venerdì 29 aprile 2016

Viaggio nel Centro Direzionale di Napoli

di Marcello de Angelis


Una cabina telefonica fatta a pezzi che potremmo definire come la cosiddetta “ciliegina sulla torta”, o in modo più letterario, “la punta dell’iceberg”. La ciliegina in questione si trova di fronte al Nuovo Palazzo di Giustizia di Napoli e l’iceberg di cui sopra è la misura del livello di abbandono e degrado in cui è impietosamente sprofondato il Centro Direzionale nella cui zona orientale sorge, appunto, il Tribunale.

Il Centro Direzionale di Napoli
Il Centro Direzionale: quell’agglomerato urbano sito a ridosso della Stazione Centrale, nel quartiere di Poggioreale, formato quasi interamente da grattacieli, unico nel suo genere sia in Italia che in Europa meridionale. Fu concepito sostanzialmente come un’enorme operazione finanziaria finalizzata allo sviluppo di quel particolare sistema economico nato nella metà del secolo scorso e che si basava sui cosiddetti affitti immobiliari ad uso “pluridirezionale”. Le sue origini risalgono alla metà degli anni sessanta, quando il Comune di Napoli individuò nella zona orientale della città un’area industriale dismessa dell’estensione di circa 110 ettari, il luogo giusto per la costruzione di una vera e propria Cittadella Giudiziaria da adibire prevalentemente ad uso uffici con l’ulteriore risultato di urbanizzare quei territori liberati immediatamente dopo i bombardamenti del 1943 nell’area di Poggioreale.

Le torri ENEL
Nel 1982, dopo numerosi progetti bocciati, l’opera fu affidata al famoso architetto giapponese Kenzo Tange, mentre la progettazione degli altri grattacieli venne affidata ad architetti di fama internazionale come Renzo Piano, Nicola Pagliara e Massimo Pica Ciamarra. All’ingegnere Corrado Beguinot spettò il compito di progettare la Torre Telecom Italia, la più alta con i suoi 129 metri d’altezza. Il Centro Direzionale fu quindi inaugurato, ancora incompleto, il 14 maggio 1988 in presenza dell’allora Presidente del Consiglio dei Ministri, Ciriaco De Mita. Strutturalmente diviso in “isole” contrassegnate dalla lettera A alla G, è caratterizzato dallo “skyline” delle Torri gemelle Enel che ne disegnano virtualmente la porta d’ingresso oltre la quale parte un asse viario centrale sul quale si susseguono una serie di piazze, alcune delle quali adornate da fontane.

Al suo interno vennero col tempo decentrati oltre ai tanti palazzi ad uso abitativo, diversi enti pubblici, le sedi del Consiglio e della Giunta regionale della Campania, negozi di vario tipo, dalle cartolerie alla ristorazione passando per l’abbigliamento, una sede dell’Università degli Studi di Napoli “Parthenope”, una Chiesa con forme avveniristiche realizzata dall’architetto Pierluigi Spadolini, fino alla costruzione dell’attuale Palazzo di Giustizia. Esso può a ben ragione definirsi come il primo esempio di separazione netta tra un’area pedonale superficiale e il traffico automobilistico sotterraneo, essendo stato ideato su due piani distinti, legati attraverso scale mobili ed ascensori. Ai lati della rete stradale che attraversa tutta l’area sottostante sono stati ricavati una serie di parcheggi e la stazione della Circumvesuviana.

Pavimentazione in rovina al CDN
Visto dall’alto, il Centro Direzionale offre un suggestivo “colpo d’occhio” con la contrapposizione del suo moderno gruppo di grattacieli inserito nella parte antica di Napoli. Visto dal suo interno si presenta invece con uno spettacolo connotato da aspetti fortemente negativi. Innanzitutto, incredibile a dirsi per una struttura relativamente recente, il complesso è stato oggetto di un enorme errore progettuale iniziale essendo stato costruito sulla foce del fiume Sebeto, zona di conseguenza paludosa. A seguito di ripetute cementificazioni e deviazioni lungo il suo percorso, di tale corso d’acqua non resta che un fiumiciattolo, ma assolutamente in attività, tanto che lo stesso, spingendo dal basso genera veri e propri allagamenti nella parte sotterranea dei parcheggi dovuti alle continue infiltrazioni nelle pareti e provoca profonde crepe nella pavimentazione della parte sovrastante in quasi tutte le isole. Infatti, nel suo sottosuolo sono al lavoro di continuo le idrovore, onde evitare l’inondazione delle strade circostanti. Recenti studi hanno dimostrato inoltre che tutta l’area sprofonda di qualche centimetro ogni anno.


Ma oltre al disastro progettuale summenzionato, il Centro Direzionale è fortemente criticato, in primis proprio dai suoi stessi abitanti e da chi giornalmente vi lavora, anche per l’evidente stato di degrado in cui versa. In effetti esso mostra un evidente stato di trascuratezza: sporcizia e incuria si possono rilevare in ogni angolo, residui di spazzatura disseminata un po’ ovunque tra aiuole, fioriere e fontane già di per sé sporche. Gli ascensori che portavano dal piano pedonale a quello stradale sottostante sono quasi tutti bloccati e le scale mobili ferme o devastate, divenute ricettacolo per rifiuti di ogni tipo e utilizzate come quartier generale dagli zingari. Già dalle ore tardo pomeridiane, si presenta come una zona socialmente degradata e abbandonata a sé stessa, ad alto rischio di rapine. Ciò perché il complesso è scarsamente illuminato, assolutamente privo di controlli, tanto da rendere pericolosissimi soprattutto i parcheggi sotterranei. La zona centrale dei giardinetti poi, che potrebbe costituire un’area per il divertimento dei più piccoli, è divenuta inaccostabile per la continua presenza di figure poco raccomandabili. A chi dare la colpa di un simile spettacolo di totale abbandono? Nella struttura lavorano diversi soggetti atti a fornire servizi di pulizia e manutenzione come l’Asia e la Napoli Servizi che, sottoposti a tale domanda rispondono con un impetuoso turbinìo di “competenze”. La Napoli Servizi ha affermato che la pulizia delle fontane e delle aiuole non rientra nelle sue competenze, così come deve occuparsi delle potature e innaffiature del verde pubblico ma non anche della raccolta della spazzatura depositata in aiuole e fioriere. Oggi, con la presenza del Comune nelle aree pubbliche, occorre ancor più collaborazione, dialogo e sinergia tra le forze in campo per assicurare piena vivibilità alla Cittadella. Il bene collettivo è da mettere sempre al primo posto e al di sopra di tutto e di tutti, cercando di evitare l’inevitabile valzer di competenze che si viene a scatenare quando cambia lo scenario e si passa da un panorama comodo ed edonistico di “costruire” o “inaugurare” a quello più insidioso e meno di facciata di “riparare” o “chiudere”. Il progetto futuro è quello di espandere ancora il Centro Direzionale verso la sua parte posteriore al posto dell’odierno mercato ortofrutticolo, con la nascita di servizi per l’intrattenimento ed aree verdi, tra cui un laghetto dotato di chalet, una piscina coperta e attrezzature sportive. Ma l’idea, la convinzione e la certezza rimangono sempre le stesse: è anormale anche solo pensare di portare avanti un tale progetto già attualmente fallimentare in una città dove esistono ancora impalcature risalenti ai danni causati dal terremoto del 1980. È lampante che al giorno d’oggi, anziché investire ulteriori fondi pubblici in una nuova opera, sarebbe meglio ristrutturare e portare la vita cittadina ad un livello di “normalità” pari a qualsiasi altra città italiana, anziché costruire opere avveniristiche e mastodontiche per poi abbandonarle ad un disfacimento inevitabile.

Con una probabilità quasi pari alla certezza nel mentre queste righe vengono scritte quella cabina telefonica fatta a pezzi sarà già stata riparata e messa in funzione, ma solo perché si trova nel centro di una piazza frequentata ogni giorno da migliaia di professionisti: Avvocati, Magistrati, Praticanti e tutto l’universo che ruota intorno ad un Tribunale imponente come quello napoletano. Sicuramente la visione d’insieme sarà di nuovo ripristinata e la punta dell’iceberg sarà stata limata. Già, ma l’intero ghiacciaio di decadenza urbana e sub-urbana permane in tutta la sua fatiscenza.

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