di Antonio Cimminiello
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Al Pacino |
Ha sfiorato i contorni del vero e proprio scontro tra istituzioni la recente querelle circa la possibile partecipazione al Napoli Teatro Festival del divo hollywoodiano Al Pacino. Tutto ha avuto inizio nei primi giorni dello scorso Aprile, quando trapelò la notizia di un possibile contatto tra Franco Dragone, direttore artistico del NTFI nonché illustre regista italo-belga (noto per l’organizzazione del Cirque du Soleil) e lo staff dell’indimenticato protagonista di “Scarface” e “Profumo di donna”. Ciò che aveva principalmente scosso l'opinione pubblica al riguardo era la presunta entità del cachet (previsto per la partecipazione di due giorni, intorno alla metà di Giugno), pari a più di 700.000 Euro circa, apparsi chiaramente eccessivi ad una Regione bisognosa di fondi per risolvere problemi strutturali ormai atavici (basti pensare soltanto alla drammatica situazione dei trasporti). Probabilmente, è proprio questo il motivo che ha suscitato nel giro di pochissimi giorni l’intervento, sulla questione, dello stesso Governatore della Campania Vincenzo De Luca, che ha affermato espressamente la sua contrarietà al progetto: “Credo che dobbiamo trovare un punto di equilibrio tra presenze che valorizzino gli eventi e risorse disponibili”, le sue testuali parole. La posizione di De Luca è stata poi condivisa anche dal presidente del CDA del Napoli Teatro Festival Luigi Grispello, ma non dal filosofo e consigliere culturale del Governatore Sebastiano Maffettone, al punto da spingere quest’ultimo a richiedere pubblicamente un “chiarimento” al presidente De Luca. Strappo istituzionale? Ciò che è certo è che soltanto il 19 Aprile De Luca è intervenuto nuovamente, questa volta dando il benestare alla partecipazione di Pacino a fronte, però, della sponsorizzazione dell’evento da parte di imprenditori privati. Nonostante la disponibilità dell’imprenditore Floro Flores (noto per essere stato l’autore della “rinascita” dello Zoo di Napoli) ed un riavvicinamento della controparte con la riduzione del cachet originario, alla fine si è giunti ad un solo esito: Al Pacino non ci sarà, ancora troppo alti i costi della partecipazione, che certo non possono essere abbattuti altrimenti (inconcepibile tra l’altro un aumento vertiginoso dei prezzi dei biglietti). Sembra così risolversi -con la prevalenza dell’interesse di preservare le casse regionali- quella che in realtà è apparsa come una diatriba non tanto tra politici e personalità quanto piuttosto tra diversi modi di intendere la cultura, l’uno che strizza l’occhio anche a spettacolo e mondanità, l’altro più attento alle esigenze di bilancio.
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