martedì 22 dicembre 2015

Ospedali campani a rischio collasso con le nuove regole sull’orario di lavoro.

di Luigi Rinaldi

Dallo scorso 25 novembre, con l’entrata in vigore della legge n. 161/2014, anche per la Campania, al pari di tutte le altre Regioni italiane, è scattato l’obbligo di applicare nel settore della sanità le disposizioni comunitarie in tema di orario di lavoro.

Il nuovo modello organizzativo prevede che al personale della dirigenza e del comparto sanità debba essere garantito il rispetto delle 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore, tra la fine di un turno ed il successivo, delle 24 ore di riposo settimanale obbligatorio ed il divieto di superamento delle 48 ore di lavoro medie settimanali, comprensive dello straordinario, nonché delle 12 ore e 50 minuti massimi di lavoro continuo. Tutto questo per effetto dell’abrogazione della legislazione nazionale, in forza della quale si disapplicavano, nel settore della sanità, alcune disposizioni comunitarie in materia di orario di lavoro.

In caso di mancato rispetto delle norme U.E. le Direzioni territoriali del lavoro potranno sanzionare economicamente chi ha disposto l’infrazione. In caso di violazione delle 48 ore medie settimanali si applicherà la sanzione amministrativa pecuniaria da 200 a 10.000 euro. In caso di violazione delle 11 ore di riposo giornaliere la sanzione sarà da 100 a 3000 euro. L’applicazione della normativa comunitaria è chiaramente finalizzata a garantire la sicurezza delle cure ed a ridurre per quanto possibile il cosiddetto rischio clinico.
 
Come spesso accade, però, si corre il rischio che un cambiamento, potenzialmente positivo, si possa trasformare in un reale pericolo per l’assistenza agli ammalati, specialmente in quelle Regioni, come la Campania, tenute ad osservare il piano di rientro dal disavanzo della spesa sanitaria. A questo appuntamento le strutture sanitarie campane, sia pubbliche che private, da sempre afflitte da difficoltà di ogni genere, come era logico che fosse, non si sono fatte trovare pronte.

La Campania, per tanti anni, ha convissuto con i Piani di rientro e con il commissariamento e si è presentata, al cospetto della nuova organizzazione voluta dall’Unione Europea, con organici gravemente ridotti e con circa 10 mila unità in meno, non sostituite a causa del blocco del turn over. Il rispetto delle disposizioni comunitarie, in un contesto del genere, determinerà con ogni probabilità, accorpamenti, tagli all’assistenza e chiusura di servizi.

Come sottolineato da tutti i sindacati del settore medico, il nuovo assetto organizzativo rischia di aumentare le liste di attesa e incentivare la migrazione sanitaria fuori regione. Nei principali presidi ospedalieri della città di Napoli tutte le direzioni sanitarie sono allertate per capire come fare a quadrare il cerchio dei turni. Dal Vecchio Pellegrini al Santobono, dal Cardarelli al Policlinico, tutti i direttori generali auspicano una proroga da parte del Governo nazionale, al fine di avere un minimo lasso temporale per poter rimodulare in qualche modo i servizi, approssimandosi, tra l’altro, la stagione invernale che, come sempre, comporta picchi di attività in concomitanza con le epidemie influenzali. Bisognerà provarci, ma non sarà semplice.

Forse prima di adeguarsi alle regole europee sull’orario di lavoro, sarebbe stato opportuno procedere, sia a livello nazionale che regionale, alla riorganizzazione dell’intero sistema sanitario, ponendo l’accento sul potenziamento dell’assistenza ospedaliera e sulla ristrutturazione degli organici. Purtroppo nulla di ciò è stato preventivamente effettuato, con il rischio più che concreto di assistere, alla luce del nuovo modello organizzativo, ad una riduzione delle attività di prevenzione e cure ordinarie.

Slitta il bando del concorsone per la scuola. Attesa anche per il nuovo TFA

di Antonio Ianuale



Sono giorni di attesa per i docenti precari, che sperano di ottenere l’agognata cattedra, superando il prossimo concorsone per la scuola pubblica. Il bando per il nuovo concorso a cattedra doveva essere bandito entro il 1 dicembre, come disposto dalla Legge 107, più conosciuta come La Buona Scuola, ma tutto è stato bloccato per la riforma delle classi di concorso. Queste modifiche rispondono all’esigenza di aggiornare lo schema delle classi di concorso che risale addirittura al 1989. Nella nuova bozza dello schema per le classi di concorso, oltre all’aggiornamento e all’accorpamento di alcuni corsi di laurea, ne vengono introdotti di nuovi, con l’ aggiunta di undici nuove materie.

Una nuova disciplina sarà la lingua italiana per gli stranieri, contrassegnata dal codice A23, mentre grande attenzione è stata riservata al liceo musicale dove saranno introdotte nuove classi di concorso. I laureati in Scienze Politiche, tagliati fuori nel precedente schema potranno insegnare diritto ed economia se in possesso dei crediti nelle discipline di diritto pubblico generale, istituzioni di diritto privato, diritto amministrativo e diritto commerciale. Il Consiglio di Stato ha però bocciato la riforma delle classi di concorso, bloccando l’uscita del bando e chiedendo al Miur un approfondimento in merito. L’uscita del bando adesso dovrebbe concretizzarsi nell’anno nuovo, ma il contenuto del bando è già ipotizzabile, con un buon margine di certezza: in palio ci sono 63mila e 700 cattedre, i bandi saranno tre, uno per la scuola dell’infanzia e della primaria, uno per il sostegno e l’ultimo per la scuola secondaria di primo e secondo grado. Potranno accedervi solo i docenti abilitati, tramite il TFA o il PAS, i laureati in Scienze della formazione primaria che hanno conseguito la laurea dopo il 2010/2011 secondo il vecchio ordinamento, i diplomati magistrali, i "congelati" Ssis. Per i docenti che aspirano ad entrare nelle scuole medie e superiori, sembra scongiurata la prova preliminare, che invece sarà il primo ostacolo per gli aspiranti docenti per la scuola dell’infanzia e per la primaria.

La prova scritta sarà una novità: va in pensione il tradizionale compito scritto, che lascia il passo alla prova computer-based, svolta quindi al computer. La prova orale invece non ha subito mutamenti: sarà la simulazione di una lezione frontale. Chi vincerà il concorso sceglierà l’ambito territoriale e non più la scuola di destinazione. In attesa di cominciare il lungo percorso verso l’insegnamento ci sono anche i freschi laureati e i docenti che non sono in possesso dell’abilitazione, che invece attendono il bando del Tfa, percorso obbligato per partecipare al prossimo concorso della scuola del 2018.



Il bando era previsto per gennaio, ma lo spostamento del concorso a cattedra, ha ritardato anche l’uscita del bando per il terzo ciclo Tfa, adesso atteso per il mese di febbraio. Non dovrebbero esserci sorprese, con la formula ormai standard: sarà richiesta una laurea vecchio ordinamento o una laurea specialistica/magistrale riconosciuta con i crediti necessari all’insegnamento; un diploma Isef valido per l’insegnamento per il Tfa di Scienze Motorie; o titoli di studio non rientranti in quelli previsti dal d.m. 39/98 e 22/2005 ma ad essi equipollenti. Potranno partecipare anche i congelati Ssis in soprannumero e i docenti di ruolo o già in possesso di abilitazione per una classe di concorso diversa da quella che intendono conseguire. Per l’iter del tfa sarà prevista una prova preliminare composta da 60 domande a riposta multipla, sulla classe di concorso di appartenenza e sull‘analisi linguistica di articoli di giornale e/o saggi, una prova scritta in base alle specifiche classi di concorso, una prova orale, dove l’aspirante docente dovrà simulare una lezione frontale, proprio come nel concorso a cattedra. Gli aspiranti docenti sperano che l’anno nuovi porti i tanto desiderati bandi del concorso scuola e del tfa, ma intanto conviene cominciare già a studiare perché le prove si preannunciano molto selettive ed impegnative.

Campania: approvato a Bruxelles il nuovo Programma di Sviluppo Rurale 2014 – 2020.

di Luigi Rinaldi

Gli agricoltori campani ricorderanno a lungo la data del 20 novembre 2015. Nello stesso giorno si sono verificati tre eventi di fondamentale importanza per il futuro e la crescita del settore agricolo: il Commissario Europeo all’agricoltura e allo sviluppo rurale ha firmato la decisione di approvazione del Programma di Sviluppo Rurale della Campania (PSR) per il periodo 2014/2020, la Confederazione italiana agricoltori regionale ha formulato un piano in sette punti per sostenere al meglio il PSR appena adottato, onde evitare le criticità verificatesi in passato, ed infine l’autorità di gestione del PSR Campania 2007-2013 ha concesso una ulteriore proroga, sino al prossimo 5 dicembre, per la consegna della documentazione relativa alla rendicontazione dei progetti.

Con il nuovo PSR la Campania avrà a disposizione oltre un miliardo e 836 milioni di euro di risorse pubbliche: un miliardo e 111 milioni di euro provenienti dal Fondo europeo per l’agricoltura e lo sviluppo rurale ed i restanti 725 milioni di euro mediante il cofinanziamento regionale e statale. Il Programma, in base alle aspettative, dovrebbe attivare investimenti per circa tre miliardi di euro, da rendicontare a Bruxelles entro il 31 dicembre 2023. Delle risorse messe a disposizione, circa 700 milioni di euro saranno destinati a salvaguardare e valorizzare gli ecosistemi nei settori agricolo e forestale, mentre altri 600 milioni di euro serviranno ad aumentare la competitività delle imprese agricole.

Si stima che circa 400 aziende agricole beneficeranno di un sostegno per migliorare i propri risultati economici e ristrutturare e modernizzare le proprie aziende, mentre oltre 1000 giovani agricoltori potranno beneficiare di contributi per l’avviamento di imprese agricole. Una particolare attenzione verrà riservata alle tematiche legate all’ambiente ed ai cambiamenti climatici, con l’accento puntato sulle biodiversità, la gestione delle risorse idriche, la prevenzione dell'erosione del suolo e l'agricoltura biologica. Per il conseguimento degli obiettivi strategici prefissati sono previste attività di formazione, informazione e consulenza. Contestualmente all’approvazione del nuovo PSR, la Confederazione italiana agricoltori della Campania ha stilato un articolato piano per sostenere al meglio l’attuazione del Programma. La Cia Campania ha proposto, innanzitutto, la digitalizzazione di tutta la documentazione richiesta agli agricoltori (“Fascicolo aziendale” e “Quaderno di Campagna”), in modo tale che la Regione, in seguito alla domanda di finanziamento proposta dall’azienda, potrà controllare direttamente la scheda aziendale, verificando la sussistenza dei requisiti per accedere alla misura.



La Confederazione, per una buona riuscita del Programma, ha suggerito, inoltre, di superare il centralismo amministrativo–burocratico attraverso il riconoscimento di filiere, consorzi e reti istituzionali, ai quali affidare l’attuazione di programmi di sviluppo sui territori. Coerentemente alla normativa U.E., applicando il cosiddetto approccio Leader, la gestione della spesa sarebbe affidata dalla Regione a questi nuovi soggetti, onde rendere più snelle le procedure. La Regione conserverebbe il ruolo di monitoraggio e certificazione della spesa.

La Cia Campania ha ipotizzato, infine, di creare una “Banca della Terra”. Sul modello di quella già realizzata in Toscana, la Regione Campania dovrebbe procedere al censimento dei terreni demaniali e nella propria disponibilità, mapparli e renderli fruibili. L’ente gestore della Banca della Terra avrebbe il compito di mettere questi terreni a disposizione dei giovani interessati a investire nel settore riconoscendo loro un diritto di prelazione sui beni. Ora non resta che mettersi a lavoro per la pubblicazione dei bandi.

La piaga del racket: perché non si deve abbassare la guardia

di Antonio Cimminiello

La recente gambizzazione a danno dell’imprenditore Ciro Moccia, eccellenza nel settore alimentare, ha riportato prepotentemente alla ribalta un fenomeno criminale per il quale troppo spesso si corre il rischio di una sottovalutazione: le estorsioni.

Manifestazione anti racket

Il racket ha cambiato forme esteriori in concomitanza dell’affermarsi di nuovi scenari malavitosi e non: l’ idea della “protezione” quale richiesta periodica di emolumenti in cambio di tranquillità ha cambiato volto per certi aspetti. Vuoi per la crisi economica, vuoi per una più efficace azione di contrasto delle forze dell’ordine, ormai le richieste estorsive tendono a camuffarsi nei modi più vari (dagli aiuti” a favore dei carcerati” al sostegno per fantomatiche feste rionali) e ad essere avanzate soltanto in occasioni di precise festività come Pasqua e Natale. E gli estorsori hanno dovuto, fortunatamente, anche fare i conti con il maggiore coraggio degli stessi taglieggiati, i quali in più episodi non hanno esitato a denunciare tutto, e sempre più con risultati eccellenti: basti pensare all’esempio di Ercolano, prima praticamente divisa tra le richieste di due agguerriti clan, oggi quasi del tutto liberata da questa schiavitù, e grazie soprattutto alla “ribellione” di tanti commercianti. Ma la semplice esaltazione a livello di spot può essere deleteria, perché può provocare la convinzione che la piaga delle estorsioni sia stata debellata del tutto e invece, purtroppo, in Campania non è ancora così.

Il ferimento di Ciro Moccia balza agli occhi sia per l’eccezionale violenza utilizzata (impressionante è stato il numero di proiettili sparati), ma ancor più inquietante è il fatto che Moccia non abbia ricevuto in precedenza richieste estorsive puntuali: forse la sola “colpa” è stata l’attivismo con il quale assiduamente l’imprenditore ferito partecipa alle iniziative antiracket, o peggio ancora la scelta di aver creato nuove attività commerciali senza dare lavoro ai “guaglioni”; e i timori aumentano laddove si provi che si sia trattato di episodio isolato, non manovrato dalla criminalità organizzata ma da “cani sciolti”, analogamente a quanto successe pochi mesi fa a danno di un noto negozio di giocattoli a Fuorigrotta con il grave ferimento di un poliziotto.


“In molti casi sottostare al ricatto diventa assuefazione al sistema, serve una svolta culturale”, ha precisato altresì il Prefetto di Napoli Gerarda Maria Pantalone. Ed allora è indispensabile garantire la conservazione della fiducia nelle istituzioni, comunque impegnate in iniziative antiracket: al riguardo si può ricordare la possibilità di accesso al Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive (L. 44 del 23/2/99) per un ambito di episodi particolarmente ampio (il risarcimento, infatti, è previsto anche nel caso in cui il danno non sia conseguente ad una richiesta estorsiva diretta, ma ad una condotta delittuosa a chiaramente finalizzata all'estorsione); l’operatività a Napoli di una serie di meccanismi premiali introdotti dalla Giunta comunale a favore di quelle imprese che abbiano denunciato il racket, come ad esempio la costituzione di un elenco dal quale il Comune potra’ selezionare operatori economici e imprese, specialmente per quanto concerne l'affidamento di lavori, servizi e forniture in economia o attraverso procedimenti in somma urgenza e fino a 1 milione di euro; ancora, l’istituzione presso la Presidenza della Giunta Regionale del “Coordinamento regionale delle iniziative antiracket ed antiusura”, finalizzato all’attivazione di campagne di sensibilizzazione ed informazione sul territorio regionale circa tali problematiche nonché al coordinamento del lavoro di prevenzione e contrasto del racket. Ma fondamentale è il sostegno che immediatamente può essere dato alle vittime del racket grazie alla rete delle associazioni (a Napoli, tra le altre, si ricordano gli sportelli di SOS Impresa e Federazione delle Associazioni Antiracket e Antiusura Italiana). L’attenzione, l’ausilio immediato e la sensibilizzazione rimangono quindi fondamentali per affrontare il problema, al fine di evitare che legalità e civile convivenza siano pregiudicate da quella che può diventare altrimenti, citando Luciano De Crescenzo e una sua riflessione in un noto film e vera e propria contraddizione nei termini, “una tassa da pagare ad uno Stato di barbari”.

Il Natale si accende di mille luci d'artista

di Maria Di Mare

Nel XVII secolo Parigi si guadagnò il titolo di ville lumiere, quando il generale Gabriel Nicolas de la Reynie promosse l'illuminazione pubblica per le strade della città. Cambiano i tempi, cambiano i costumi e, seppure il titolo sarà sempre della città francese, durante il periodo natalizio di “città delle luci” ne spuntano parecchie. Un tempo i bambini aspettavano l'8 dicembre perché quello era il giorno in cui, secondo la tradizione, bisognava addobbare l'albero e preparare il presepe, ma ormai a questa consuetudine se n'è aggiunta un'altra, ogni anno sempre più balconi e tetti di tutte le case si riempiono di luminose decorazioni dal tema natalizio, ed subito è festa. Le decorazioni luminose, però, non sono soltanto una questione casalinga, piuttosto un vero è proprio trend per dare rilievo alla propria città e attrarre turisti: Salerno e le sue Luci d'Artista ne è l'esempio più lampante.
Salerno
Dal mese di novembre fino al 24 gennaio, infatti, Salerno ogni notte presenta spettacolari scenari luminosi dai temi più disparati, lungo tutte le vie della città: quest'anno sono quattro le tematiche che si alternano snodandosi tra le strade salernitane. I percorsi luminosi che si possono ammirare sono dedicati al tema del mito, del sogno, del tempo e, ovviamente, del Natale.

Il mito è una proposta che presenta installazioni più concettuali, come i mosaici, ed altre orientali e fiabesche, come quelle dedicate a Shanghai; il sogno si articola partendo da installazioni che richiamano situazioni care all'infanzia, come il circo e il giardino incantato, fino ad altre che ci terranno con gli occhi fissi al cielo e la testa tra le nuvole, come gli angeli, i pianeti e le stelle; il percorso del tempo è articolato in modo tale da far percorrere in una serata un tragitto che parte dalla primavera e dalle sue bellezze, attraversa l'autunno e, passando per l'Antartide, da’ rilievo agli incanti dei ghiacci e a quelli invernali; il Natale, con l'albero, la sua attrazione principale situata a Piazza Portanova, regalerà decorazioni classiche ai più nostalgici, come la natività e la slitta di Babbo Natale.
Sorrento
Lo scintillio, però, giunge anche dalla costiera. Sorrento, infatti, presenta l'ottava edizione di M'illumino d'Inverno. Dal 21 novembre all'8 gennaio la città di Sorrento propone un calendario ricco di appuntamenti, dove si alternano l'accensione delle diverse luminarie, con spettacoli d'intrattenimento quali concerti jazz, spettacoli del Teatro dei Burattini, caccia al tesoro per la città il giorno di Natale e l'immancabile concerto di fine anno.

Anche i paesi più piccoli, ma che in passato hanno brillato per la loro storia, quest'anno brillano e attirano l'attenzione su di loro grazie alle luminarie natalizie: il Comune di Bacoli, ad esempio, ha allestito oltre alle consuete luci natalizie che addobbano le strade del centro storico, anche una serie di attrazioni luminose nel giardino della villa comunale. Proponendosi ai passanti, e facendo riverberare il proprio brillio anche nell'acqua del lago, ci sono installazioni luminose più propriamente natalizie, come la slitta con le renne e l'altissimo albero di Natale, ed altre che si rifanno al mondo del gioco e della favola, come ad esempio il grande orsacchiotto con la maglia rossa o il draghetto con la sciarpa. 
Bacoli
Che sia una trovata pubblicitaria per dar risalto alla propria città, un mezzo ingegnoso per attrarre turisti o una moda che sembra piacere tanto in giro, sono diversi i luoghi dove ormai le luminarie natalizie sono diventate un punto importante della vita cittadina.

Taglio degli enti inutili tra efficienza ed economicità

di Antonio Cimminiello


Il Consiglio Regionale della Campania

Efficienza ed economicità rappresentano i corollari di quell’imparzialità e buon andamento cui deve continuamente improntarsi l’azione della Pubblica Amministrazione secondo il dettato dell’art. 97 della Costituzione Italiana. Non sempre, tuttavia, è agevole conciliare l’esigenza di razionalizzazione della spesa pubblica con la necessità dell’esistenza di apparati burocratici veramente in grado di ovviare ai propri obiettivi istituzionali. In tale direzione sembra porsi la recente decisione adottata dalla Regione Campania, annunciata dal governatore Vincenzo De Luca, finalizzata primariamente al taglio dei cosiddetti “enti inutili”.


La sede dell'ARSAN al Centro Direzionale di Napoli
Il piano che si intende attuare è in realtà più vasto ed articolato. Esso passa in primo luogo per la drastica riduzione del numero delle società partecipate dalla mano pubblica regionale, in passato purtroppo più volte create ed utilizzate solamente per esigenze clientelari; non una semplice operazione di spending review, visto che si tratta in primo luogo di evitare l’esistenza di “carrozzoni” pubblici con compiti e funzioni già esercitati da preesistenti uffici regionali (in tal senso si dispone la soppressione di ARLAS e ARSAN).

L’obiettivo della maggiore efficienza viene perseguito altresì con il ricorso a meccanismi direzionali più snelli e moderni, come ad esempio il ricorso ad holding per la gestione delle partecipazioni della Regione Campania in ben 30 fondazioni o ancora l’accorpamento di parchi metropolitani e regionali. Infine, nell’ottica di una crescente economicità, l’intervento diretto sul vituperato ambito delle consulenze, costate la cifra astronomica di 8 milioni di euro tra il 2010 ed il 2015 e spesso richieste in situazioni davvero paradossali (si pensi ai 3 milioni di euro così spesi dall’EAV, ente in proverbiale dissesto finanziario), le quali saranno ridotte del 90 per cento, oltre al risparmio superiore ai 3 milioni di euro che dovrà derivare dalla liquidazione degli Enti Provinciali per il Turismo


E significativa risulta essere anche la scelta di tagliare di circa 200.000 euro il budget annualmente assegnato all’Ufficio di Rappresentanza della Regione Campania operante in Bruxelles, a fronte di un importo originario pari a 300.000 euro, segno della volontà di “mettere mano alla macchina burocratica, liberandoci di oneri inutili”, parole dello stesso De Luca. Si attendono a questo punto le misure attuative necessarie per realizzare le finalità sopra illustrate, ma già l’esistenza di un preciso “masterplan” che non immagini per il futuro una semplice scure sui conti pubblici per ora non può che essere salutata positivamente.

“Il Giovane Salvator Rosa”: le opere in mostra a Sorrento fino al 31 gennaio

di Antonio Ianuale

Il 21 luglio del 1615 nasceva all’Arenella, Salvator Rosa, pittore, incisore e poeta italiano, che visse tra Napoli, Roma e Firenze. Spirito avventuroso, personaggio eclettico e versatile, anticipatore dell’età romantica, Salvator Rosa, famosissimo in Italia e in Europa nel Seicento, ma dimenticato quasi subito dopo la sua morte.
 
Il Museo Correale
Per celebrare i quattrocento anni dalla sua nascita, solo Sorrento si è mobilitata, allestendo la mostra “Il Giovane Salvator Rosa. Gli inizi di un grande Maestro del ‘600 europeo”, inaugurata il 7 novembre, al Museo Correale di Terranova. L’evento, promosso dallo stesso Museo Correale e da con-fine arte e cultura, con il patrocinio del Comune di Sorrento, è curato da Viviana Farina, esperta di pittura e disegno napoletano del Sei e Settecento e si avvale della collaborazione del designer Giuseppe Mestrangelo per gli allestimenti illumino-tecnici.

Farina ha mobilitato esperti e studiosi d’arte di livello internazionale, tra cui Stefan Albl, della Biblioteca Hertziana di Roma, Catherine Loisel, del Musée du Louvre di Parigi, Nicholas Turner, del British Museum di Londra che hanno scelto le opere, alcune mai esposte, da esibire alla mostra. Le tele, circa venti, provengono da collezioni private e da cinque collezioni museali italiane: Museo di Capodimonte, Museo di San Martino, Museo Correale, Museo Filangieri e Galleria Corsini.
 
Il manifesto della mostra
La più famosa è certamente La Marina con Pescatori, custodita nello stesso Museo Correale. A queste si aggiungono altre due tele provenienti dalla pinacoteca di Capodimonte, attribuite postume a Rosa dalla Farina. La mostra è completata da venti disegni che documentano lo stile grafico del Rosa, opere fruibili grazie ad un apparato multimediale che esalterà il confronto tra le tele. Una mostra per celebrare l’arte e la vita di un grande artista della sua epoca: grande innovatore della pittura di veduta ed eccellente pittore di battaglie, la sua arte risente dell’influenza del maestro Aniello Falcone e dell’artista spagnolo ma vissuto a Napoli, Jusepe de Ribera, che riprendeva lo stile del Caravaggio. Trasferitosi a Roma, Rosa si avvicinò alla scuola dei Bamboccianti del maestro Pieter Van Laer, che partendo da modelli caravaggeschi, creava tele di impronta realistica e bozzettistica. In seguito si dedicò alla pittura allegorico-filosofica e di storia, cimentandosi anche nella letteratura, scrivendo delle satire poetiche: Musica, Poesia, Pittura e Guerra.
 
Salvator Rosa: autoritratto
Celebre è il suo autoritratto, esposto agli Uffizi di Firenze. Durante l’ultimo periodo della sua vita si dedicò a soggetti classici, mitologico-morali, ma insuperabile resta come pittore paesaggistico. La mostra è unica nel suo genere, anche per l’autofinanziamento che l’ha resa possibile e per l’utilizzo dei social network: il crowdfunding organizzato dal sito www.con-fine.com ha permesso la realizzazione di questo evento, grazie alle donazioni sulla piattaforma digitale degli appassionati.

Anche la rete ha partecipato alla mobilitazione e alla raccolta fondi, con l'hashtag #iostoconRosa, con la pagina Facebook "Mostre d'arte a Sorrento" e il profilo Twitter del sito che hanno aggiornato gli utenti sulla raccolta fondi in tempo reale. Organizzazione che è stata premiata dagli oltre quattrocento visitatori presenti all’inaugurazione della mostra, che resterà aperta fino al prossimo 31 gennaio.

Napoli la miglior location d'Italia dove festeggiare capodanno 2016

Concerti, dj set e fuochi pirotecnici a Castel dell’Ovo

di Alessia Nardone

Per iniziare bene il 2016 il Comune di Napoli, fiero del successo dell’anno scorso, ha riproposto una formula che potesse accontentare i gusti di tutti e che riunisse i cittadini napoletani, e non, sotto un unico tetto: il cielo della nostra amata città. Capodanno a Napoli significa: stare sotto le stelle, sentire la brezza del mare, guardare con un occhio il golfo e con l’altro il Castello, sentirsi piccolissimi nella grandezza di piazza Plebiscito, brindare con emeriti sconosciuti come se fossero i tuoi parenti più cari e per finire ascoltare tanta musica.


Il manifesto del Capodanno 2016 a Napoli

A pensarci bene era impossibile non essere riconfermati da Trivago come la miglior città nella quale trascorrere questa festa, ma i napoletani non sono abituati a ricevere riconoscimenti e si meravigliano ancora quando succede. Giulia Eremita, marketing manager di Trivago Italia, spiega così questa decisione: “anche quest’anno Napoli è una delle location ideali per trascorrere la notte di San Silvestro, grazie alle iniziative pensate per coinvolgere il grande pubblico e grazie all’ottimo rapporto qualità/prezzo dei suoi hotel, il capoluogo campano si presta ad essere una delle migliori alternative in Italia per i turisti che vogliono visitare una città nei giorni a cavallo di Capodanno”.

Più nello specifico il programma prevede:

- Concerto a piazza del Plebiscito: a partire dalle 21:30 sul palcoscenico si esibiranno Max Gazzè, Enzo Avitabile & Bottari, Nello Daniele, Daby Tourè, Rino Zurzolo e Tony Esposito. Insomma tanti ospiti che omaggeranno il grande Pino Daniele la cui mancanza pesa come un macigno nel cuore dei napoletani. Con tutti gli ospiti presenti e insieme al pubblico si celebrerà la fine di questo anno e l’inizio del 2016 con il tradizionale conto alla rovescia e un brindisi collettivo.

- Discoteche sul Lungomare: un quarto d’ora dopo la mezzanotte il lungomare si animerà con quattro diverse postazioni all’aperto, ognuna delle quali animerà gli ospiti con un genere musicale differente: Rotonda Diaz – Dj; Piazza Vittoria – Live Music e Cabaret; Via Partenope – Musica Latino Americana; Borgo Marinari – Animazione e Dj Revival 70/80.

I fuochi a Castel dell'Ovo
 Che stiate cantando a squarciagola le canzoni di Pino Daniele o stiate ballando senza sosta gioiose musiche non perdevi lo spettacolo che all’1:30 illuminerà Castel dell’Ovo. Tutti fermi e godetevi la magia dei fuochi pirotecnici che dal mare salgono fin su e illuminano di luce e magia questo luogo incantevole.

“Un grande spettacolo”, l’auspicio che viene dal Comune di Napoli, è però anche una previsione del successo che riscontrerà questo evento. Ma è soprattutto l’hashtag (#NapoliGrandeSpettacolo) sotto il quale l’Amministrazione vuole riunire le emozioni dei singoli partecipanti e fare in modo che questi le condividano con gli altri sfruttando i social (come Facebook, Instagram e Twitter) nel miglior modo possibile.


Perché la camorra è il male

di Gian Marco Sbordone
 
Manifestanti
“Un popolo in cammino”, con questo slogan, riportato su uno striscione, è stata pubblicizzata l’iniziativa contro la camorra svoltasi a Napoli lo scorso 5 dicembre. Vi hanno preso parte parroci, rappresentanti politici, tra cui il Sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, ma anche tanti studenti, lavoratori e disoccupati. La manifestazione può essere considerata un successo, viste le adesioni e le partecipazioni (circa 2000 persone).

“Un popolo in cammino” evoca un immagine biblica. Era in cammino il popolo di Israele; erano in cammino i seguaci di Cristo; si dichiarano in cammino i cristiani oggi. Ma in cammino è anche il popolo del “Quarto Stato”, rappresentato nel dipinto di Giuseppe Pellizza. Si è in cammino verso un obiettivo, verso un futuro migliore, verso la salvezza. E’ la stessa immagine che hanno voluto proporre i dimostranti del 5 dicembre, proiettati verso un futuro in cui si potrà sconfiggere finalmente la camorra. Non si tratta di un’iperbole, poiché la camorra non è semplicemente un’organizzazione malavitosa da affrontare con le armi delle investigazioni e della giustizia.

La camorra è “il male” perché condiziona la vita delle persone costringendole a subire soprusi e vessazioni.

La camorra è “il male” perché condiziona l’economia e frena lo sviluppo. Pensiamo a quanto incide la presenza camorristica sui mancati investimenti nel meridione da parte di imprenditori. Conseguentemente la camorra frena l’occupazione, in particolare quella giovanile.

La camorra è “il male” perché ci ruba la libertà, quella di uscire, di divertirci, di stare insieme.

La camorra è “il male” perché, in sostanza, vuole rubarci il futuro. E allora questo popolo in cammino è l’immagine giusta perché il traguardo è importante, addirittura fondamentale.
 
Manifestanti
Tuttavia attenti a non cadere nella retorica dell’ “antimafia”, rischio purtroppo incombente in questi ultimi anni. Si può sostenere, infatti, che tutto il movimento sorto contro le mafie ha conseguito risultati importantissimi, soprattutto perché ha determinato il risveglio delle coscienze. Il movimento ha fatto sì che la lotta alle mafie non fosse più considerata una questione delle sole Forze dell’Ordine e della Magistratura ma diventasse un problema civico. Si può anche sostenere che questo movimento civico abbia in qualche modo contribuito all’isolamento dei gruppi criminali e dei loro esponenti rispetto alla società, favorendo in questo modo le indagini sul loro conto. Ed è proprio per questo che oggi non si può permettere che l’”antimafia” diventi qualcosa di rituale, poiché essa deve invece essere esercitata tutti i giorni, nel nostro quotidiano di cittadini, di studenti e di lavoratori, vigilando affinché i soprusi, l’imbroglio e le prevaricazioni, non condizionino il nostro modo di essere e la nostra stessa vita.

Un popolo in cammino sempre quindi, non solo durante i cortei, non solo in determinate occasioni. Un popolo in cammino, si può aggiungere, evitando le odiose strumentalizzazioni che, in questa storia, proprio non devono entrare.

Anticorruzione, controlli e trasparenza negli Enti Locali: il dibattito alla Mostra d’Oltremare

di Luigi Rinaldi

Lo scorso 27 novembre, presso la sala Italia della Mostra d’Oltremare di Napoli, si è tenuto il convegno su “Anticorruzione, controlli e trasparenza nella Città metropolitana e negli Enti Locali”. Al centro del dibattito, i nuovi strumenti di monitoraggio delle attività degli enti pubblici, alla luce del nuovo Piano Anticorruzione ed i risultati sinora conseguiti in materia.

Da tempo, ormai, è forte e costante l’attenzione del legislatore e del Consiglio dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) sul rispetto delle misure di prevenzione della corruzione da parte delle pubbliche amministrazioni. Con la determinazione n. 12 del 28 ottobre 2015, l’ANAC ha approvato l’aggiornamento al 2015 del Piano Nazionale Anticorruzione 2013-2016. Si tratta di un documento di notevole significato, in quanto rappresenta il primo atto formale assunto dopo il PNA del 2013, con l’intento di imprimere una decisa svolta al corso degli eventi, per migliorare la qualità dei piani anticorruzione delle amministrazioni pubbliche.

Prima ancora dell’aggiornamento del Piano Anticorruzione, non sono mancate importanti novità legislative, come la disciplina introdotta dal DL 24 giugno 2014, n. 90, convertito in legge 11 agosto 2014, n. 114, recante il trasferimento completo delle competenze sulla prevenzione della corruzione e sulla trasparenza dal Dipartimento della Funzione Pubblica (DFP) all’ANAC, nonché la rilevante riorganizzazione della stessa ANAC e l’assunzione delle funzioni e delle competenze della soppressa Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (AVCP).

In realtà, al di là delle innovazioni normative, la ragione di fondo che ha determinato la necessità di aggiornare il Piano preesistente sta nel riconoscimento, da parte dell’ANAC, che, finora, le cose non hanno funzionato secondo le previsioni. L’Authority, nel corso di quest’anno, analizzando i piani triennali di prevenzione della corruzione di 1911 amministrazioni, ha acclarato un’evidente incapacità delle amministrazioni monitorate di leggere ed interpretare le dinamiche socio–territoriali, per tenerne conto in sede di redazione del PTPC.



L’ANAC ha rilevato una sostanziale carenza, all’interno dei Piani, di adeguate misure di prevenzione della corruzione, riconducibile alla mancanza di una compiuta autoanalisi organizzativa delle amministrazioni, nell’ambito del necessario lavoro di ricerca delle aree ed attività più esposto al cancro della corruzione. Tra le principali cause della scarsa qualità ed efficienza dei Piani esaminati, l’Autorità Anticorruzione ha individuato la incerta configurazione dei compiti e delle responsabilità dei soggetti interni alle amministrazioni, nonché il ridotto coinvolgimento dei componenti degli organi di indirizzo politico. Ne consegue la necessità che le amministrazioni concentrino tutti i propri sforzi sull’effettiva individuazione e attuazione di misure efficienti, coerenti, fattibili e verificabili, proporzionate al rischio.

Nell’aggiornamento del Piano Nazionale preesistente vengono tracciate le linee guida per un rapido cambiamento di rotta e sono, inoltre, presenti due interessanti approfondimenti relativamente a settori particolarmente esposti al rischio corruzione, vale a dire contratti pubblici e sanità. E’ evidente che la buona riuscita dei nuovi Piani triennali, che le pubbliche amministrazioni dovranno adottare entro il prossimo 31 gennaio, non potrà che dipendere dalla reale volontà delle stesse amministrazioni di combattere, una volta per tutte, la corruzione che, da anni, dilaga al loro interno. I vertici politici ed istituzionali non possono e non devono continuare a trincerarsi dietro la demagogica considerazione che la corruzione è un fenomeno atavico, esistito anche nelle civiltà più antiche, ma concentrare i propri sforzi sul riavvicinamento tra istituzioni e popolazione, per far fronte comune contro il crollo dei valori ed il degrado dei costumi. La battaglia contro la corruzione va condotta e vinta non solo sotto il profilo giuridico, ma, soprattutto, sul piano morale. Deve cambiare l’approccio dei cittadini alla res pubblica e per far questo è di fondamentale importanza che vengano abbattute le barriere tra istituzioni e vita della popolazione.

Questione rifiuti: da Mugnano la svolta

di Antonio Lepre
 
Luigi Sarnataro
L’area nord di Napoli è attraversata da un problema quasi mai risolto, ossia l’abbondanza smisurata di immondizia depositata incivilmente e mai raccolta. Tutt’oggi per chi viaggia tra i vari paesi dell’hinterland e soprattutto nei pressi dell’asse mediano può notare, abitualmente, cumuli di immondizia, di oggettistica e talvolta anche di interi mobili o carcasse di ferro ed elettrodomestici buttati qui e lì. Da quest’estate erano due i paesi soprattutto colpiti da questa insufficienza amministrativa, almeno per quanto riguarda l’area nord di Napoli, ossia Melito, in cui è ancora presente un alto disagio, e il comune di Mugnano, che con la nuova amministrazione a guida Luigi Sarnataro riesce dopo mesi di battaglie a trovare un equilibrio.

Dal mese di luglio, mese in cui il Sindaco si insediava al Comune di Mugnano, la ditta che si occupava del recupero rifiuti, la Sagi Service risultava avere un Durc negativo per cui si manifestava l’impossibilità di poter pagare la società, secondo appunto decreti legislativi, e di conseguenza la società non pagava gli stipendi agli operai, i quali a loro volta non raccoglievano più i depositi di rifiuti per le vie di Mugnano. “Dopo battaglie di mesi – dice il sindaco – si sperava, almeno all’inizio anche che la Sagi Service, non conoscendola personalmente ancora bene, potesse tornare una società sana che versasse i contributi; resomi conto però che vi era un’impossibilità di andare avanti con la Sagi Service, il comune di Mugnano affida, con un’ordinanza sindacale, l’incarico ad un’altra società che si chiama Green Line.
 
Vincenzo Giordano
La società Green Line già gestisce bene confiscati alla camorra, soprattutto nel comune di Casal di Principe e di San Cipriano; ecco perché continua il sindaco “per venire a Mugnano, essendo la Green Line gestita da amministratori giudiziari, ha dovuto avere il parere favorevole del Tribunale di Napoli, e ciò per Mugnano deve essere un grande vanto”. Attualmente il servizio sta riprendendo come afferma anche il consigliere comunale Vincenzo Giordano “la raccolta avviene regolarmente nei giorni prestabiliti, anche se abbiamo ancora sversamenti incivili nelle zone periferiche di Mugnano, dove siamo costretti periodicamente ad intervenire; inoltre il Comune, in attesa delle videocamere previste per il decreto Terra dei Fuochi, ne ha già acquistato alcune per tamponare il fenomeno di sversamento”. Dal 14 dicembre è partita, infine, una campagna di controllo sui sacchetti per verificare l’esatto conferimento, con sanzioni dai 25 ai 500 euro, al fine di portare la raccolta differenziata ad un livello più alto.

Non crederci porta male

di Maria Di Mare

“La superstizione del popolo napoletano. La credevate cessata la superstizione? Come potevate crederlo?”
. Il popolo del sempiterno non è vero ma ci credo continua a stupire quando, tra modernità e progresso, volge uno sguardo alla tradizione scaramantica che da sempre l’accompagna e la contraddistingue. Per questo, ben ancorato nel topos antropologico che caratterizza i campani, non fa meraviglia l’annuncio di una prossima apertura, in zona tribunali, di una pizzeria scaramantica, dove ci si potrà sedere ad un tavolo a forma di ferro di cavallo e gustare la propria pizza ammirando una scultura del classico corno portafortuna.

Da Matilde Serao a Peppino De Filippo, da Neri Parenti a Vincenzo Salemme, diversi sono i nomi che, nel corso degli anni, hanno cercato di dar voce alla scaramanzia e ai riti apotropaici per assicurarsi la buona sorte. Ma non bisogna andare al cinema o leggere un libro per sapere cosa e come fare, e sarebbe un errore anche dire che le fonti più autorevoli sono le nonne, sarebbe come ingannarci consapevolmente, e rilegare il tutto alla generazione passata. Quale ventenne non sa che l’ombrello dentro casa non va aperto, che le scarpe sul letto non si poggiano e che il letto non va sistemato con i piedi verso la porta, che sotto una scala non si cammina e che il sale a tavola va poggiato e non passato di mano in mano sospeso? Ah già, e non ci si siede allo spigolo a tavola, e non si spazza sui piedi di uno scapolo, o non ci si sposerà mai.

Così, nel giro di poco, il sacro e il profano si mescolano, in una dimensione che accarezza, e quasi corteggia, il paganesimo: in chiesa durante il segno della pace non bisogna incrociare le braccia, si deve fare la novena a San Giovanni per trovare marito e una a San Pantaleone per assicurarsi una dote cospicua.

I classici corni scaccia guai
Se una persona invidiosa riesce a infliggere danni a voi o ai vostri cari, anche solo temporaneamente, allora siete vittime di un malocchio, ma se questa agisce involontariamente su di voi “gettando” il proprio sguardo malevolo, allora si tratta di jettatura, la fattura, poi, è la più seria delle tre: è un atto volontario e non temporaneo, richiede un vero e proprio esorcismo per essere allontanata. Fatte quindi tutte le dovute distinzioni del caso tra malocchio, jettatura e fattura, che ci crediate o meno quando parlate con un napoletano non trattate la materia con ironia, egli potrebbe a quel punto sciorinarvi tutta una serie di proverbi popolari e dispensare saggezza, convenendo con voi su come, effettivamente, credere a certe cose è da ignoranti, ma alla fine vi rimbeccherà solennemente dicendovi che non crederci porta male! D’altronde una pagina ad hoc sui misteri napoletani è stata creata sul sito ufficiale del Comune, e qui il mito, il culto dei morti, la scaramanzia e i fenomeni paranormali assumono voce e rilevanza: la superstizione non è cosa da poco, è a tutti gli effetti cultura, non solo tradizione.

Nel dubbio quindi lasciate sempre una sedia libera a tavola per la bella ‘mbriana che, riconoscente, veglierà su di voi, e regalate un piccolo corno ai vostri cari; ovviamente se volete stare tranquilli anche voi inutile vi compriate un corno e ve lo mettiate in tasca, il corno deve esservi regalato da qualcuno altrimenti non fa effetto, lo sanno tutti!


Napoli indiscussa protagonista della "Settima Arte"

di Germana Guidotti

La settima arte, ossia l'arte cinematografica, fin dai suoi albori si è connotata immediatamente come rivoluzionaria, in quanto si è imposta sulle altre per il suo modo di "raccontare", di "rappresentare", per il suo nuovo e soprattutto innovativo linguaggio artistico-espressivo.

I primi passi in tale direzione, come è noto, sono stati compiuti dai fratelli francesi Lumière, Louis e Auguste, i quali, avendo una particolare predilezione per Napoli (e come dare loro torto!) la scelsero, unica città italiana, in qualità di soggetto cinematografico per le loro pellicole.
 
Veduta del porto di Napoli
Nel 1894, a Lione, brevettarono, essendone gli inventori, il cinematografo, e nel medesimo torno di anni vennero brevettati almeno altri 800 oggetti simili in tutto il mondo, a testimonianza del fatto che il cinema costituisce un'arte esattamente come tutte le altre: è nata naturalmente, spontaneamente, come bisogno autentico espressivo dell’umanità.
Le motivazioni storiche che fanno risalire a questi due fratelli l'invenzione della settima arte sono essenzialmente due: da un lato il loro, fra tutti gli oggetti similari che si stavano sottoponendo a brevetto, era il più piccolo ed il più maneggevole, dunque il più portabile; dall'altro proiettava le immagini catturate verso l'esterno, in modo da raggiungere un target quanto più ampio e diversificato possibile. Il mezzo sperimentato dai Lumière in altre parole soddisfaceva tutti quei requisiti specifici che l'avrebbero 'lanciato' nel tempo, rendendo così il cinema, nel corso degli anni, una vera e propria istituzione sociale, fino ad acquisire il ruolo socio-culturale determinante che ancora oggi possiede.

Tuttavia, Louis ed Auguste erano particolarmente scettici circa la possibilità di successo di tale arte: ritenevano infatti che ben presto sarebbe fallita, cadendo in un vero e proprio oblio, e quindi restando nella storia semplicemente come una fugace apparizione.

Nonostante ciò, si industriarono fin da subito a cercare il modo attraverso il quale sfruttare l'invenzione del cinematografo per trarne guadagni, e lo trovarono: puntare sulla vanità della borghesia dell'epoca, unica classe sociale che si sarebbe sentita privilegiata e distinta da tutte le altre nel vedersi immortalata, anzi messa in mostra, davanti alla macchina da presa, che equivaleva a mostrarsi di fronte alla società intera, un pubblico che si faceva sempre più ampio. E non casualmente la classe borghese fu quella che più di tutte amò, sponsorizzò e diffuse questa nuova forma d'arte.
Al fine di promuovere il proprio lavoro, i due fratelli provvedevano di persona a stampare dei volantini, delle brochures, che pubblicizzavano esattamente giorno, ora e luogo in cui si sarebbero effettuate le riprese. Le persone, quindi, incuriosite dalla possibilità di poter rivedersi sullo schermo, si sarebbero fatte riprendere dietro un corrispettivo: il pagamento del biglietto, che consentiva loro di riguardarsi, riammirarsi. Ed è esattamente in questo momento che nasce il cinema.

Le proiezioni si susseguivano senza soluzione di continuità, soprattutto quelle girate a Parigi, e in breve tempo i timori iniziali dei Lumière furono totalmente spazzati via e smentiti, perchè i fatti decretarono un successo senza precedenti per il cinema, al punto tale che molti spettatori, compresa l'importanza di questa invenzione, furono spinti ad investire, comprando la propria macchina ed iniziando a girare in prima persona dei cortometraggi col cinematografo.
All'interno della produzione cinematografica dei due fratelli, le grandi assenti in qualità di soggetti immortalati sono le città, considerata l'effettiva difficoltà di allora nello spostarsi da un luogo all'altro, dovuta alla carenza di mezzi e di strumenti di supporto per affrontare i viaggi.
Ovviamente la scelta ricadde su Lione, cittadina nella quale era stato messo a punto il cinematografo, e per questo motivo cara ai Lumière; sulla capitale francese, irrinunciabile tappa e scenario che si prestava a girare film, anche perchè in quegli anni Parigi rappresentava il cuore pulsante dell'Europa, un polo culturale di indiscusso valore; su pochissime città spagnole, e infine sull'Italia. Della nostra nazione, la scelta ricadde esclusivamente su Napoli: in tal senso, dunque, si comprende una volta di più la rinomanza internazionale ed il prestigio di cui godeva. Si predilessero i panorami, le vedute suggestive, i paesaggi e gli scorci che per natura si prestavano ad essere immortalati.
 
Le strade di Napoli
Sebbene sul finire del secolo Napoli e l'intero Regno delle Due Sicilie oramai crollato fossero stati sottoposti a saccheggi, depredazioni consistenti, la città conservava comunque quell'irresistibile forza attrattiva che era riuscita ad affascinare ed ammaliare negli anni un numero considerevole di artisti, intellettuali, e personalità di spicco di tutti i tempi, che ivi giungevano per contemplarne le indicibili bellezze. Non sorprende allora poi più di tanto che Louise ed Auguste abbiano deciso di catturarne il valore all'interno delle loro riprese.
All'epoca le pellicole erano in bianco e nero, ad inquadratura fissa e con profondità di campo, ma nonostante ciò erano in grado di restituire perfettamente, anche senza l'alta definizione cui noi oggi siamo abituati, lo splendore intramontabile della città di Napoli. Se ne ricava un'immagine "tipica": ricca di contraddizioni, cruda quanto travolgente, inquieta quanto vitale, malinconica quanto solare.
Nei film predominano scene attinte dalla vita quotidiana, che si snodano lungo i quartieri di Via Marina, il Porto, Via Toledo, Via Santa Lucia. Ne emerge un caleidoscopio di persone, mestieri, caratteri: la proverbiale laboriosità dei cittadini partenopei, con l'<arte di arrangiarsi>, la grande generosità, l'indiscutibile vitalità. Vengono immortalate lunghe passeggiate sia per le strade più grandi che per i vicoli più stretti, che già a quei tempi erano tutto un pullulare e brulicare di negozi, botteghe, vetrine, espositori. 
 
Inquadratura del Vesuvio
E poi, protagonista indiscusso di questi documentari, immancabile quanto implacabile il Vesuvio, attrattiva principale allora come oggi, simbolo di rara bellezza svettante sul golfo, dono della natura alla città ed ai suoi abitanti. È presente come silenzioso ma altrettanto temibile guardiano che governa il golfo e che, con le proprie sinuose forme, seduce potentemente chi lo guarda dalla costa.

Napoli nel cinema dei fratelli Lumière appare in tutte le sue molteplici sfaccettature e contraddizioni, ma anche nel suo essere intensa, viscerale, piena di pathos e tensione emotiva. E questa antichissima testimonianza cinematografica ci restituisce un documento più che mai veritiero sulla nostra città.


Sanità Campania: si indaga su maxi truffa

50 sospettati di intascare doppia indennità.

di Danilo D'Aponte

È di 50 indagati il numero degli iscritti ai registri, per truffa allo Stato, 43 funzionari e 7 dirigenti delle ASL regionali.

Avrebbero intascato una doppia indennità, dal 2005, per oltre 10 milioni di euro, questo è a quanto ammonta il danno erariale provocato dalla maxi truffa scoperta dalla Guardia di Finanza. Il tutto è stato scoperto a pochi giorni dall’annuncio del governatore della Regione, Vincenzo De Luca, di una "rivoluzione" nel settore che, a suo dire, dovrebbe evitare che tanti cittadini vadano a curarsi al nord, creando "un passivo di 300 milioni all’anno per la sanità campana".
Tra le novità anche l’istituzione di un ufficio ispettivo con "una task force" che, come scritto sulla sua pagina Facebook: «effettuerà ispezioni nelle strutture sanitarie in cui attualmente non c’è alcun tipo di controllo».

I controlli dei reparti del Comando regionale campano della Guardia di finanza, su delega del sostituto procuratore generale della Corte dei Conti della Campania, Marco Catalano, sono partiti dai documenti dell’Asl Napoli 1, concentrandosi maggiormente sulle buste paghe, permettendo così di scoprire l'illecito sulle indennità "omnicomprensive", poi abolite. Eppure, stando alle indagini, i medici avrebbero continuato a percepire in busta paga sia la nuova che la vecchia indennità.

Per quanto l’inchiesta abbia preso il via dall’Asl di Napoli, è subito emerso dalle verifiche della polizia tributaria che il sistema del "doppio riconoscimento", e delle relative somme "a nero" era esteso a molte aziende sanitarie della Campania. Infatti, le indagini sono state estese a tutto il territorio regionale, dando mandato ai nuclei di polizia tributaria competenti. È stata così scoperto il proverbiale "Vaso di Pandora", che attendeva di essere scoperchiato dal 2005. 
La Procura contesta, a titolo di dolo o colpa grave, ai 50 indagati la responsabilità di un danno erariale di circa 10 milioni e 113 mila euro. Una somma considerevole per la Regione, che continua ad arrancare per fare quadrare i conti nel settore sanità, tra inchieste e disservizi. Secondo i dati dei rapporti del Ministero della Salute, pubblicati nei giorni scorsi, per quanto concerne i livelli essenziali di assistenza e sull’efficienza del servizio sanitario nazionale, la Campania resta agli ultimi posti, seguita solo dalla Puglia, a cui spetta la maglia nera.

Insomma, se ne deduce un quadro che assume i contorni della tragicommedia e, volendo essere maligni, si potrebbe dire che, oltre al danno (la mancanza di controlli sulla gestione della sanità), come constatato da De Luca, ci mancava solo la beffa, che è anche cara.

Progetto F2 Cultura: quando l’Università incontra la città

di Antonio Ianuale


Nel novembre dell’anno scorso la Federico II lanciava il progetto F2 Cultura, con cui si apriva alla città e al territorio. Incontri, seminari, dibattiti e tavole rotonde per incentivare la diffusione del sapere, per confrontarsi con la città, per aprire una nuova dimensione in cui l’Università esce dalle sedi accademiche per incontrarsi con la cittadinanza attiva. Un progetto multidisciplinare e multiculturale su cui il prestigioso ateneo federiciano ha puntato moltissimo: oltre cento eventi all’anno dove la cultura umanistica incontra la scienza, senza dimenticare il teatro, la musica e la danza. Dagli incontri sul poeta vate, tenuti dal professore Enrico Malato, emerito di Letteratura italiana dell'Ateneo federiciano e tra i massimi studiosi di Dante, ai percorsi leopardiani, dove si è analizzata la produzione del poeta di Recanati da un nuova prospettiva.

Non solo classici, ma anche contemporaneità, ed incontri con poeti e letterati ancora viventi, come quello con la poetessa Jolanda Insana. Studi umanistici ma non solo, come già detto, con incontri di diffusione scientifica, come la giornata della biodiversità in collaborazione con la Città della Scienza, o anche Unistem Day 2015, evento divulgativo relativo alla ricerca sulla cellule staminali. Multiculturalità garantita dal cineforum in lingua originale nei locali del Cinema Astra. Non mancano riferimenti all’attualità storica, così nell’anno del centesimo anniversario dell’entrata in guerra dell’Italia, F2 Cultura ha rivisitato la drammaticità dell’evento attraverso la cinematografia in “Cosa accadeva 100 anni fa: La Grande Guerra sul grande schermo”, con la proiezione di cinque film tra cui “Uomini contro” di Francesco Rosi e “La Grande Guerra” di Mario Monicelli.


Il logo del progetto F2 Cultura

Il 2015 è stato anche l’anno dei festeggiamenti per il compleanno del prestigioso ateneo federiciano nato nel 1224: per celebrare la ricorrenza degnamente l’ateneo ha consegnato la laurea honoris causa al regista premio Oscar, Paolo Sorrentino, ed invitato il cantante Jovanotti a tenere il seminario “I Linguaggi della Creatività”. Eventi che hanno riscosso un grande successo di pubblico, coinvolgendo soprattutto i più giovani. Se la prima edizione di F2 Cultura è giunta al termine, la seconda non sembra tradire le aspettative: è in corso un ciclo di cinque incontri con il giallista Maurizio De Giovanni che spiegherà i segreti della sua scrittura. Il primo incontro si è tenuto il 9 novembre nell’istituto Genovesi a Piazza del Gesù, per riaffermare la vocazione al confronto con la comunità, specialmente con i giovani studenti.Altra iniziativa interessante è “La Macchina degli incanti: Cinque letture de Lo Cunto de li cunti”, dove si riscopre il celebre romanzo del Basile, il “Pentamerone o Lo Cunto de li Cunti”, portato al cinema dal regista Matteo Garrone, che nel suo lavoro, “Il Racconto dei Racconti” ha riadattato tre celebri fiabe del Basile: La Cerva, La Pulce e la Vecchia Scorticata.

Dopo l’incontro introduttivo del 25 novembre, prossimo appuntamento il 20 gennaio presso il Dipartimento di Studi Umanistici a Porta di Massa. A gennaio ripartiranno anche gli incontri di Come alla Corte di Federico II, ovvero parlando e riparlando di scienza, iniziativa culturale tesa alla diffusione della conoscenza e dei metodi scientifici. F2 Cultura si avvale anche di preziose collaborazioni, come quella con la Nuova Orchestra Scarlatti che permette al personale e agli studenti dell’ateneo uno scontro sui biglietti in occasione del Concerto di Capodanno alla Mostra d’Oltremare. Partner fondamentali sono anche il Comune di Napoli e la Regione Campania. Il progetto F2 Cultura è un work in progress con eventi culturali in divenire, quindi per essere sempre aggiornati conviene seguire il sito internet del progetto www.f2cultura.unina.it.

Napoli: l'ennesima tragedia sfiorata

di Gian Marco Sbordone

Palazzi che si sbriciolano all’improvviso, fiumi d’acqua che travolgono case e vite, inutili caccie alle responsabilità. E’ il copione di sempre, quello che si ripete periodicamente in questo martoriato Paese in cui ci si abitua a tutto, anche alle tragedie annunciate.

Il crollo
La mattina del 9 dicembre scorso crolla una facciata dell’edificio che ospita la Facoltà di Veterinaria -dove avevano sede aule e uffici di docenti- in Via Santa Maria degli Angeli alle Croci, a Napoli. Crolla proprio la parte più nuova -come documentato in un inquietante video che ha fatto il giro del Web- quella restaurata. L’altra parte, quella vecchia, resta invece in piedi, come un monito a chi, negli ultimi decenni, ha fatto del profitto l’unico riferimento valido, fregandosene altamente del resto. E il resto sono la professionalità, la serietà, il rispetto delle regole e, soprattutto, l’esigenza di tutelare la vita umana.

In un volume uscito in questi giorni, dal titolo emblematico “Un Paese nel fango” di Erasmo D’ Angelis -direttore del quotidiano L’Unità- si fanno i conti delle tragedie e dei morti (oltre 5400) dal 1945 ad oggi, dovuti proprio all’incuria, alla devastazione del territorio, all’esigenza di costruire risparmiando. Ciò che è successo a Napoli, è stato quindi l’ennesimo evento in cui le responsabilità dell’uomo appaiono tante e ben individuabili e dobbiamo veramente essere felici per il fatto che, questa volta, non piangiamo morti e feriti.

La struttura crollata
In questo triste elenco di disgrazie causate, l’episodio di Napoli ci ha fatto venire in mente ciò che accadde a L’Aquila con il terremoto dell’aprile 2009, quando perirono nella casa dello studente 7 giovani più il custode. Lì ci fu un terremoto quale concausa, potremmo dire, ma a Napoli cosa è stato? Ci saranno ancora una volta inchieste e polemiche e, forse, tra alcuni anni(5?10?15?) sapremo la verità e qualcuno pagherà. Ma ciò che è veramente inconcepibile è che a fronte di tutto ciò che è successo e che succede non si riesca a stabilire delle regole veramente sicure per evitare che altre tragedie accadano.

Si sa che regole in tal senso implicherebbero l’impiego di spese enormi, necessarie per mettere in sicurezza il territorio e per far si che tutti gli edifici pubblici, a partire dalle scuole, siano concepiti con il primario obiettivo di ridurre al minimo i fattori di rischio. Tuttavia, sembra che veramente la misura sia colma e che sia arrivato il momento di voltare pagina. Anche se tutto alla fine rimanda ad un unico grande interrogativo: quanto vale davvero anche una sola vita umana?




Anche Luca de Filippo ci ha lasciato

di Antonio Lepre

Il 27 novembre del 2015 si è spento a Roma Luca De Filippo, figlio del celeberrimo Eduardo. Finisce così la terza generazione di una delle famiglie più illustri del Teatro napoletano: gli Scarpetta/De Filippo. ''Luca era consapevole e fiero di essere l'erede di terza generazione di una famiglia che ha fatto la storia del teatro italiano e, nella figura di Eduardo, del teatro mondiale'' così dice la moglie di Luca, Carolina Rosi, figlia del famoso regista Francesco Rosi.
Luca De Filippo
Luca De Filippo era in scena a Roma con l’opera Non Ti Pago scritta dal padre negli anni Venti, ma il 10 novembre a causa di una discopatia fu ricoverato. A sostituirlo in scena è stata un suo compagno d’arte, forse tra i più bravi attori oggi del panorama teatrale, Gianfelice Imparato, il quale in un post su facebook ha affermato che una delle ultime volontà di Luca era che la compagnia comunque continuasse il suo tour. Anche Gianfelice Imparato, infatti, pensava che Luca sarebbe tornato dopo la tappa di Milano e quindi a Gennaio. Ma così non è stato.

Luca De Filippo fa il suo esordio, come tradizione vuole ormai, con il ruolo di Peppiniello nell’opera Miseria e Nobiltà di Eduardo Scarpetta nel 1955 al Teatro Odeon di Milano. Nota ai più la presentazione di Eduardo che, antecedentemente allo spettacolo in ripresa diretta Rai, davanti al palcoscenico presenta suo figlio.

Luca, in un’intervista rilasciata anni addietro, ricordava il suo rapporto iniziale con il teatro, ancora bambino, e con il padre così: "Mi portava alle pomeridiane e mi scriveva delle particine per tenermi con sé in scena. Ricordo per esempio un Sabato domenica e lunedì. Nel primo atto portavo la spesa a donna Rosa che preparava il ragù. Lei mi domandava come distinguevo le diverse liste di cibo sul foglio se non sapevo leggere. La mia battuta era: 'Faccio i disegni, donna Rosa un fiore, il signore accanto le corna perché sua moglie lo tradisce". Cose così, di cui non è rimasta traccia nei testi ufficiali". Luca però non ha solo interpretato le opere del padre, ma anche quelle di Molière, di Pinter, Beckett e di Pirandello ed, inoltre, è stato anche attore attivo cinematograficamente, in quanto è stato diretto tra gli altri anche da Gabriele Muccino, Lina Wertmuller e Sergio Castellitto.

Arrivando ai tempi più vicini, bisogna ricordare l’impegno assunto con le istituzione campane di dirigere presso il Teatro Stabile di Napoli o Mercadante, la scuola di recitazione dello Stabile. La camera ardante è stata allestita al teatro Argentina di Roma, mentre il Sindaco Luigi de Magistris ha disposto la proclamazione del lutto cittadino a Napoli nel giorno dei funerali, in segno di profondo cordoglio per la scomparsa di un grandissimo maestro del Teatro nazionale.

Studio, università, lavoro? E poi anche la beffa delle pensioni.

di Teresa Uomo

Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti
“Sta cambiando il ruolo del lavoro nella vita delle persone”, afferma il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, in un convegno promosso a Roma dalla Luiss sulla riforma del Jobs Act. Secondo il ministro, infatti, ci dovrebbero essere contratti che non abbiano come unico riferimento l’orario di lavoro, perché l’ora-lavoro è uno strumento oramai vecchio e superato.

Di tutt’altro avviso è il segretario generale della CGIL, Susanna Camusso, la quale ricorda al Governo che non bisogna scherzare quando si parla di temi concernenti il lavoro, poiché la maggior parte delle persone fa un lavoro faticoso, dove il tempo è un criterio importante per proteggere la loro situazione. Ecco perché i contratti di lavoro dovrebbero comprendere anche altri parametri per la definizione della retribuzione e, dunque, oltre alla già summenzionata ora-lavoro, bisognerebbe misurare anche l’apporto dell’opera ed introdurre forme di partecipazione dei lavoratori all’impresa.

Dopo il Jobs Act, con i contratti a tutele crescenti e la maggiore flessibilità del lavoro, inoltre, il ministro Poletti si rivolge ai giovani italiani, invitandoli a laurearsi subito: “prendere 110 e lode a 28 anni non serve a un fico secco”, dice il ministro, “meglio prendere 97 a 21″, sollevando così non poche polemiche. In Italia, però, c’è da dire che i giovani arrivano al mercato del lavoro molto in ritardo. Ecco perché, per Poletti, se si guarda al mezzo voto in più, si butta via quel tempo che potrebbe valere molto di più di quel mezzo voto.

Contrariamente alla singolare visione del ministro, però, i giovani studenti italiani cercano di lavorare prima, durante e dopo la laurea, ma con redditi bassi, a dir poco inesistenti. Tra l’altro, dal 2008 ad oggi, le statistiche Alma Laurea hanno evidenziato che, con i tagli all’istruzione, si assiste ad una vera e propria battaglia contro l’Università, contro la laurea, ormai definita come un semplice pezzo di carta da conservare, a seguito di un “lavoro-non-lavoro” non pagato, o come minimo sottopagato. Un lavoro da schiavi, dove la cultura serve a ben poco, o quasi a niente.
Il Presidente dell'INPS Tito Boeri
E proprio a questa situazione, già alquanto paradossale e drammatica al tempo stesso, si sono aggiunte poi le dichiarazioni, per niente incoraggianti, del Presidente dell'Inps Tito Boeri, il quale ha puntualizzato che i trentenni di oggi andranno in pensione a 75 anni, con un assegno più basso del 25%. Chi, dunque, è nato nel 1980 riscuoterà mediamente una pensione pari a 1.593 euro nel 2050, a differenza dei 1.703 euro percepiti mediamente oggi da chi è nato nel 1945. È questo un problema molto serio che riguarda i giovani della generazione del 1980 che avranno 70 anni di età nel 2050.

Come si suol dire, insomma, oltre al danno anche la beffa, o forse sarebbe meglio affermare: dalla padella alla brace.

Acqua: è polemica, la Regione assicura che non sarà privatizzata

di Danilo D'Aponte

Nell'ultimo Consiglio regionale, in relazione all'approvazione della nuova legge sul sistema idrico, si è assistito a una vera e propria diatriba. Contendenti della stessa i sostenitori della gestione pubblica dell'acqua e quanti, al contrario, ritengono che il governo dei sistemi idrici possa essere affidato anche a ditte private.
 
Dalla Regione Campania, infatti, hanno subito puntualizzato che non ci troviamo davanti ad una privatizzazione, in quanto si tratta di una legge che ha come obiettivo principale quello di riordinare l'intera governance del sistema idrico. Tale mossa, dunque, non porterà a nessuna privatizzazione, né dell'acqua, né delle sue reti poiché l’intervento è atto a razionalizzare la struttura degli organismi che ne curano la gestione, per ridurne il numero e cambiargli composizione. In realtà, tecnicismi a parte, l’idea è quella di sostituire i vecchi ATO (Ambiti territoriali ottimali) con un unico Ente idrico campano, cui partecipano obbligatoriamente tutti i comuni. Ovviamente, ciò ingloba e consolida le competenze prima troppo compartimentalizzate, assicurando una centralità delle decisioni, da cui dovrebbe derivarne anche maggiore efficacia.

Di tutt’altro avviso è il sindaco di Napoli Luigi de Magistris, che non lesina critiche a Governo e Regione per aver messo “sotto attacco la rivoluzione realizzata per l’acqua” e, proprio in un post su Facebook, chiarisce che: ”nel giugno del 2011 il popolo italiano al referendum in massa votò in favore dell'acqua pubblica e Napoli oggi, insieme a un pugno di piccoli Comuni, è l'unica città ad aver attuato la volontà popolare. Abbiamo trasformato una società per azioni in azienda di diritto speciale: Abc (Acqua bene comune). Abbiamo messo in sicurezza l'azienda e il ciclo delle acque, procediamo alla riduzione delle tariffe”. “L'acqua”, prosegue de Magistris, “è di tutti, senza distinzione. Tutti ne hanno diritto”.
 
Padre Alex Zanotelli
Lo scorso 28 novembre, inoltre, è stato organizzata anche una manifestazione a favore dell’acqua pubblica, alla quale, oltre a comitati civici e ambientalisti, a semplici cittadini riuniti nella "Rete per l’acqua pubblica" e ai primi cittadini della rete dei sindaci della Campania, ha preso parte anche Padre Alex Zanotelli, da sempre in prima linea sulla questione. In quella occasione, lo stesso Zanotelli ha ribadito che: “la legge regionale è profondamente sbagliata, è privatizzazione pura. L'acqua verrà data in mano a una agenzia, l'Eic, retta da 20 uomini scelti dalla Regione che potranno affidare governance e fonti dell'acqua a multinazionali. È assurdo. Abbiamo già occupato il Consiglio regionale e siamo in piazza per dire che non possiamo accettare questa legge. Oggi chiedo a tutti atti di disobbedienza civile”. L’appuntamento, molto partecipato, cadeva a undici mesi dal "No Gory day", a cui parteciparono circa cinquemila persone, e il giorno dopo in cui il Papa, da Nairobi, ha parlato dell'acqua come diritto alla vita stessa.

La polemica, insomma, non solo continua, ma sembra destinata a crescere, considerato che l’attivo padre comboniano ha già in programma altre iniziative di massa, come quella prevista per oggi ad Avellino, a cui parteciperanno, tra gli altri, Maurizio Montalto (presidente Abc), Raffaello De Stefano (presidente Alto Calore Serviti spa) e Consiglia Salvio (referente comitati Acqua Pubblica della Campania.)

Giubileo della misericordia: Cardinale Sepe apre la Porta Santa

di Alessia Nardone

Il Giubileo è l‘anno dedicato alla remissione dei peccati, alla riconciliazione, alla conversione e alla penitenza sacramentale. Per Papa Francesco è anche l’occasione per rivivere la misericordia di Dio.

La Chiesa - queste le motivazioni di Papa Bergoglio - ha l’esigenza di ritornare ad essere testimone della Misericordia e quindi accompagnare i fedeli in una conversione spirituale verso la compassione per miseria morale e spirituale altrui. Come lo stesso Papa Francesco spiega durante una funzione religiosa: «È il tempo favorevole per curare le ferite, per non stancarci di incontrare quanti sono in attesa di vedere e toccare con mano i segni della vicinanza di Dio, per offrire a tutti, a tutti, -ha ripetuto- la via del perdono e della riconciliazione». Ripete “tutti” e così decide che non solo a Roma ma, in ogni città del mondo sarebbe stata aperta una Porta Santa perché solo in questo modo poteva essere data la possibilità a tutti gli uomini di poter intraprendere questo percorso di redenzione e di salvezza.  
 
Il Cardinale Sepe apre la Porta Santa
Il 12 dicembre dunque, anche nel capoluogo partenopeo viene aperta la Porta Santa. Alle 16:30 fuori la Chiesa dei Santi Apostoli migliaia di fedeli si riuniscono in preghiera insieme al Cardinale Crescenzio Sepe e, in processione, si recano alla Cattedrale in cui è stata celebrata la Santa Messa con cui ha ufficialmente inizio l’Anno della Misericordia a Napoli.

Il Cardinale nel corso della cerimonia ribadisce il senso e i valori che Bergoglio desidera guidino questo anno giubilare e misericordioso: “Vogliamo che, attraverso questa porta, la nostra comunità ecclesiale esca per andare incontro alla città -ha detto Sepe-, per farsi vicina alla gente e continuare il cammino di misericordia, nella concretezza delle sue sette opere, intrapreso da diversi anni. La porta della misericordia rimarrà aperta per sempre in entrambi i versi: per accogliere chi è pentito, per andare incontro a chi è smarrito. Napoli ha bisogno di comprensione, di indulgenza e chiede di essere avvolta dalla misericordia  -ha proseguito-, come una creatura che deve riacquistare fiducia in se stessa”.
 
La folla in attesa dell'apertura della Porta Santa
La gente, sottolinea Sepe, è sempre più provata, smarrita, ferita e attende che qualcuno versi sulle sue ferite l’olio della consolazione e il vino della speranza. Da diversi anni ormai “è la misericordia che regola i passi della nostra comunità ecclesiale. È essa a dettare l’agenda del suo agire pastorale. In questi ultimi anni sono sorte tante, innumerevoli iniziative ispirate ad una prossimità caritatevole, coinvolgente, sollecita a chinarsi su chi è caduto, su chi non riesce ad alzarsi dalla polvere. È un cammino che vogliamo intraprendere con decisione ed entusiasmo affidandolo a Maria, madre della misericordia. Lei che per prima è stata raggiunta dalla grazia e dalla misericordia di Dio, accolga con clemente benevolenza il cammino della chiesa di Napoli e l’invocazione del popolo napoletano che le è stato sempre sinceramente devoto, affidandosi a lei fiducioso nelle difficoltà e nelle tribolazioni della vita”.

E in particolar modo fa un appello agli ultimi degli ultimi, ai camorristi, affinché decidano di pentirsi: “Ritornate a Dio Padre! Cercate di riscoprire la vostra dignità di ragazzi, di giovani, di uomini: perché solo nella conversione potrete trovare la pace che viene dalla misericordia di Dio. Spero che questo appello possa essere accolto”.