venerdì 26 febbraio 2016

A Napoli nasce "IL POGGIO": un raggio di sole in una buia caverna

di Gian Marco Sbordone

A Napoli, in Via Nuova Poggioreale, è stato aperto un nuovo polo enogastronomico. Si chiama “Il poggio”, un ex opificio abbandonato, un capannone di 1500 metri quadri che non solo fungerà da bar, pasticceria, forno e ristorante, ma ospiterà eventi sociali, musicali e culturali.
Giovani al lavoro nel nuovo polo eno-gastronomico
La notizia di questa apertura sembra poter avere lo stesso effetto di un raggio di sole in una buia caverna. Si perché la notizia, di per sé bella, positiva e rassicurante, diventa addirittura paragonabile ad un rischiarante raggio di luce se consideriamo: 1) che l’attività darà lavoro a circa 60 giovani; 2) che tra questi giovani taluni provengono da quartieri tristemente noti come Scampia, altri rappresentano esempi di marginalizzazione e sofferenza essendo extracomunitari scampati alla guerra o alla povertà, altri portatori di handicap; 3) il centro si aprirà nell’ex area industriale-Quartiere Poggioreale.

Il Ministro del lavoro Giuliano Poletti nel commentare lodevolmente l’iniziativa ha puntualizzato: “Quando parliamo di vicende che riguardano il Sud, non possiamo usare la categoria dell’emergenza, siamo di fronte all’esigenza di avere infrastrutture, occasioni che devono produrre un’aspettativa stabile: a me pare che Il Poggio sia un’iniziativa che realizza questa idea avendo una pluralità di obiettivi, ma allo stesso tempo puntando a cambiare strutturalmente le cose. Il bello è che dentro questo c’è la promozione di lavoro e di opportunità, offrendo un percorso di uscita dalla marginalità anche a chi viene da situazioni di svantaggio e puntando al recupero, alla e valorizzazione e alla rigenerazione di una parte della città“.
Il Poggio
Non dobbiamo, non possiamo nasconderci le difficoltà che sta vivendo la città. La disoccupazione è a livelli record e sempre più giovani si trasferiscono in altre zone d’Italia o all’estero. Tra essi partono anche numerosi ragazzi di solida preparazione professionale o scientifica. Essi sono frustrati, avviliti, non vorrebbero, ma devono partire. E così la nostra terra si impoverisce sempre di più, diventa terra arida, senza cultura, senza socialità, senza speranza. Ma non si vuole fare l’elenco delle calamità vecchie e nuove che attanagliano Napoli, elenco che sarebbe peraltro lungo e doloroso. Si è voluto citare però l’impoverimento sociale e culturale (e quindi umano) che occorrerebbe interrompere al più presto.

Ed è per questo che il polo enogastronomico di Poggioreale appare un raggio di luce in una buia caverna. Perché esso sembra andare proprio nella direzione giusta, quella del recupero della dignità delle persone, ma anche di un quartiere e dell’intera città. Ciò che bisogna auspicarsi, adesso, è che questa notizia non sia relegata nei fatti minori, ma abbia invece la meglio su altre tristi storie che guadagnano quotidianamente le prime pagine. Cari giornalisti e divulgatori vari, ve ne preghiamo, provate a parlare meno dei mali di Napoli e un po’ di più di quanto sta accadendo a Poggioreale, mentre diciamo grazie a chi ci ha creduto.

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