di Gian Marco Sbordone
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Forcella |
La vicenda ebbe un’ enorme eco a Napoli e in tutta Italia. Fu il padre di Annalisa, Giovanni, ad impressionare particolarmente l’opinione pubblica con la sua reazione straziata e allo stesso tempo dignitosa. Giovanni, un uomo semplice, figlio di quel quartiere, ancor di più impressionò per la carica che mise nelle iniziative di cui si rese protagonista per risvegliare le coscienze nella nostra martoriata città intorno al tema della barbara violenza, che può strappare alla vita, da un momento all’altro, una giovane innocente. Molto fecero anche la Chiesa e il Comune: l’ intitolazione di una scuola, una biblioteca, e poi convegni, dibattiti e tanto altro.
A dodici anni di distanza, un’ altra lodevole iniziativa viene proposta presso la biblioteca: numerosi scrittori depositano libri con dedica per la ragazza. E’ anche questo un modo per non dimenticare, per proporre la cultura e la solidarietà in un contesto di degrado e di violenza che continua ad affliggere il quartiere e l’ intera città in forme barbare e devastanti. Hanno aderito in molti, come molti aderirono negli anni successivi al tragico evento e ciò è sicuramente motivo di soddisfazione e di speranza. Non possiamo non rilevare, tuttavia, come da allora non sembra sia cambiato molto. A Napoli si continua ad ammazzare per strada e si continua a rischiare di morire per nulla, per essere, ancora, nel posto sbagliato al momento sbagliato.
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Annalisa Durante |
Non bisogna abbattersi però, bisogna insistere, coinvolgendo sempre più persone a tutti i livelli, sempre più giovani in progetti di educazione che siano in grado di sfondare un muro che al momento sembra invalicabile. Abbiamo il dovere di farlo. Annalisa non può essere morta senza che nulla sia cambiato, né abbia la possibilità di cambiare. Dobbiamo crederci.
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