di Antonio Lepre
La Città di Napoli ha festeggiato, forse non nel pieno rispetto dovuto, il quarantanovesimo anno della dipartita di Antonio De Curtis, in arte Totò. Il principe della risata scomparve il 15 aprile del 1967 stroncato da un infarto dopo una lunga agonia. Totò ebbe tre funerali, il primo a Roma nella chiesa di Sant’Eugenio, mentre il secondo lo ebbe a Napoli. Quest’ultimo fu un funerale veramente cittadino, infatti oltre a partecipare i grandi nomi dello spettacolo napoletano, e non solo, partecipò un’intera popolazione; le cronache dell’epoca parlavano di circa duecento cinquanta mila persone presenti al funerale nella Città di Napoli. Il terzo ed ultimo funerale lo ebbe nel suo quartiere, il Rione Sanità, funerale quest’ultimo voluto dal guappo del Rione, ma la bara era vuota. In ultima istanza, per quanto riguarda la morte di Totò, è interessante ricordare le parole che Eduardo De Filippo gli rivolgeva sulle pagine del quotidiano romano Paese Sera nell’articolo dal titolo E’ morto Totò.
"Oggi è morto Totò. E io, quattordicenne di nuovo, a passo lento risalgo la via Chiaia, e giù per il Rettifilo, attraverso piazza Ferrovia. Entro per la porta del palcoscenico di quello sporco locale che a me pare bello e sontuoso, raggiungo il camerino, mi siedo e mentre aspetto ascolto a distanza la sua voce, le note della misera orchestrina che lo accompagna e l’uragano di applausi che parte da quella platea esigente e implacabile a ogni gesto, ogni salto, ogni contorsione, ogni ammiccamento del “guitto”. Do un’occhiata attorno; il fracchettino verde, striminzito, è lì appeso a un chiodo: accanto c’è quello nero. Quello rosso glielo vedrò indosso tra poco, quando avrà terminato il suo numero. I ridicoli cappellini… A bacchetta, a tondino… e nero, marrone, e grigio… sono tutti allineati sulla parete di fronte. ..Manca il tubino: lo vedrò tra poco. Il bastoncino di bambù non c’è: lo avrà portato in scena. E lì, sulla tavoletta del trucco? Cosa c’è in quel pacchetto fatto con la carta di giornale? È la merenda, pane e frittata. E la miserabile musica continua, e la sua voce diventa via via ansiosa di trasportare altrove quella orchestrina, di moltiplicarla. Dal bugigattolo dove mi trovo non mi è dato vederlo lavorare, ma di sentirlo e immaginarlo com’è, come io lo vedo come vorrei che lo vedessero gli altri. Non come una curiosità da teatro, ma come una luce che miracolosamente assume le fattezze di una creatura irreale che ha facoltà di rompere, spezzettare e far cadere a terra i suoi gesti e raccoglierli poi per ricomporli di nuovo, e assomigliare a tutti noi, e che va e viene, viene e va, e poi torna sulla Luna da dove è disceso. Ora sono travolgenti gli applausi e le grida di entusiasmo di quel pubblico: il numero è finito. Un rumore di passi lenti e stanchi si avvicina, la porticina del bugigattolo viene spinta dall’esterno. Egli deve aprire e chiudere più volte le palpebre e sbatterle per liberarle dalle gocce di sudore che gli scorrono giù dalla fronte per potermi vedere e riconoscere, e finalmente dirmi: ” Edua’, stai cca’! ” E un abbraccio fraterno che nel tenerci per un attimo avvinti ci dava la certezza di sentire reciprocamente un contatto di razza. E le quattro chiacchiere, quelle riguardavano noi due, le abbiamo fatte ancora per anni, fino a pochi giorni fa".
Parole migliori per celebrare l’anniversario della scomparsa di Totò non si possono trovare. Tutto è stato detto dal grande Eduardo.
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