di Antonio Cimminiello
La recente gambizzazione a danno dell’imprenditore Ciro Moccia, eccellenza nel settore alimentare, ha riportato prepotentemente alla ribalta un fenomeno criminale per il quale troppo spesso si corre il rischio di una sottovalutazione: le estorsioni.
Il racket ha cambiato forme esteriori in concomitanza dell’affermarsi di nuovi scenari malavitosi e non: l’ idea della “protezione” quale richiesta periodica di emolumenti in cambio di tranquillità ha cambiato volto per certi aspetti. Vuoi per la crisi economica, vuoi per una più efficace azione di contrasto delle forze dell’ordine, ormai le richieste estorsive tendono a camuffarsi nei modi più vari (dagli aiuti” a favore dei carcerati” al sostegno per fantomatiche feste rionali) e ad essere avanzate soltanto in occasioni di precise festività come Pasqua e Natale. E gli estorsori hanno dovuto, fortunatamente, anche fare i conti con il maggiore coraggio degli stessi taglieggiati, i quali in più episodi non hanno esitato a denunciare tutto, e sempre più con risultati eccellenti: basti pensare all’esempio di Ercolano, prima praticamente divisa tra le richieste di due agguerriti clan, oggi quasi del tutto liberata da questa schiavitù, e grazie soprattutto alla “ribellione” di tanti commercianti. Ma la semplice esaltazione a livello di spot può essere deleteria, perché può provocare la convinzione che la piaga delle estorsioni sia stata debellata del tutto e invece, purtroppo, in Campania non è ancora così.
Il ferimento di Ciro Moccia balza agli occhi sia per l’eccezionale violenza utilizzata (impressionante è stato il numero di proiettili sparati), ma ancor più inquietante è il fatto che Moccia non abbia ricevuto in precedenza richieste estorsive puntuali: forse la sola “colpa” è stata l’attivismo con il quale assiduamente l’imprenditore ferito partecipa alle iniziative antiracket, o peggio ancora la scelta di aver creato nuove attività commerciali senza dare lavoro ai “guaglioni”; e i timori aumentano laddove si provi che si sia trattato di episodio isolato, non manovrato dalla criminalità organizzata ma da “cani sciolti”, analogamente a quanto successe pochi mesi fa a danno di un noto negozio di giocattoli a Fuorigrotta con il grave ferimento di un poliziotto.
“In molti casi sottostare al ricatto diventa assuefazione al sistema, serve una svolta culturale”, ha precisato altresì il Prefetto di Napoli Gerarda Maria Pantalone. Ed allora è indispensabile garantire la conservazione della fiducia nelle istituzioni, comunque impegnate in iniziative antiracket: al riguardo si può ricordare la possibilità di accesso al Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive (L. 44 del 23/2/99) per un ambito di episodi particolarmente ampio (il risarcimento, infatti, è previsto anche nel caso in cui il danno non sia conseguente ad una richiesta estorsiva diretta, ma ad una condotta delittuosa a chiaramente finalizzata all'estorsione); l’operatività a Napoli di una serie di meccanismi premiali introdotti dalla Giunta comunale a favore di quelle imprese che abbiano denunciato il racket, come ad esempio la costituzione di un elenco dal quale il Comune potra’ selezionare operatori economici e imprese, specialmente per quanto concerne l'affidamento di lavori, servizi e forniture in economia o attraverso procedimenti in somma urgenza e fino a 1 milione di euro; ancora, l’istituzione presso la Presidenza della Giunta Regionale del “Coordinamento regionale delle iniziative antiracket ed antiusura”, finalizzato all’attivazione di campagne di sensibilizzazione ed informazione sul territorio regionale circa tali problematiche nonché al coordinamento del lavoro di prevenzione e contrasto del racket. Ma fondamentale è il sostegno che immediatamente può essere dato alle vittime del racket grazie alla rete delle associazioni (a Napoli, tra le altre, si ricordano gli sportelli di SOS Impresa e Federazione delle Associazioni Antiracket e Antiusura Italiana). L’attenzione, l’ausilio immediato e la sensibilizzazione rimangono quindi fondamentali per affrontare il problema, al fine di evitare che legalità e civile convivenza siano pregiudicate da quella che può diventare altrimenti, citando Luciano De Crescenzo e una sua riflessione in un noto film e vera e propria contraddizione nei termini, “una tassa da pagare ad uno Stato di barbari”.
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Manifestazione anti racket |
Il racket ha cambiato forme esteriori in concomitanza dell’affermarsi di nuovi scenari malavitosi e non: l’ idea della “protezione” quale richiesta periodica di emolumenti in cambio di tranquillità ha cambiato volto per certi aspetti. Vuoi per la crisi economica, vuoi per una più efficace azione di contrasto delle forze dell’ordine, ormai le richieste estorsive tendono a camuffarsi nei modi più vari (dagli aiuti” a favore dei carcerati” al sostegno per fantomatiche feste rionali) e ad essere avanzate soltanto in occasioni di precise festività come Pasqua e Natale. E gli estorsori hanno dovuto, fortunatamente, anche fare i conti con il maggiore coraggio degli stessi taglieggiati, i quali in più episodi non hanno esitato a denunciare tutto, e sempre più con risultati eccellenti: basti pensare all’esempio di Ercolano, prima praticamente divisa tra le richieste di due agguerriti clan, oggi quasi del tutto liberata da questa schiavitù, e grazie soprattutto alla “ribellione” di tanti commercianti. Ma la semplice esaltazione a livello di spot può essere deleteria, perché può provocare la convinzione che la piaga delle estorsioni sia stata debellata del tutto e invece, purtroppo, in Campania non è ancora così.
Il ferimento di Ciro Moccia balza agli occhi sia per l’eccezionale violenza utilizzata (impressionante è stato il numero di proiettili sparati), ma ancor più inquietante è il fatto che Moccia non abbia ricevuto in precedenza richieste estorsive puntuali: forse la sola “colpa” è stata l’attivismo con il quale assiduamente l’imprenditore ferito partecipa alle iniziative antiracket, o peggio ancora la scelta di aver creato nuove attività commerciali senza dare lavoro ai “guaglioni”; e i timori aumentano laddove si provi che si sia trattato di episodio isolato, non manovrato dalla criminalità organizzata ma da “cani sciolti”, analogamente a quanto successe pochi mesi fa a danno di un noto negozio di giocattoli a Fuorigrotta con il grave ferimento di un poliziotto.
“In molti casi sottostare al ricatto diventa assuefazione al sistema, serve una svolta culturale”, ha precisato altresì il Prefetto di Napoli Gerarda Maria Pantalone. Ed allora è indispensabile garantire la conservazione della fiducia nelle istituzioni, comunque impegnate in iniziative antiracket: al riguardo si può ricordare la possibilità di accesso al Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive (L. 44 del 23/2/99) per un ambito di episodi particolarmente ampio (il risarcimento, infatti, è previsto anche nel caso in cui il danno non sia conseguente ad una richiesta estorsiva diretta, ma ad una condotta delittuosa a chiaramente finalizzata all'estorsione); l’operatività a Napoli di una serie di meccanismi premiali introdotti dalla Giunta comunale a favore di quelle imprese che abbiano denunciato il racket, come ad esempio la costituzione di un elenco dal quale il Comune potra’ selezionare operatori economici e imprese, specialmente per quanto concerne l'affidamento di lavori, servizi e forniture in economia o attraverso procedimenti in somma urgenza e fino a 1 milione di euro; ancora, l’istituzione presso la Presidenza della Giunta Regionale del “Coordinamento regionale delle iniziative antiracket ed antiusura”, finalizzato all’attivazione di campagne di sensibilizzazione ed informazione sul territorio regionale circa tali problematiche nonché al coordinamento del lavoro di prevenzione e contrasto del racket. Ma fondamentale è il sostegno che immediatamente può essere dato alle vittime del racket grazie alla rete delle associazioni (a Napoli, tra le altre, si ricordano gli sportelli di SOS Impresa e Federazione delle Associazioni Antiracket e Antiusura Italiana). L’attenzione, l’ausilio immediato e la sensibilizzazione rimangono quindi fondamentali per affrontare il problema, al fine di evitare che legalità e civile convivenza siano pregiudicate da quella che può diventare altrimenti, citando Luciano De Crescenzo e una sua riflessione in un noto film e vera e propria contraddizione nei termini, “una tassa da pagare ad uno Stato di barbari”.
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