mercoledì 29 giugno 2016

Napoli: la Chiesa dell’Immacolatella a Pizzofalcone tra storia e degrado

di Marcello de Angelis

Parthenope
Ci sono luoghi che più di altri rappresentano una storia. Posti in cui è accaduto qualcosa di unico e di grande o, più semplicemente, posti dove ha soggiornato una particolare celebrità. Poi ce ne sono altri: quelli che rappresentano “la Storia”, con la “S” maiuscola, come quella delle origini della città di Napoli, tra cui troviamo, senza ombra di dubbio, la Chiesa “dell’Immacolatella a Pizzofalcone”. Sita nella parte orientale del Monte Echia (la collina dove nacque il mito di Parthenope), alle spalle del belvedere che, insieme a Palazzo Carafa di Santa Severina, costituisce il primo insediamento urbano di Napoli risalente all’inizio del Cinquecento.

Il curioso nome di “Pizzofalcone” risale invece al Duecento, quando il re Carlo I d’Angiò decise di praticare proprio su quest’altura la caccia col falcone, facendovi costruire per l’occasione una importante falconiera. Lo sviluppo della zona ebbe inizio a partire dal XVI secolo con la costruzione di ville nobiliari e complessi conventuali come quello della Nunziatella, di Santa Maria degli Angeli e di Santa Maria Egiziaca.

Vista della Chiesa dell'Immacolatella
La Chiesa venne costruita probabilmente nel XVI secolo e prese il nome di “Regia Cappella del Santissimo Rosario”. Solo due secoli dopo cominciò ad essere citata come “Santuario parrocchiale dell’Immacolata” o “Immacolatella”. Per la gente del luogo, tuttavia, resta la “Chiesa delle Montagnelle”, così come veniva abitualmente definita tutta la zona del Monte Echia.

Nel 1857, per volontà del re Ferdinando II (così come descritto nell’iscrizione in bassorilievo posta sul portale d’ingresso) venne integralmente ristrutturata anzi, per essere precisi, venne proprio ridisegnata con una struttura più ampia, a “croce greca”, e ricostruita dall’architetto Francesco Jaoul che andò a demolire la precedente struttura.

Alcuni scritti del 1856 testimoniano che al suo interno vi erano disposti cinque altari di marmo pregiato, raffinate statue poste in appositi incavi ed in bella mostra alle pareti, tele di Raffaele Spanò e Giovanni Girosi. Come ulteriore elemento atto ad impreziosire tutto ciò, bastava salire le scale che portavano all’ingresso per poter ammirare l’incredibile vista mozzafiato sull’intero golfo: da punta Campanella a Mergellina con Castel dell’Ovo al centro che, a picco sul mare, completava l’opera.

Era davvero bella la “Chiesa delle Montagnelle”! E mantenne tale bellezza fino al 1943, anno in cui una bomba piovuta dal cielo durante i raid aerei anglo-americani sulla città, la colpì in pieno. Venne però ben presto restaurata e riaperta nel primo dopoguerra. Purtroppo però, in seguito al terremoto dell’Irpinia del 1980, il Santuario fu dichiarato “soggetto a seri problemi di agibilità”, per poi essere chiuso e abbandonato.

Il degrado della chiesa dell'Immacolatella
Da quel momento un inspiegabile abbandono da parte delle autorità amministrative ne decretò una inevitabile fine ed oggi, a distanza di quasi 30 anni, è ancora chiusa e versa in un pessimo stato di conservazione: di quella Chiesa tanto amata dagli abitanti della zona non resta che un fatiscente rudere! E il pericolo statico, incombente quando venne sgomberata, è presente ancora oggi con l’aggravante che ormai la struttura è completamente devastata, abbandonata e vandalizzata. E proprio per evitare danni ad incauti visitatori le due scalinate d'accesso sono bloccate da muri di mattoni e lo stesso portone è schiacciato da una parete di cemento. Al suo interno copiose infiltrazioni d’acqua hanno spaccato e ricoperto di muschio i muri perimetrali ed evidenti segni di crollo sono visibili ovunque.

Quei preziosi altari sopradescritti giacciono sepolti da cumuli di detriti, sporcizia e calcinacci piovuti dalle pareti; le statue e i dipinti sono misteriosamente scomparsi nel silenzio più totale e sull’altare maggiore il Tabernacolo è stato forzato e il marmo frantumato. L'antica porta di legno è letteralmente sradicata e il pavimento è ormai sepolto da resti di “visite non autorizzate” da parte di clochard, tossicodipendenti e animali randagi. I banchi in legno sono stati ammassati in malo modo e senza alcun motivo su di un lato della navata.

Napoli, con il suo centro storico più grande d'Europa, è senza dubbio un coacervo di splendidi tesori, questo è lampante! Ma molti di essi, versano in uno stato di deterioramento indicibile. E l’area del Monte Echia è evidentemente fra queste. Un intervento immediato è da ritenersi assolutamente necessario, così come una presa di coscienza sia da parte dell’Amministrazione comunale che di quella locale, ossia la I Municipalità, fresca di nomina. Insomma bisogna far presto, perché intanto lo stato di abbandono della Chiesa “dell’Immacolatella a Pizzofalcone” e dell’intera area, degradata da “culla” della civiltà partenopea a “cassonetto” dell’ignoranza, della incuria e della strafottenza napoletana, ha raggiunto già livelli indecorosi, basti solo pensare al fatto che tutta la zona è utilizzata ormai da anni come discarica a cielo aperto per rifiuti di ogni genere.

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