di Danilo D'Aponte
Vedi Napoli e poi muori? Lungi da me il voler esser così cinico, no, fortunatamente sono ancora molti di più gli aspetti positivi del vivere in Italia che quelli negativi, però bisogna essere realisti, di motivi per esser scontenti ce ne sono, e anche una ricerca internazionale l'ha dimostrato. Almeno per quel che riguarda la longevità. A Napoli, come del resto per tutto il Sud Italia si vive meno e peggio che al Nord Italia, stando ai dati sulla longevità.
La Campania (con, purtroppo, Napoli in testa) guida le fila di Regione con più basso tasso di sopravvivenza, a farle compagnia c'è la Sicilia. Insomma, le due belle regioni sono quelle con il più basso tasso di sopravvivenza, e a poco servono in questo caso il mare, il sole e stati d'animo universalmente noti come più spensierati.
Cosa provoca questa disparità? Presto detto: zone industriali che si inerpicano dai tessuti urbani (pensiamo alla "Terra dei fuochi"), magari non è così esplicito il Journal of Epidemiology and Community Health, che ha analizzato lo stile di vita degli ultimi 20 anni, influenzati negativamente dai cattivi stili di vita.
La Campania (con, purtroppo, Napoli in testa) guida le fila di Regione con più basso tasso di sopravvivenza, a farle compagnia c'è la Sicilia. Insomma, le due belle regioni sono quelle con il più basso tasso di sopravvivenza, e a poco servono in questo caso il mare, il sole e stati d'animo universalmente noti come più spensierati.
Cosa provoca questa disparità? Presto detto: zone industriali che si inerpicano dai tessuti urbani (pensiamo alla "Terra dei fuochi"), magari non è così esplicito il Journal of Epidemiology and Community Health, che ha analizzato lo stile di vita degli ultimi 20 anni, influenzati negativamente dai cattivi stili di vita.
Gli esperti la chiamano "altalena della longevità", e tradotto significa che in Europa si viva più a lungo nel nord della Spagna, nel nord-est dell'Italia e nel sud-ovest della Francia, mentre va meno bene per gli abitanti di Paesi Bassi, della Scandinavia e del Regno Unito, dove c'è una delle percentuali più alte di popolazione che vive in aree con bassa probabilità di invecchiare.
Ma come si è svolta la ricerca? I ricercatori hanno analizzato il tasso di sopravvivenza a 10 anni, in particolar modo delle persone tra i 75 e gli 84 anni, raggiungendo la fascia degli 85-94 in 4.404 piccole aree di 18 paesi europei.
I periodi presi in analisi, per quel che riguarda i tassi di sopravvivenza, sono dal 1991 al 2001 e dal 2001 al 2011, escludendo Grecia, Cipro, Germania, Irlanda e i recenti membri Ue dell'Europa dell'Est, per dati insufficienti, includendo invece Norvegia, Svizzera, Andorra, Liechtenstein e San Marino, perché confinanti con Paesi dell'Unione europea.
Nel periodo che va dal '91 al 2001, mediamente, la percentuale di uomini di 75/84 anni che sono vissuti almeno altri 10 anni in più è stata del 27%, mentre tra le donne si sale al 40%.
Nell'altro periodo d'analisi (2001-2011), i tassi di sopravvivenza sono aumentati, raggiungendo, con distinzioni geografiche, il 34% per gli uomini e il 47% per le donne. Infatti, per le donne, nel 2001 si contavano 35 aree di bassa sopravvivenza e 45 di alta. Simile era la distribuzione maschile.
A queste aree va aggiunto il Nord-Est d'Italia (Emilia Romagna e Veneto) per quelle virtuose e Spagna del Sud, Napoli e la Sicilia tra quelle con un basso tasso di sopravvivenza.
Tuttavia anche le aree di alta sopravvivenza del Nord-Est d’Italia rispetto al 2001 si sono ridotte considerevolmente. Gli studiosi concludono, infatti, dicendo che: “molti fattori influenzano la longevità: le circostanze socio-economiche, i geni, gli stili di vita, l’inquinamento e l’accesso alle cure sanitarie» [...] «È probabile che i modelli osservati derivino da una combinazione di 2 tipi di determinanti della salute: la povertà (il che spiega come la longevità bassa si trovi in aree come Portogallo, sud della Spagna, Italia meridionale e zone post-industriali), e stili di vita non salutari (per esempio il consumo di tabacco, o una dieta non bilanciata), che potrebbe spiegare la presenza di aree a bassa sopravvivenza in zone ricche della Scandinavia o Paesi Bassi”.
Ma come si è svolta la ricerca? I ricercatori hanno analizzato il tasso di sopravvivenza a 10 anni, in particolar modo delle persone tra i 75 e gli 84 anni, raggiungendo la fascia degli 85-94 in 4.404 piccole aree di 18 paesi europei.
I periodi presi in analisi, per quel che riguarda i tassi di sopravvivenza, sono dal 1991 al 2001 e dal 2001 al 2011, escludendo Grecia, Cipro, Germania, Irlanda e i recenti membri Ue dell'Europa dell'Est, per dati insufficienti, includendo invece Norvegia, Svizzera, Andorra, Liechtenstein e San Marino, perché confinanti con Paesi dell'Unione europea.
Nel periodo che va dal '91 al 2001, mediamente, la percentuale di uomini di 75/84 anni che sono vissuti almeno altri 10 anni in più è stata del 27%, mentre tra le donne si sale al 40%.
Nell'altro periodo d'analisi (2001-2011), i tassi di sopravvivenza sono aumentati, raggiungendo, con distinzioni geografiche, il 34% per gli uomini e il 47% per le donne. Infatti, per le donne, nel 2001 si contavano 35 aree di bassa sopravvivenza e 45 di alta. Simile era la distribuzione maschile.
A queste aree va aggiunto il Nord-Est d'Italia (Emilia Romagna e Veneto) per quelle virtuose e Spagna del Sud, Napoli e la Sicilia tra quelle con un basso tasso di sopravvivenza.
Tuttavia anche le aree di alta sopravvivenza del Nord-Est d’Italia rispetto al 2001 si sono ridotte considerevolmente. Gli studiosi concludono, infatti, dicendo che: “molti fattori influenzano la longevità: le circostanze socio-economiche, i geni, gli stili di vita, l’inquinamento e l’accesso alle cure sanitarie» [...] «È probabile che i modelli osservati derivino da una combinazione di 2 tipi di determinanti della salute: la povertà (il che spiega come la longevità bassa si trovi in aree come Portogallo, sud della Spagna, Italia meridionale e zone post-industriali), e stili di vita non salutari (per esempio il consumo di tabacco, o una dieta non bilanciata), che potrebbe spiegare la presenza di aree a bassa sopravvivenza in zone ricche della Scandinavia o Paesi Bassi”.
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