mercoledì 30 marzo 2016

Napoli: il “caso” San Gennaro

di Antonio Cimminiello

Solo alcuni giorni fa un vespaio di polemiche si è sollevato, fino a tradursi in manifestazioni di piazza e flash-mob, con alla base un unico leit-motiv: “difendere” San Gennaro. Ma cosa è “successo” esattamente al santo patrono di Napoli? Tutto ha origine con l’emanazione di un decreto del Ministero dell’Interno, il quale è intervenuto direttamente sulla natura giuridica della antichissima Deputazione della Cappella del Tesoro di San Gennaro.


Nonostante soltanto nel 2004 ne fosse stata riconosciuta la personalità giuridica civile, con il nuovo provvedimento ministeriale, invece, è stato disposto per la Deputazione il nuovo e diverso status di “fabbriceria”: in parole povere, la Deputazione diviene mero ente di custodia e conservazione di luoghi sacri, ma il vero pomo della discordia non è tanto rappresentato dalla nuova veste giuridica (tra l’altro la Deputazione ha sempre avuto come compito precipuo la custodia delle reliquie di San Gennaro) quanto piuttosto dalle conseguenze di questa riqualificazione. Infatti, a scomparire sarebbero una serie di previsioni dipendenti essenzialmente dal suo tradizionale carattere laico, e tra le novità ci sarebbe- e su questo infiamma principalmente la polemica- il riconoscimento di una sorta di “ingerenza” della Curia, che acquisirebbe il diritto di nomina di un terzo dei componenti dell’ente (attualmente presieduto per statuto dal sindaco di Napoli) per qualcuno vero e proprio vulnus all’indipendenza dello stesso.

In sostanza, verrebbe stravolto quell’ordine di competenze confermato più volte in passato anche per il tramite di bolle papali e che aveva inteso espressamente riconoscere autonomia alla Deputazione. Tale organismo in realtà negli anni, fin dal lontano 1527- anno di istituzione a seguito della conclusione del noto “contratto” tra il Santo e Napoli, che comportava la costruzione dell’odierna Cappella in cambio della difesa della città- è andata ben oltre il semplice ruolo di depositaria dei segni tangibili del Santo, assumendo al contrario una posizione anche dinamica, volta alla valorizzazione e diffusione del culto e delle sue testimonianze ,come confermato dall’apertura nel 2003 del Museo del Tesoro di San Gennaro.

A prescindere dalle varie motivazioni addotte –tra l’altro la stessa Curia, seppur indirettamente, ha dimostrato di non gradire tanto tutta questa improvvisa “attenzione”, ritenuta più che altro idonea a ingenerare una “lotta per le cariche” assolutamente fuori luogo- sembra però che il provvedimento ministeriale abbia peccato di superficialità, non avendo tenuto conto effettivamente di cosa negli anni la Deputazione sia diventata per Napoli, e cioè un vero e proprio elemento di raccordo tra San Gennaro e la città. Una città dove, tra l’altro, il relativo culto assume una particolarità, visto che si parla di un vero e proprio “santo civico”, parte di un profondo rapporto non esclusivamente religioso ed espressione per eccellenza dell’identità napoletana.

Sono già stati annunciati ricorsi al TAR verso il decreto “incriminato”, ma la speranza è che a prevalere alla fine sia semplicemente la ragionevolezza nonché il rispetto per la tradizione partenopea, che certo non può venir meno per semplici esigenze economico-giuridiche.

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