1,63 euro a pernottamento: 3,44 a Milano, 3,20 a Roma, 2,59 a Firenze, 2,48 a Venezia, 1,01 a Napoli”. In pratica, una famiglia (padre, madre e figlio undicenne) che in periodo di alta stagione soggiorna in un albergo a 3 stelle per due giorni spende 24 euro di imposta a Roma, 17,50 euro a Venezia, 14 euro a Firenze, 12 euro a Milano, 8 euro a Bologna, 6 euro a Napoli e 4,2 euro a Bibione.
Le ricadute sul turismo? Da una rilevazione effettuata a luglio scorso, il bel paese risultava essere primo tra i Paesi europei per le presenze turistiche concentrate nei quattro mesi estivi da giugno a settembre 2014: il 16,1% del totale Ue, davanti a Francia (15,9%) e Spagna (14,3%). Quindi più introiti, più turismo, possibile che sia tutto così semplice? Chi paga realmente lo scotto? Gli albergatori di sicuro no. Loro si limitano ad incassare un’imposta ormai estesa ovunque e nota a chi viaggia, quindi si sono trasformati in uno sportello esattoriale per i Comuni, niente di più. E come al solito, dunque, il prezzo lo pagano le famiglie.
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