di Germana Guidotti
Il mito della Sirena di Napoli, Partenope, nasce dalle credenze della popolazione di Cuma, prima colonia fondata in Campania dai Greci. I suoi abitanti, poi, si sarebbero diretti verso le terre più a Nord, spingendosi sino alle spiagge dell’attuale golfo di Napoli (che, non a caso, per un discreto lasso di tempo fu definito golfo cumano).
La storia di Partenope è piuttosto complessa, in quanto esistono svariate versioni che comunque la collocano tutte alle radici della fondazione storico-mitica di Napoli.
La Fontana della Sirena a Mergellina (NA) |
I neoarrivati cominciarono ad edificare case sul territorio compreso fra il monte Echia (l’odierno Monte di Dio), l’isolotto di Megaride e il leggendario fiume Sebeto, costruendo botteghe artigianali, impiantando attività del tutto simili a quelle praticate in madrepatria ed innalzando anche la prima cinta muraria difensiva per la città. Intanto Partenope aveva dato alla luce ben dodici figli ed era diventata una donna amata, stimata e rispettata dall’intera comunità per la pietà e la fedeltà mostrata. Grazie a lei si instaurò un periodo di pace e stabilità destinato a perdurare nel tempo, su un popolo che si distinse sempre per l’elevato grado di civiltà raggiunto.
La seconda versione è incentrata, invece, sulle vicende di Partenope Sirena, una creatura dotata delle classiche sembianze delle Sirene così come descritte e tramandate dai racconti omerici: metà umana e metà uccello. Infatti, i primi coloni Greci giunti sulle coste della Campania provenivano dall’isola di Rodi, e portarono con loro il culto orientale delle Sirene: esseri mitologici con la testa di donna e il corpo d’uccello (poi, solo successivamente, rappresentati metà donna e metà pesce), culto che si diffuse in tutto il Tirreno meridionale. Gli scogli delle Sirene, delle quali si parla anche nell’Odissea, sarebbero, secondo la leggenda, quelli di fronte a Positano oggi chiamati “Li Galli”, la cui denominazione originaria era appunto Sirenusse (ultimo proprietario fu il ballerino Rudolf Nuraiev). Pertanto, le origini di Napoli si intrecciano indissolubilmente con la storia, la leggenda ed il mito di Ulisse, delle cui più memorabili avventure la Campania è stata teatro. La Maga Circe, prima che egli riprendesse il suo viaggio alla volta del litorale campano, aveva messo in guardia Ulisse contro il canto delle Sirene ma, se avesse voluto ugualmente ascoltarlo, avrebbe dovuto turare con la cera le orecchie dei suoi compagni, pena la morte, e farsi legare all’albero maestro della nave. Nella luce abbagliante del Mezzogiorno, tali creature facevano sentire la loro melodiosa voce, nascondendo tra i fiori i resti dei marinai che non avevano resistito al loro richiamo e si erano schiantati con le proprie imbarcazioni, lasciandosi morire sugli scogli. I malcapitati, poi, divenivano il pasto delle malefiche creature.
Le perfide sirene, che cercavano di sedurre i malcapitati non solo con il canto ammaliante ma anche con le parole, promisero allo stesso Ulisse che gli avrebbero rivelato i segreti della conoscenza e di “tutto quello che avviene in ogni tempo e luogo della terra”. Ulisse, dal canto suo, cercò di liberarsi, ma i suoi compagni lo legarono più strettamente, così che la nave riuscì a passare oltre, portando tutti verso la salvezza.
E’ bene ricordare, inoltre, che le Sirene erano divine, ma non immortali: fallendo quindi il loro potere di incantatrici nei confronti di Ulisse, si uccisero precipitandosi dagli scogli, e Partenope era proprio una esse. Il suo corpo senza vita fu portato dalle correnti marine tra gli scogli di Megaride e lì gli abitanti la rinvennero, con gli occhi chiusi nel bianco del viso e i lunghi capelli che ondeggiavano nell’acqua. Venne poi posta in un grandioso sepolcro e venerata come una vera e propria dèa. La bella sirena, così, diede il nome al primo nucleo di pescatori che ivi sorse e divenne la protettrice del luogo, onorata con sacrifici e fiaccolate sul mare. La Sirena e la sua intera vita restituiscono oggi le forme, assolutamente poetiche, del paesaggio partenopeo: il capo ad oriente, ai piedi della collina di Sant’Aniello a Caponapoli e il piede ad occidente, ai piedi della collina di Posillipo (Piedigrotta).
È un importantissimo dato antropologico che, pur a distanza di secoli, gli abitanti di Napoli continuino a chiamarsi “partenopei”. Il momento della fondazione, infatti, nel mondo antico, ha sempre avuto le caratteristiche di un vero e proprio rituale: un sacrificio, una morte, un’alterità che crea un taglio netto col passato, a beneficio di una rinascita, della venuta di una nuova era.
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La Statua della Sirena a Varsavia |
Una leggenda popolare vuole che anche la capitale polacca, Varsavia, annoveri fra i suoi discendenti mitologici creature col corpo metà donna e metà pesce. Qui la tradizione vuole che la Sirena, proveniente dal Mar Baltico che bagna la penisola scandinava, risaliva la Vistola, il fiume più lungo che scorre in Polonia e che bagna la capitale prima di sfociare poi nella baia di Danzica, sempre nel Mar Baltico. Nuotando nelle acque di Varsavia, la Sirena venne catturata per essere mostrata nei mercati e nelle fiere locali, a mò di speciale attrazione. Soltanto il figlio di un pescatore, mosso a compassione, la liberò e lei, in segno di ringraziamento, gli assicurò aiuto e protezione laddove fosse stato necessario. Ecco perché oggi la Sirena di Varsavia appare raffigurata con spada e scudo: è armata per difendere la città.
Infine, l’ultima leggenda riguarda la capitale danese, Copenaghen, dove una statua della Sirena è situata all'ingresso del porto, di cui rappresenta uno dei simboli più suggestivi e famosi. Raffigura la protagonista, Sirenetta, di una delle più celebri fiabe di Hans Christian Andersen, “La sirenetta”, nella quale si narra dell'amore impossibile tra la giovane figlia del re del mare ed il bel principe terrestre.
La statua fu scolpita nel 1913 da E. Erksen che, dopo il rifiuto della ballerina scelta per posare per l'opera, chiese a sua moglie di fargli da modella. La scultura venne commissionata da Carl Jacobs, mecenate e proprietario della fabbrica di birra Carlsberg, profondamente colpito ed emozionato da un adattamento della fiaba come balletto, e da questi donata alla sua città per abbellirla. La dolce creatura del mare si trova all'imbocco del porto, sul molo di Langeline, quasi a voler accogliere i naviganti, vicino al Kastellet, una cittadella con bastioni e fortificazioni oggi trasformata in parco.
Adagiata su una sorta di scoglio con lo sguardo pieno di nostalgia rivolto verso il mare, sua dimora naturale, la piccola sirena è immortalata nel momento della sua metamorfosi, mentre la lunga coda di sirena lascia il posto a due gambe umane.
Insomma, il rapporto di reciprocità che si stabilisce con l’acqua, col mare come elemento naturale, fa sì che si instauri un legame strettissimo fra le città e le loro precipue attività di sostentamento, i loro miti e le loro credenze.
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