di Antonio Cimminiello
Tra le più formidabili risorse che un territorio possa presentare trova spazio quel turismo, inteso generalmente come “capacità di attrazione”, che si traduce non solo nelle bellezze naturalistiche ed architettoniche, ma anche nella presenza di luoghi di aggregazione rivolti a tutti, cittadini e turisti: ed è questo senza dubbio il caso di Napoli. Ma una tale risorsa può addirittura divenire un’arma a doppio taglio, in assenza o mancata attuazione di un’adeguata regolamentazione quanto meno in grado di assicurare una civile e pacifica fruibilità.
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Il popolo della movida napoletana |
Solo poche settimane fa si è registrato un nuovo caso di “movida selvaggia”, con l’accoltellamento a danno di un ventitreenne in Via Bisignano, nella nota zona dei baretti di Chiaia, in grado di attrarre ogni week-end moltitudini di giovani e meno giovani in cerca di svago.
Un episodio che però rappresenta solo la punta dell’iceberg, questione aggravata da ulteriori condizioni evitabili: ad una microcriminalità sempre più diffusa e pericolosa in quanto mirata a “colpire nel mucchio” si aggiunge il mancato rispetto di normative specifiche, come dimostrato dalla persistenza di locali privi di sistemi di insonorizzazione o “distributori” di alcolici e musica ad altissimo volume, oltre i limiti di tempo previsti o, peggio, in assenza di autorizzazioni indispensabili per la sicurezza degli stessi avventori (depositi trasformati, locali pieni fino all’inverosimile, ecc.). Ed è facile che in queste condizioni sia messa a repentaglio l’incolumità di tutti, fino ad arrivare agli stessi residenti.
La risposta delle istituzioni per fortuna non si è fatta attendere: se finora la pur rigorosa regolamentazione predisposta dal Comune di Napoli -tra i cui aspetti si ricorda il divieto di trasportare prodotti in vetro al di fuori della cosiddetta zona Cosap (canone occupazione spazio aree pubbliche), nonché il divieto di apertura dei locali commerciali oltre le 3 del mattino- è stata per certi versi vanificata dall’assenza di controlli, la Questura partenopea ha dato attuazione al Progetto Aracne: in sostanza, individuate le zone della città maggiormente frequentate e quelle afflitte statisticamente dal maggior numero di reati predatori o altri fatti di violenza, e stabiliti contatti con i cittadini locali per una migliore conoscenza della zona e relative criticità, si istituiscono presso le stesse presidi fissi delle forze dell’ordine, in modo da assicurare, ove necessario, interventi mirati e soprattutto immediati, come dimostrato comunque dai risultati ottenuti già in precedenza (il Progetto Aracne nasce infatti già tre anni fa e riguarda l’intera città di Napoli).
In attesa di ulteriori e nuove ordinanze sindacali ad hoc, deve restare alta l’attenzione: “godersi” Napoli significa contribuire alla realizzazione anche della propria persona, passando per quel
“diritto ad essere felici” ormai legalmente affermato, ma ciò non può assolutamente comportare il sacrificio di incolumità pubblica e sicurezza urbana.
Un episodio che però rappresenta solo la punta dell’iceberg, questione aggravata da ulteriori condizioni evitabili: ad una microcriminalità sempre più diffusa e pericolosa in quanto mirata a “colpire nel mucchio” si aggiunge il mancato rispetto di normative specifiche, come dimostrato dalla persistenza di locali privi di sistemi di insonorizzazione o “distributori” di alcolici e musica ad altissimo volume, oltre i limiti di tempo previsti o, peggio, in assenza di autorizzazioni indispensabili per la sicurezza degli stessi avventori (depositi trasformati, locali pieni fino all’inverosimile, ecc.). Ed è facile che in queste condizioni sia messa a repentaglio l’incolumità di tutti, fino ad arrivare agli stessi residenti.
La risposta delle istituzioni per fortuna non si è fatta attendere: se finora la pur rigorosa regolamentazione predisposta dal Comune di Napoli -tra i cui aspetti si ricorda il divieto di trasportare prodotti in vetro al di fuori della cosiddetta zona Cosap (canone occupazione spazio aree pubbliche), nonché il divieto di apertura dei locali commerciali oltre le 3 del mattino- è stata per certi versi vanificata dall’assenza di controlli, la Questura partenopea ha dato attuazione al Progetto Aracne: in sostanza, individuate le zone della città maggiormente frequentate e quelle afflitte statisticamente dal maggior numero di reati predatori o altri fatti di violenza, e stabiliti contatti con i cittadini locali per una migliore conoscenza della zona e relative criticità, si istituiscono presso le stesse presidi fissi delle forze dell’ordine, in modo da assicurare, ove necessario, interventi mirati e soprattutto immediati, come dimostrato comunque dai risultati ottenuti già in precedenza (il Progetto Aracne nasce infatti già tre anni fa e riguarda l’intera città di Napoli).
In attesa di ulteriori e nuove ordinanze sindacali ad hoc, deve restare alta l’attenzione: “godersi” Napoli significa contribuire alla realizzazione anche della propria persona, passando per quel
“diritto ad essere felici” ormai legalmente affermato, ma ciò non può assolutamente comportare il sacrificio di incolumità pubblica e sicurezza urbana.
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