di Luigi Rinaldi

Il nuovo modello organizzativo prevede che al personale della dirigenza e del comparto sanità debba essere garantito il rispetto delle 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore, tra la fine di un turno ed il successivo, delle 24 ore di riposo settimanale obbligatorio ed il divieto di superamento delle 48 ore di lavoro medie settimanali, comprensive dello straordinario, nonché delle 12 ore e 50 minuti massimi di lavoro continuo. Tutto questo per effetto dell’abrogazione della legislazione nazionale, in forza della quale si disapplicavano, nel settore della sanità, alcune disposizioni comunitarie in materia di orario di lavoro.
In caso di mancato rispetto delle norme U.E. le Direzioni territoriali del lavoro potranno sanzionare economicamente chi ha disposto l’infrazione. In caso di violazione delle 48 ore medie settimanali si applicherà la sanzione amministrativa pecuniaria da 200 a 10.000 euro. In caso di violazione delle 11 ore di riposo giornaliere la sanzione sarà da 100 a 3000 euro. L’applicazione della normativa comunitaria è chiaramente finalizzata a garantire la sicurezza delle cure ed a ridurre per quanto possibile il cosiddetto rischio clinico.
Come spesso accade, però, si corre il rischio che un cambiamento, potenzialmente positivo, si possa trasformare in un reale pericolo per l’assistenza agli ammalati, specialmente in quelle Regioni, come la Campania, tenute ad osservare il piano di rientro dal disavanzo della spesa sanitaria. A questo appuntamento le strutture sanitarie campane, sia pubbliche che private, da sempre afflitte da difficoltà di ogni genere, come era logico che fosse, non si sono fatte trovare pronte.
La Campania, per tanti anni, ha convissuto con i Piani di rientro e con il commissariamento e si è presentata, al cospetto della nuova organizzazione voluta dall’Unione Europea, con organici gravemente ridotti e con circa 10 mila unità in meno, non sostituite a causa del blocco del turn over. Il rispetto delle disposizioni comunitarie, in un contesto del genere, determinerà con ogni probabilità, accorpamenti, tagli all’assistenza e chiusura di servizi.
Come sottolineato da tutti i sindacati del settore medico, il nuovo assetto organizzativo rischia di aumentare le liste di attesa e incentivare la migrazione sanitaria fuori regione. Nei principali presidi ospedalieri della città di Napoli tutte le direzioni sanitarie sono allertate per capire come fare a quadrare il cerchio dei turni. Dal Vecchio Pellegrini al Santobono, dal Cardarelli al Policlinico, tutti i direttori generali auspicano una proroga da parte del Governo nazionale, al fine di avere un minimo lasso temporale per poter rimodulare in qualche modo i servizi, approssimandosi, tra l’altro, la stagione invernale che, come sempre, comporta picchi di attività in concomitanza con le epidemie influenzali. Bisognerà provarci, ma non sarà semplice.
Forse prima di adeguarsi alle regole europee sull’orario di lavoro, sarebbe stato opportuno procedere, sia a livello nazionale che regionale, alla riorganizzazione dell’intero sistema sanitario, ponendo l’accento sul potenziamento dell’assistenza ospedaliera e sulla ristrutturazione degli organici. Purtroppo nulla di ciò è stato preventivamente effettuato, con il rischio più che concreto di assistere, alla luce del nuovo modello organizzativo, ad una riduzione delle attività di prevenzione e cure ordinarie.
La Campania, per tanti anni, ha convissuto con i Piani di rientro e con il commissariamento e si è presentata, al cospetto della nuova organizzazione voluta dall’Unione Europea, con organici gravemente ridotti e con circa 10 mila unità in meno, non sostituite a causa del blocco del turn over. Il rispetto delle disposizioni comunitarie, in un contesto del genere, determinerà con ogni probabilità, accorpamenti, tagli all’assistenza e chiusura di servizi.
Come sottolineato da tutti i sindacati del settore medico, il nuovo assetto organizzativo rischia di aumentare le liste di attesa e incentivare la migrazione sanitaria fuori regione. Nei principali presidi ospedalieri della città di Napoli tutte le direzioni sanitarie sono allertate per capire come fare a quadrare il cerchio dei turni. Dal Vecchio Pellegrini al Santobono, dal Cardarelli al Policlinico, tutti i direttori generali auspicano una proroga da parte del Governo nazionale, al fine di avere un minimo lasso temporale per poter rimodulare in qualche modo i servizi, approssimandosi, tra l’altro, la stagione invernale che, come sempre, comporta picchi di attività in concomitanza con le epidemie influenzali. Bisognerà provarci, ma non sarà semplice.
Forse prima di adeguarsi alle regole europee sull’orario di lavoro, sarebbe stato opportuno procedere, sia a livello nazionale che regionale, alla riorganizzazione dell’intero sistema sanitario, ponendo l’accento sul potenziamento dell’assistenza ospedaliera e sulla ristrutturazione degli organici. Purtroppo nulla di ciò è stato preventivamente effettuato, con il rischio più che concreto di assistere, alla luce del nuovo modello organizzativo, ad una riduzione delle attività di prevenzione e cure ordinarie.