martedì 26 luglio 2016

Discariche campane: la Corte dei Conti chiede il danno erariale per omessa bonifica

di Luigi Rinaldi

Guardia di Finanza e Corte dei Conti hanno accertato un danno erariale di circa 27 milioni di Euro per l’omessa bonifica e la mancata messa in sicurezza delle discariche campane. Sono stati emessi una serie di inviti a dedurre nei confronti di dirigenti e funzionari della Regione Campania e di molti protagonisti degli ultimi decenni della vita politica regionale, tra cui Stefano Caldoro, Antonio Bassolino e l'ex assessore regionale all'Ambiente Giovanni Romano, ritenuti responsabili di non aver adottato le misure necessarie alla bonifica e messa in sicurezza di numerose discariche, mettendo gravemente a rischio la salute dei cittadini e arrecando gravi danni all'ambiente.
Già la Corte di Giustizia dell’Unione Europea aveva contestato allo Stato Italiano una serie di violazioni con riferimento a circa 200 discariche non in linea con le direttive europee sui rifiuti, di cui 14 contenenti rifiuti pericolosi e 48 ubicate nel nostro territorio regionale. Sulla scorta dei rilievi mossi dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, è stata avviata una indagine coordinata dal sostituto procuratore generale della Corte dei Conti Donato Luciano. La legge stabilisce l'obbligo di messa in sicurezza e ripristino ambientale nei siti utilizzati come discarica, obbligo in capo ai Comuni, e qualora queste amministrazioni fossero inadempienti, alla Regione.
Secondo la Procura della Corte dei Conti campana, gli amministratori pubblici destinatari dell'invito non avrebbero adottato le misure necessarie previste dalla norma, nonostante i progetti di bonifica siano stati anche finanziati con risorse Por 2007-2013. Anziché utilizzare quei soldi per mettere a norma le discariche dunque, gli indagati li avrebbero trattenuti lasciando i siti in una totale condizione di degrado e di abbandono. In alcuni casi, i fondi sarebbero addirittura stati rispediti al mittente.

L'Unione Europea ha condannato l'Italia a pagare una somma forfettaria di euro 40 milioni e penalità semestrali pari a 42,8 milioni di euro, fino alla completa esecuzione delle relative sentenze di condanna della Corte di Giustizia. Soldi che ora dovranno venire restituiti da chi, per imperizia o per cupidigia, ha contribuito a creare questa situazione. E degli oltre 113.000.000 di euro versati dall’Italia per le sanzioni europee, 27 milioni dovranno provenire dalla Campania, la regione nella quale si concentrano quasi un quarto di tutte le “discariche problematiche” del Paese.

L’Amore secondo Luciano De Crescenzo

di Marcello de Angelis

Era il 1977 quando Maurizio Costanzo dal palco televisivo di “Bontà Loro” presentò al grande pubblico l’esordio letterario di un napoletano quasi cinquantenne, ingegnere e dirigente dell’IBM. Il libro era “Così parlò Bellavista” e quell’esordiente era Luciano De Crescenzo, classe 1928, napoletano D.O.C. del quartiere Santa Lucia: geniale e sagace umorista della vita moderna, filosofo e libero pensatore.
Attraverso lo sguardo ironico del suo alter-ego letterario, il Professor Gennaro Bellavista con quel suo manipolo di personaggi davvero surreali, De Crescenzo ci ha regalato un nuovo punto di vista sulla vita a Napoli anzi, per essere precisi, ha confezionato l’immagine di una “napoletanità” ricca di stereotipi positivi e negativi divisi tra una città buona, semplice e umana del passato e quella feroce del presente, che distrugge tutto quel poco di poesia e umanità che ancora si potrebbe scorgere.

Una novità letteraria capace di vendere più di 600.000 copie e di essere tradotta addirittura in giapponese. Dopo un tale improvviso successo, De Crescenzo abbandona la sua lunga esperienza di ingegnere e decide di lanciarsi a tutto tondo nel mondo dell’arte: ben presto, infatti, aggiunge al settore della narrativa umoristica quello della divulgazione, illustrando, con un linguaggio semplice ed efficace, anche al lettore più inesperto, i problemi sollevati dalla filosofia antica.

Proprio nel corso degli anni Ottanta e Novanta ha condotto sulle reti RAI degli approfondimenti televisivi sui miti e sulle leggende degli antichi greci di cui ne era pure autore. La sua poliedrica fantasia lo porta anche ad essere sceneggiatore, insieme a Renzo Arbore (con cui collabora già in radio), dei film “Pap’occhio” e “FFSS”. Recita accanto a Sophia Loren e Luca De Filippo in “Sabato, Domenica e Lunedì” di Lina Wertmuller e gira, nelle duplici vesti di regista ed interprete, quattro film tratti dai suoi altrettanti romanzi: il già citato “Così parlò Bellavista” (con cui vince due David di Donatello tra cui quello come miglior regista esordiente), il suo seguito “Il mistero di Bellavista”, “32 Dicembre” e “Croce e delizia”.

Unico comun denominatore dell’intera produzione di Luciano De Crescenzo rimane sempre quel suo personalissimo modo di raccontare le vicissitudini dell’animo umano, attraverso un’analisi narrativo-filosofica che parte dalla Grecia e arriva a Napoli, e che si basa su due pilastri ben piantati a terra: l’amore e l’ironia. Le sue dissertazioni sono ricche sia di battute, sia di amare verità ed hanno affrontato i temi più essenziali inerenti alla figura umana. Come ad esempio lo studio della religione, affermando che il saggio non nega e non afferma, non si esalta e non si abbatte, non crede né all'esistenza di Dio, né alla sua inesistenza, il saggio non ha certezze, ha solo ipotesi più o meno probabili. Oppure come lo studio sul tempo in quanto tale: sul fatto che tutto passa, compresa la bellezza “con l’andare avanti anche il bello diventa meno bello e il brutto meno brutto. Bellezza e bruttezza, infatti, sono caratteristiche dei primi approcci ed in seguito tendono ad avvicinarsi”. Ma interessanti riflessioni sono nate anche intorno alla vita stessa e al suo scorrere: “molti studiano come allungare la vita, quando invece bisognerebbe allargarla vivendo sempre nuove esperienze, senza fossilizzarsi mai. Infatti la lunghezza effettiva della vita è data dal numero di giorni diversi che un individuo riesce a vivere. Quelli uguali non contano”.
La copertina dell'ultimo libro di De crescenzo
All’amore è dedicata la sua ultima fatica letteraria, nata in libreria ai primi di giugno, ed accolta con affetto da pubblico e critica. Si tratta di “Non parlare, baciami. La Filosofia e l’Amore”, un arguto insieme di riflessioni su quel misterioso e al contempo sublime sentimento che spesso ci spinge a comportamenti privi di senso o esagerati, anche se lo stesso afferma che “la parola esagerazione non esiste nel vocabolario dell'amore”. Partendo dal celeberrimo assunto Cartesiano “cogito ergo sum” (dato che l’uomo ha la facoltà di pensare, di dubitare…quindi esiste), De Crescenzo dichiara “Amo, ergo sum”: amo, ed è grazie a questo amore che “sono”, quindi esisto. Ovviamente non è che se non si ama non si esiste ma la vita, se la affrontiamo da innamorati, è di sicuro più interessante e più allegra.

Per lo scrittore amare è dedizione, conoscenza, passione e condivisione delle felicità così come delle difficoltà. È fondamentale presenza nella vita di ogn’uno di noi ma, grottesco risvolto della medaglia, ha in sé anche una immensa potenza distruttiva. I rapporti d’amore sono una cosa a dir poco complicata e saper amare qualcuno non solo è una vera propria arte ma, in alcuni casi, richiede un impegno degno di uno stratega. Un impegno che diventerà davvero arduo quando ci si sentirà insofferenti alla presenza della persona amata, cosa che non dipenderà necessariamente da un’improvvisa carenza della passione, ma dallo spirito libero che è in ognuno di noi e avrà avuto momentaneamente la meglio. Per dirla come il poeta Ovidio, può capitare di essere sopraffatti dal desiderio di libertà, dal voler semplicemente proteggere la propria sfera intima. Ciò accade perché in ognuno di noi convivono sia sentimenti d'amore che di libertà. E qui torna la suddivisione Decrescenziana tra uomini d’amore e uomini di libertà, a secondo “se si preferisce vivere abbracciati gli uni con gli altri, come i napoletani, oppure si preferisce vivere da soli e non essere scocciati, tipo i milanesi”.

In parole povere per De Crescenzo innamorarsi non conviene. Meglio l’amicizia, afferma. E per sottolineare questa sua idea rincara la dose affermando che in ogni relazione amorosa c'è sempre uno che soffre e l'altro che si annoia, e questo perché l'amore inizia contemporaneamente per poi finire in tempi diversi. L’amicizia è, inoltre, un sentimento più vicino alla sua natura di un uomo libero. Quella vera, dura più a lungo e cresce con il passare degli anni. D’altra parte ciò di cui abbiamo veramente bisogno non è la passione, ma la possibilità di comunicare con un altro essere umano. Di uno, insomma, che ci capisca e con il quale si possa entrare in sintonia. Anche se, dichiara tra le righe, che l’età lo sta facendo diventare un uomo d’amore e che la compagnia di altri esseri umani, in fondo, non è poi così male.
Punto centrale di ogni sua opera resta in ogni caso Napoli, quell’intricato sistema di vite che ama e critica, che descrive come una culla della cultura ormai logorata dalle tristi traversìe che ha dovuto sopportare nel corso dei secoli, in cui non bisogna mai farsi condizionare dai pregiudizi. E proprio per questo il suo pensiero sulla Città è diverso da quello di molti suoi colleghi scrittori. De Crescenzo punta molto più in alto, ha una idea aulica che sovrasta, come in volo, la degradata realtà in cui è sprofondata. Per lui non è “la Città” di Napoli. È molto di più. È una componente dell’animo umano che sa di poter trovare in tutte le persone, siano esse napoletane o no. Egli non si astiene dal denunciare, col suo inimitabile stile linguistico tutte le pecche di un luogo fuori dal tempo, che ormai trascende dalla realtà e si trasforma in pura idea, addirittura oserei dire, in puro ideale.

Ed è da questa straordinaria concezione che De Crescenzo ha della nostra Città che nasce la superba battuta conclusiva del suo primo film, recitata proprio dal suo Prof. Bellavista bloccato nell’ennesimo ingorgo di auto “a croce uncinata” e che racchiude tutto il suo pensiero sul capoluogo partenopeo: “Ciononostante, in questo mondo del progresso, in questo mondo pieno di missili e di bombe atomiche, io penso che Napoli sia ancora l'ultima speranza che ha l'umanità per sopravvivere!...Però che traffico…!”.

La Serenata senza nome di De Giovanni: un nuovo caso per il Commissario Ricciardi

di Antonio Ianuale

Lo scrittore partenopeo Maurizio de Giovanni ha partorito una nuova avventura per il commissario Ricciardi nel suo ultimo romanzo: Serenata senza nome, Notturno per il commissario Ricciardi, uscito nelle librerie il 28 giugno scorso e già in testa alla classifiche di vendite. A distanza di un anno ritorna protagonista il commissario della Polizia Regia, Luigi Alfredo Ricciardi, impegnato a risolvere gli enigmi criminali nella Napoli degli anni 30’.

Come suggerisce il titolo De Giovanni mescola al topic del giallo nostrano altre tematiche legate alla città di Napoli, sempre protagonista dei suoi romanzi, che lo scrittore riproduce con un grande tocco di realismo. È il secondo romanzo in cui De Giovanni si serve della musica, elemento pregnante nella Napoli del passato come di quella contemporanea, per spezzare il racconto giallo e fermarsi a riflettere sull’animo umano. Una serenata che in sé cela il motivo della perdita della donna amata, che racchiude una malinconia che pervade tutto il testo, lasciando un po’ di amaro in bocca al lettore.

Lo stratagemma letterario di inserire nella trama un dialogo tra un giovane concertista e il suo vecchio maestro, che discorrono della natura della serenata, permette una pausa dall’intrigo, e di esprimere alcune considerazioni sulla gestazione della serenata. De Giovanni, oltre ad uno dei migliori scrittori attivi in Italia, è noto anche essere un appassionato di sport, così in questo testo troviamo un giovane pugile, emigrato in America che ritorna a Napoli per ritrovare l’amore di gioventù e forse anche se stesso. Vincenzo Sannino può essere assolutamente un giovane dei tempi nostri, che per trovare lavoro e lasciare una vita di stenti, decide di partire verso l’America, lasciando a Napoli l’amore per la sua Cettina. Intrapresa, oltre Oceano, la carriera di pugile, Vincenzo, ormai per tutti Vinnie, si riscatta, vince titoli mondiali, viene acclamato dalla stampa e dal regime fascista, ma non dimentica le sue radici e il suo amore di gioventù. Dopo un tragico evento consumatosi sul ring, Vinnie decide così di smettere di combattere e di ritornare a Napoli per riprendersi la sua vecchia vita, e soprattutto Cettina. Sannino torna in una Napoli molto diversa da quella che avevo lasciato, ma non solo i luoghi sono cambiati: lui stesso è adesso un uomo diverso, così come Cettina non è più quella che aveva amato un tempo.
Maurizio De Giovanni
Un omicidio misterioso rischierà di allontanare i due per sempre, con Ricciardi e la sua fedele spalla Maione a cercare di risolvere l’enigma e allo stesso tempo garantire un futuro felice ai due giovani. L’amore tormenterà lo stesso commissario Ricciardi, incapace di manifestare le sue reali emozioni alla donna che ama, e da cui sembra ricambiato. Le trame e gli intrighi sentimentali sono fin troppo districate anche per l’abile commissario dagli occhi verdi, che non sembra nelle questioni di cuore, essere così abile come nel risolvere i crimini.

Una scrittura limpida e scorrevole quella di De Giovanni che rende gradevole in un testo malinconico ma che alla fine si apre alla speranza. A distanza di un anno, torna in libreria il commissario Ricciardi con una trama ben sviluppata e una componente sentimentale che aleggia nel testo, sullo sfondo della Napoli popolare e folkloristica che De Giovanni ricostruisce meravigliosamente nelle sue pagine. Un testo scorrevole, che permette di fissare frasi e riflessioni sull’animo umano che non possono lasciare indifferenti.

Un Fondo regionale per le vittime di stalking: un nuovo aiuto contro la violenza di genere

di Antonio Cimminiello

Pedinamenti, minacce verbali, telematiche, aggressioni man mano sempre più numerose. Sempre più spesso l’incapacità di metabolizzare la fine di un rapporto sentimentale – o peggio l’incapacità di non saper considerare il/la partner più di un semplice “oggetto”- si trasforma in vera e propria persecuzione, fino a diventare fonte di ferite purtroppo indelebili, se non addirittura causa di morte. I recenti casi di Sara Di Pietrantonio e Carla Caiazzo confermano come non sia possibile abbassare la guardia dinanzi a quello stalking che appare quasi come emergenza sociale: la prima a Roma ha pagato con la vita la sfrenata gelosia del suo ex compagno, la seconda a Pozzuoli a malapena è riuscita a sopravvivere alla violenza estrema del suo partner nonché padre della bimba che portava in grembo proprio in quei drammatici momenti (la piccola Giulia Pia, poi fortunatamente venuta alla luce).

Ad accomunare i due tragici episodi le terribili modalità utilizzate: l’aver fatto uso di benzina, quasi a voler cancellare in un sol colpo le vite di chi aveva avuto la “colpa” di andare via. E quando miracolosamente si riesce ad evitare la morte, purtroppo in talune circostanze si sarà costretti a subire per sempre sulla propria pelle le ferite e le tracce di questa violenza, a volte anche difficili da nascondere e da curare.

Per questa ragione è da salutare con piacere la recente iniziativa assunta dalla Giunta Regionale della Campania presieduta da Vincenzo De Luca, la quale, memore proprio del caso di Carla Caiazzo, ha deciso di istituire un apposito Fondo per le vittime della violenza di genere. Questo Fondo in verità conserva una finalità ancor più mirata, dato che sarà destinato a garantire supporto economico per affrontare adeguatamente spese socio- sanitarie che, come detto, spesso si traducono in cure mediche anche per lunghissimi lassi di tempo, anche solo per tenere viva la speranza di riprendere a vivere nonostante tutto.

Colpisce il fatto che questa iniziativa, nata originariamente solo per assicurare un tale ristoro alla sola Carla, sia stata poi estesa con la concretizzazione dell’idea di un Fondo per tutte le vittime di violenza di genere, che potrebbero essere impossibilitate a sostenere cure -spesso costose ed in centri super specializzati- per la cura di deturpazioni ed altre dolorose ferite che questa violenza può generare. Ma quella che- parole dell’Assessore regionale alle Pari Opportunità Chiara Marciani- può definirsi a pieno titolo una “urgente necessità” non può certo meritare il silenzio delle istituzioni.

“Attesa”: la mostra che Mimmo Jodice dedica alla sua Napoli

di Antonio Ianuale
Una spettacolare retrospettiva sulla carriera del fotografo napoletano Mimmo Jodice è stata allestita al Madre: Attesa 1960-2016 a cura di Andrea Villani, con più di cento opere, che evidenziano il percorso di ricerca artistica di uno dei maggiori fotografi italiani. Si parte dagli anni Sessanta per giungere all’età contemporanea, intrecciando il passato e il presente della Napoli vissuta in prima persona dall’autore.

Saranno presentate tutte le tematiche analizzate dall’occhio della macchina fotografica di Jodice nella sua pluriennale attività: dal mondo antico, alla natura morta, alla dimensione urbana, al rapporto con la storia dell’arte. Tra le tematiche di grande attualità, attenzione alle radici culturali del Mediterraneo, all’alienazione delle metropoli moderne in confronto alla bellezza del paesaggio naturale. Senza dimenticare l’aspetto sociale ed impegnato della attività di Jodice, come quello della Napoli degli anni Settanta, la rappresentazione realistica dei vicoli della città, fino a giungere alle acciaierie di Bagnoli, che aprono la mostra al primo piano del Museo che il direttore Andrea Viliani ha chiamato “Re_PUBBLICA MADRE” per sottolineare il legame fortissimo con la città.
Il percorso guidato inizierà con la proiezione di un film che ripercorre la vita e la storia della città di Napoli, dalle manifestazioni popolari indette dal Pci ai temi del disagio sociale. Jodice è stato fotografo di avanguardia, attento alle sperimentazioni ed alle possibilità espressive del linguaggio fotografico. Quest’aspetto della produzione di Jodice è oggetto delle fotoriproduzioni collocate nelle tre sale del terzo piano dell’allestimento dove le opere metalinguistiche mostrano il processo di riflessione svolto da Jodice negli anni 80, incentrato su quell’attesa spasmodica dell’illuminazione che varca i confini dello spazio e del tempo.
Una macchina fotografica che si fa macchina del tempo, che indaga tutto il nostro vissuto, alla ricerca del momento che cattura la verità. L’inaugurazione tenutasi il 24 giugno scorso, ha fatto segnare un grande successo di pubblico: oltre 2500 visitatori si sono recati al Madre per ammirare “Attesa”. Presenti naturalmente le principali autorità politiche: dal sindaco Luigi De Magistris, all’assessore alla Cultura Nino Daniele, al presidente della Regione Vincenzo de Luca. Tra le autorità culturali, il sottosegretario ai Beni culturali Antimo Cesaro, il presidente della Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee, Pierpaolo Forte, il direttore dell’Accademia di Belle Arti Giuseppe Gaeta.

La mostra sarà fruibile per gli interessati fino al prossimo 24 ottobre, dal lunedì al sabato dalle 10 alle 19.30, nella solo mattinata di domenica, mentre il martedì sarà chiusa al pubblico.

Napoli solidale ed inclusiva: il Pausilipon Summer Village


di Maria di Mare

Il Pausillipon Summer Village giunge quest’anno alla terza edizione. L’associazione Carmine Gallo coadiuvata dalla PPG di Caivano (in qualità di sponsor), ripropongono l’iniziativa che rende la degenza estiva dei giovani pazienti affetti da malattie onco-ematologiche, ricoverati al Pausillipon, il più accogliente possibile.

Le malattie onco-ematologiche sono quelle che colpiscono in primo luogo midollo osseo, sangue e linfonodi, e sono la Leucemia, il Mieloma Multiplo e i Linfomi (che possono colpire midollo, milza, fegato, cervello e cute). Queste malattie richiedono una terapia rigida, severa e controllata, che obbliga i giovani pazienti ad assentarsi da casa e dalle loro attività preferite perché sono necessari lunghi soggiorni in ospedale. Il trattamento a cui vengono sottoposti può essere il trapianto o la chemioterapia, questa vista come la soluzione ultima, poiché è solitamente preceduta da altre pratiche quali la radioterapia, l’ormonoterapia e l’immunoterapia.

Come si può facilmente immaginare la degenza per i giovani pazienti non è semplice, né dal punto di vista fisico, né morale né tanto meno psicologico. Ecco quindi che l’Associazione Carmine Gallo, fondata da un gruppo di genitori, decise nel 2014 di provare a creare qualcosa di alternativo che allietasse il periodo di degenza estivo, quando ai bambini appare ancora più chiara la privazione cui sono sottoposti restando in ospedale piuttosto che essere liberi, per esempio, di andare al mare come i coetanei.
Le attività in programmazione saranno portate avanti da volontari coadiuvati, ovviamente, da professionisti medici e dal Servizio di Psiconcologia, e sono rivolte non solo ai bambini, ma anche ai loro genitori. Ogni giorno dalle 15.30 alle 18.00 presso la sala multifunzione curata dall’associazione verrà proposta un’attività ricreativa e laboratoriale, oltre che un costante supporto psicologico. Tra le attività i quest’anno si spazia da un laboratorio di cucina “Cup Cake” ad incontri di sport e arti marziali, tra pomeriggi a tema pizza e cinema, allo Yoga della Risata, ci saranno poi laboratori di arte, musica, teatro e canto.

L’associazione, che nel 2004 è diventata onlus, porta avanti col progetto Summer Village alcuni tra i suoi obiettivi fondanti: sostenere le famiglie lungo il difficile percorso di ricovero in ospedale e rendere l’ambiente ospedaliero caldo e accogliente per chi, purtroppo, nel periodo della degenza, è costretto a fare del reparto dell’ospedale una seconda casa.

Sarà l’agricoltura la nuova locomotiva del Mezzogiorno d’Italia?

di Luigi Rinaldi

Gli ultimi dati Istat sulla crescita del PIL nel Sud Italia sono a dir poco sorprendenti. Il valore monetario dei beni e servizi prodotti nel Mezzogiorno è cresciuto dell’1%, in aumento rispetto alla media nazionale ferma all’0,8%. A trainare il PIL delle Regioni meridionali è il settore dell’agricoltura, che ha fatto registrare addirittura una crescita del 7,3%, quasi il doppio della media nazionale, mentre resta ancora al palo il settore industriale, con un drammatico più 0,1% rispetto all’1,6% delle Regioni del Nord.

Già nel Rapporto Svimez 2015 - 2016 si evidenziava la crescita degli occupati nel Mezzogiorno, trainata dalla nuova occupazione agricola, intervenuta a fine 2014 e rafforzatasi nei primi due trimestri del 2015, quando: “Rispetto al secondo trimestre del 2014, gli occupati crescono al Sud di 120 mila unità (+2,1%) e di 60 mila unità nel Centro-Nord (+0,4%). La ripresa riguarda tutte le Regioni tranne la Calabria, e interessa essenzialmente i settori agricolo e terziario" sottolineava il Rapporto Svimez 2015.

L’agricoltura, dunque, continua a dominare il paesaggio immobile del Sud Italia, nonostante i problemi legati all’inquinamento ed alla terra dei fuochi. L’incredibile sviluppo del settore agricolo ha dovuto fare i conti anche con le importazioni di prodotti provenienti dalla Spagna, dalla Tunisia e dal Marocco, destinati a riempiere in tutte le stagioni i nostri supermercati. Ciò nonostante, la crescita non si ferma, anzi aumenta, pur in assenza di precise politiche agricole. Nel Rapporto 2015 - 2016 Svimez ha indicato il settore agricolo per il Sud come uno dei cinque motori di sviluppo insieme a rigenerazione urbana, energie rinnovabili, logistica e industria culturale. I comparti che brillano al Sud per Svimez sono le produzioni biologiche, le potenzialità delle aziende agrituristiche, e il polo della IV gamma. “L’agricoltura è un driver di sviluppo economico al Sud" è scritto chiaramente nel Rapporto. “Nel Mezzogiorno la produzione biologica è molto diffusa, sia in termini di operatori (29.250 contro il 26mila del Centro-Nord nel 2014) che di superfici (861mila ettari al Sud rispetto ai 455mila del Centro-Nord nel 2013). Negli ultimi anni sono cresciute le attività agrituristiche e i servizi offerti, ma resta ancora molto da fare per trasformare il settore in un potente driver di sviluppo – si afferma nel rapporto, visto che – le aziende agrituristiche sono soltanto il 18% (dati 2013), pur in crescita in Campania e Puglia (+12% circa)”. Secondo Svimez “il Mezzogiorno resta un’area di forte produzione agricola, ma in cui sono poco presenti le industrie di trasformazione, esportatori e piattaforme di distribuzione; il tasso di organizzazione della produzione in filiere e forme associative è modesto (su 15 Aop, associazioni di organizzazioni di produttori, presenti in Italia, solo 2 sono al Sud)”.

Anche per i prodotti tipici, secondo Svimez, si può fare di più, tanto che “al Sud sono registrati soltanto il 33% dei prodotti Dop e Igp”. Inoltre il rapporto sottolinea la presenza di comparti forti: “La Campania si dimostra, dopo la Lombardia, il secondo polo in Italia per la produzione di prodotti di IV gamma (25% delle aziende nazionali), concentrate soprattutto nella Piana del Sele, una sorta di distretto agroindustriale poco studiato che andrebbe maggiormente sostenuto e se possibile esportato con politiche di intervento pubbliche e private”. E ancora il Rapporto Svimez ricorda, tra i comparti che brillano, il settore olivicolo, che vede il 62% delle imprese presenti al Sud. Gli ultimi dati Istat, dunque, non fanno altro che confermare quanto previsto nel Rapporto Svimez 2015 – 2016.

A questo punto, molti economisti si chiedono se davvero possa essere l’agricoltura il punto fermo da cui ripartire per favorire la ripresa economica del Sud Italia, ove la crisi economica generalizzata ha fatto sentire i suoi principali effetti. In realtà, solo un’agricoltura gestita con metodi tecnologici ed industriali consentirebbe di ipotizzare una effettiva ripresa economica nel Mezzogiorno trainata dal settore agricolo. Tuttavia i dati macroeconomici di crescita meritano di essere attentamente elaborati, nell’ottica di una generale rinascita economica e sociale del Sud Italia.

Circumvesuviana, la vergogna senza fine

di Gian Marco Sbordone

Ancora una volta ci troviamo a parlare di episodi di cronaca nera legati non al territorio di una periferia degradata, ma a quella che una volta era l’efficiente linea ferroviaria che collegava Napoli alla provincia: la Circumvesuviana. Agli inizi di luglio, nei pressi della stazione di Meta di Sorrento due giovani sono stati accoltellati. Per futili motivi, a quanto pare. Ricoverati in gravi condizioni alla fine sono riusciti a cavarsela, ma poteva finire peggio.
Sono anni ormai che le le stazioni della Circumvesuviana sono completamente abbandonate a se stesse. Degrado, sporcizia, biglietterie che non esistono, quel che resta della Circumvesuviana è uno scenario spettrale, fatiscente. La situazione è critica più o meno dappertutto, ossia nella stragrande maggioranza delle stazioni della provincia di Napoli. Migliaia e migliaia di pendolari che la utilizzano ogni giorno sono costretti a fare i conti con enormi difficoltà negli spostamenti; difficoltà dovute a ritardi, corse annullate, treni vecchi, sporchi, malridotti, sovraffollati all’inverosimile nelle ore di punta.

I treni sono pochi ed il personale non è sufficiente a garantire le esigenze di spostamento dei tantissimi viaggiatori. Nell’hinterland napoletano sono infatti presenti comuni estremamente popolosi. Comuni come Torre del Greco, Castellammare di Stabia, Acerra, Portici, Ercolano, Casalnuovo di Napoli, San Giorgio a Cremano, Torre Annunziata, Pomigliano d’ Arco e tanti altri, hanno un enorme bisogno di un trasporto pubblico e di collegamenti al capoluogo adeguati alla popolazione.
La situazione continua ad arrecare danni anche al turismo e all’ immagine della città. Sono tanti i turisti che usufruiscono della Circumvesuviana per raggiungere mete come Pompei, Ercolano e Sorrento. Turisti che ogni giorno toccano con mano cosa vuol dire spostarsi con un trasporto pubblico indegno non solo di una città come Napoli, ma per qualunque città aspiri ad essere considerata civile. Una figuraccia indegna, che si ripete quotidianamente. Una vergogna.
La condizione di completo abbandono in cui versa la Circumvesuviana è sicuramente una delle principali cause dei fenomeni di teppismo e microcriminalità che si verificano sui convogli e sulle stazioni con preoccupante frequenza. Attacchi ai passeggeri, danneggiamenti ai treni, furti, rapine sono da tempo una triste costante. Ciò che resta è tanta amarezza nell’osservare una situazione ormai insostenibile a cui i più sembrano non fare neanche più caso; ormai assuefatti al degrado e alla barbarie.

Gomorra: fenomeno di costume o specchio della realtà?

di Danilo D'Aponte

Il 2016 segna i 10 anni dalla pubblicazione di Gomorra di Roberto Saviano, che ha dato origine ad un film per il cinema prima e ad una fiction per Sky dopo. Proprio l'enorme successo di pubblico e critica che la serie sta riscuotendo divide i più. Si sono ideologicamente creati due "partiti", quelli che ritengono che il fenomeno nasca e si esaurisca su pellicola, e quelli che incolpano la serie (e le relative parti in causa, tra cui Saviano) di generare e al tempo stesso alimentare il mito della mafia made in Napoli.

Per Saviano si tratta di una sorta di déjà-vu, già all'epoca della pubblicazione della sua opera più famosa i lettori si dividevano tra entusiasti e critici della prima ora. Per uno come me cresciuto a Secondigliano, e con un percorso scolastico che si è sviluppato, anche, a cavallo con la prima faida di Scampia (di cui si è ampiamente parlato in Gomorra, e da cui la serie trae ampiamente) la verità sta nel mezzo. Non tanto perché conosca vagamente persone coinvolte nella pellicola prima, e nella serie televisiva poi, ma perché vedo quotidianamente i due lati della medaglia sottolineati a voce alterna dai due "partiti" di cui prima.

Ci sono quelli che ritengono che Gomorra abbia il merito di metterci tutti davanti a una realtà già nota, con i dovuti accorgimenti scenici del caso, ma che pur sempre di realtà, in parte, si tratti. La critica più forte mossa da questi sarebbe quella che la fiction genererebbe mistificazione ed emulazione, con il ruolo del capo cosca con un fascino paragonabile a quello di un asso del pallone. Insomma, che si fornisca a menti ancora acerbe un modello sbagliato, lo stesso modello sbagliato che è alla base di molti componenti delle baby gang che stanno falcidiando le nostre strade.

Nella frangia di sostenitori ci sono, tuttavia, quelli che si pongono anche davanti al lato "artistico" della vicenda. Per quelli che appoggiano questa visione, infatti, la serie dovrebbe godere della stessa dignità e apprezzamenti delle grandi produzioni di Hollywood di stampo mafioso. Quanto ai meriti artistici dell'opera, si tratta comunque del punto più alto del made in Italy attuale. Sky, insomma, avrebbe tra le mani quanto di più valido offerto dal panorama televisivo nostrano. Tra quelli che riconoscono tali meriti artistici alla fiction è il noto critico, e docente universitario, Valerio Caprara.

C'è poi, invece, chi ritiene che la serie di Gomorra abbia il demerito di romanzare troppo la realtà, mercificando un'area di Napoli già demonizzata da problemi realmente in essere. Questi sono preoccupati che, nel danno del degrado, ci possa anche essere la beffa di una realtà distorta all'altare dello share. Che quindi, in questo proliferare di criminali dallo sharme d'oltreoceano, dalle vesti sgargianti, dalle passioni folli e quant'altro, si offra sì un modello di camorrista "cool", ma che in cotanto fascino, di riflesso, appaia tutto più buio di quello che è. Anche l'apparente totale mancanza di opposizione da parte dello Stato, e di chi lo rappresenta. Con le forze dell'ordine a fare la parte dell'agnello sacrificale, mai realmente credibili in questa moderna epopea alla Scarface.

Linda Moretti: il ricordo di una grande attrice e il suo amore per Napoli


di Antonio Lepre

Nel luglio del 2005 si spegnava Linda Moretti, un’attrice unica nel panorama napoletano e non solo, caratterista nel teatro edoardiano, protagonista in molte sue opere, ma soprattutto di lunga carriera, sempre attiva dalla sceneggiata nel secondo dopoguerra al cinema.

Linda Moretti nasceva nel foggiano nel 1921 da una famiglia di attori, si legò alla celeberrima compagnia di sceneggiata Cafiero-Fumo anche perché la zia, omonima ne era già attrice nonché moglie di Eugenio Fumo. Era, inoltre, anche cugina di Tecla Scarano, altra grande attrice celeberrima soprattutto nei film con il re della risata Antonio De Curtis.

Il debutto di Linda Moretti avvenne con la sceneggiata Quando tramonta il sole, tra i suoi compagni di scena in quest’opera si possono annoverare Nuccia Fumo, Ester Carloni e i fratelli Di Maio, tutti grandi nomi della sceneggiata. Allo scioglimento della Cafiero-Fumo passò dapprima nella compagnia di Vincenzo Scarpetta, figlio del celeberrimo creatore della maschera di Felice Sciosciammocca: Eduardo Scarpetta, poi nella Scarpettiana, la compagnia messa su da Eduardo De Filippo che aveva il compito di far rivivere le opere di suo padre naturale, in questa compagnia vi rimase sino al 1984, anno in cui morì Eduardo.

La Moretti lavorò nel cinema sin dagli anni Sessanta, da ricordare le sue interpretazioni soprattutto nelle pellicole impegnate come Brutti Sporchi e cattivi dove interpreta il ruolo di Matile, oppure La Pelle, dal famoso romanzo di Curzio Malaparte per la regia di Liliana Cavani. Dopo la morte di Eduardo si è dedicata maggiormente più al cinema che al teatro, infatti, negli anni Novanta partecipa a delle pellicole che oggi la rendono famosa al grande schermo come Il Postino, dove interpreta il ruolo della madre di Maria Grazia Cucinotta, oppure nei primi film di Vincenzo Salemme L’amico del cuore, Amore a prima vista e Ho visto le stelle

Linda Moretti, però, oggi è conosciuta senza ombra di dubbio per la partecipazione, da protagonista, alle riprese Rai delle opere di Eduardo. Si potrebbe citare il ruolo della finta baronessa di Quei figuri di trent’anni fa o anche la vecchia attrice di Uomo e Galantuomo per ricordarla, ma voglio sottolineare la sua importanza attorica soprattutto con i ruoli avuti nel ciclo scarpettiano trasmesso negli anni Settanta, sempre per la regia di Eduardo, dove interpretava la madre superiora nel testo ‘Na Santarella oppure Ceccia la moglie del barone Andrea, interpretato da Eduardo in Lu curaggio de nu pumpiero napulitano. La sua era stata una recitazione perfetta e molto sentita, senza sbavature ed eccessi.

Napoli: in arrivo l'Academy di Apple a San Giovanni a Teduccio

di Danilo D'Aponte

Appare raggiante il premier Matteo Renzi commentando l'annuncio ufficiale della partnership tra l'Università di Napoli Federico II e iOS Developer Academy d'Europa, iniziativa anticipata a gennaio dal presidente del Consiglio e da Tim Cook, CEO di Apple, per lo sviluppo di app: "Siamo molto soddisfatti. Napoli e il Mezzogiorno sono luoghi fantastici per formarsi e investire" [...] "coinvolgerà tutto il sistema universitario campano, aprendo le porte a centinaia di studenti. I corsi saranno gratuiti e una parte degli studenti potrà beneficiare di borse di studio" specificando dove sorgerà il centro, ovvero presso "il campus universitario della Federico II a San Giovanni a Teduccio, periferia est". La collaborazione avrà ufficialmente inizio a ottobre, con l'iscrizione ai corsi di circa 200 studenti, che parteciperanno ad un corso di nove mesi progettato e supportato da Apple.
Tim Cook (di spalle) e Matteo Renzi
La struttura include laboratori e accesso ai più recenti prodotti hardware e software della casa di Cupertino, per la gioia di Luca Maestri, CFO Apple: "Siamo veramente felici di lavorare con l'Università di Napoli Federico II per lanciare la prima iOS Developer Academy in Europa. Alcuni degli sviluppatori più creativi al mondo arrivano dall'Europa e siamo certi che questo centro aiuterà la prossima generazione ad acquisire le competenze necessarie per avere successo".

Soddisfazione anche per Geateano Manfredi, rettore della Federico II: "con questa iniziativa Federico II continua a rispondere alle esigenze formative legate alle nuove tecnologie. Siamo lieti che Apple ci abbia scelto come partner e non vediamo l'ora di lavorare con l'azienda nella selezione di studenti e docenti per questo corso eccezionale".

Quanto alle attività didattiche: nel primo semestre i corsi avranno l'obiettivo di migliorare ed elevare le competenze degli studenti nello sviluppo software su iOS; nel secondo semestre gli studenti parteciperanno a corsi sulla creazione di start up e progettazione di app che potrebbero eventualmente arrivare all'App Store.

Con oltre 2 milioni di app, l'App Store ha infatti creato un settore completamente nuovo con oltre 1,2 milioni di posti di lavoro creati in Europa dal 2008, lavoratori a cui sono stati corrisposti circa 10 miliardi di euro per la vendita delle loro app nel mondo.

La iOS Developer Academy aiuterà gli studenti ad avere un ruolo in tutto questo processo. Il programma è gratuito e sarà aperto agli studenti provenienti dall'Italia e da tutta Europa, con borse di studio disponibili per alcuni studenti a copertura delle spese primarie.

I candidati non devono necessariamente avere una formazione in information technology in quanto il corso è stato progettato per futuri sviluppatori provenienti da diversi background. Previste anche assunzioni nel corpo insegnanti, a partire da sviluppatori esperti di app, a designer e docenti di programmazione.

Dolce & Gabbana, Sophia e la bellezza

di Gian Marco Sbordone

Le iniziative svoltesi a Napoli, negli ultimi giorni, per celebrare "Dolce&Gabbana", al netto delle contestazioni e delle polemiche, devono essere considerate a giusta ragione come un evento straordinario.
Le polemiche hanno riguardato "l'invasività" delle manifestazioni, ed in particolare della sfilata a San Gregorio Armeno (il programma ha previsto anche una serata-gioielli a Villa Pignatelli e altri eventi al Borgo Marinari e a Posillipo), che ha messo a dura prova la tenuta del sistema della circolazione in tutta l'area del centro storico, con delle ripercussioni e delle sofferenze innegabili sulla mobilità, probabilmente sul commercio, sicuramente sulla normalità quotidiana della zona che ne è risultata completamente stravolta.

La straordinarietà dell'evento, tuttavia, e l'impatto che esso ha avuto in termini mediatici, riteniamo abbiano abbondantemente ripagato le sofferenze dal medesimo derivanti. Sui giornali, anche esteri, si è parlato di bellezza, la bellezza degli abiti, delle modelle e dei gioielli ma anche della bellezza di Napoli e del suo cuore pulsante.

Dolce&Gabbana ha realizzato un qualcosa che molto probabilmente farà storia. Abbiamo visto modelle internazionali procedere con improbabili calzature sui basoli di San Gregorio insieme a figure della tradizione storica e a nuovi miti della città in un'atmosfera da sogno, un po' Fellini e un po' neorealismo anni '50, quello di Vittorio De Sica. Abbiamo visto facoltosi potenziali clienti giungere a Napoli per l'occasione ed assistere ad una sfilata ove probabilmente non avrebbero mai immaginato.

Ma ciò che ha colpito, in definitiva, è proprio il contrasto tra tanta ricchezza e tanto sfarzo e un contesto urbano bello senz'altro, struggente per la storia che esso evoca ma comunque in definitiva povero e degradato. Il ventre di Napoli, la sua cultura millenaria, il suo popolo semplice, hanno inglobato e fatto proprio un mondo estraneo, lontano e la possibilità di questo miracolo è in definitiva stato possibile proprio in nome e nel segno della bellezza.

Questo concetto sembra essere stato espresso, anzi meravigliosamente incarnato da un personaggio per noi e per tutti mitico: Sophia Loren. La diva e l'antidiva, la bellezza popolare e quella ricca e sofisticata si esprimono insieme in lei come forse in nessun altro. Grazie Sophia per le emozioni che ancora ci regali, grazie Napoli perché sei comunque bella.

Regione Campania: il disegno di legge sulla cannabis terapeutica all'esame della commissione sanità

di Luigi Rinaldi

L’utilizzo della cannabis per scopi terapeutici è stata per tanti anni oggetto di dibattito scientifico e culturale. Nel nostro Paese, a differenza del resto d’Europa, sull’argomento non si è riuscita a formare un’opinione comune, forse anche per ragioni di natura morale. Tuttavia, nel corso degli ultimi anni, molte Regione italiane, nonostante pareri talvolta divergenti, hanno approvato leggi che consentono l’erogazione di farmaci a base di cannabinoidi per scopi terapeutici.
Pochi giorni fa, anche la Regione Campania ha dato il via, dinanzi alla Commissione Sanità, alla discussione ed al confronto sul disegno di legge che prevede una serie di disposizioni organizzative per l'erogazione di farmaci e preparati a base di cannabinoidi per finalità terapeutiche, nell'ambito del servizio sanitario regionale. “Il presupposto di questa proposta di legge - ha spiegato il presidente della Commissione sanità, Raffaele Topo, - parte dai comprovati dati scientifici a sostegno dell’efficacia degli effetti benefici della canapa nella cura di particolari malattie, in particolare per i pazienti affetti da Sla, da Aids e quelli sottoposti a terapie antitumorali. Sono risultati che vanno incoraggiati. Sarà la prima volta che la Regione Campania si doterà di un dispositivo normativo riguardante terapie che prevedono l’uso di farmaci con i principi attivi cannabinoidi”.

L’efficacia farmacologica dei cannabinoidi è ormai provata da studi universalmente condivisi. I medicinali che li contengono sono indicati nel trattamento farmacologico per contrastare la nausea ed il vomito in pazienti affetti da neoplasie e Aids (trattati con farmaci antiblastici e antivirali). Risultati incoraggianti provengono anche dagli studi riguardanti l’attività antidepressiva, anticonvulsivante, antispasmodica, antitumorale e stimolante l’appetito. I cannabinoidi hanno un effetto analgesico, e, pertanto, agirebbero in sinergia con gli oppioidi. Permetterebbero, cioè, di ridurre i dosaggi degli analgesici oppiacei necessari a trattare il dolore cronico.
Gli effetti collaterali sono minimi, e comunque, così come per gli oppioidi, non è riportata alcuna tossicità d’organo. I dati positivi provenienti dal mondo scientifico, non collimano, però, con i tanti pregiudizi e preconcetti che non hanno ancora consentito di superare il panorama disomogeneo venutosi a creare nel nostro Paese. Uno scenario molto confuso che ha determinato un’inaccettabile diseguaglianza sociale, con cittadini di serie A e di serie B, che possono usufruire o meno di farmaci potenzialmente utili per il dolore, a seconda della regione di appartenenza. Si tratta di una discriminazione eticamente e moralmente inaccettabile, specie se si considera una legislazione nazionale molto garantista nei confronti dei cittadini affetti da dolore cronico. In questo contesto ci ritroviamo a dover importare questi farmaci dall’estero, quando il nostro Paese possiede il know-how necessario alla loro preparazione.

Attualmente le regioni che hanno introdotto dei provvedimenti che riguardano l’erogazione di medicinali a base di cannabis sono nove: Puglia, Toscana, Veneto, Liguria, Marche, Friuli Venezia Giulia, Abruzzo, Sicilia, Umbria. Le normative regionali convergono tutte nel disciplinare l’erogazione dei medicinali a carico dei propri Servizi sanitari regionali (SSR), ma sotto altri aspetti presentano, però, una notevole disomogeneità. Bisogna solo augurarsi che sulla scia della Regione Campania, anche altre Regioni intraprendano questo innovativo percorso, per alleviare le sofferenze di tante persone ammalate.

Napoli: grande partecipazione per la Scampia Summer Jam

di Antonio Lepre

Sicuramente non vi sarà stata l’ebbrezza del venticello di Amalfi oppure la frescura di Roccaraso, ma anche Scampia, nella periferia nord di Napoli ha voluto in qualche modo donare un evento estivo ai suoi abitanti. Il 9 e il 10 luglio presso la Villa comunale di Scampia si è svolta la seconda edizione della Scampia Summer Jam una festa hip hop, promossa dal Centro Territoriale Mammut, che ha visto il coinvolgimento di centinaia di persone. L’Arci Scampia ha donato un vero accampamento di tende, poco distante, per chi avesse voluto permanere lì la notte.
L’evento è iniziato con le battle di break dance, sia in coppia che singoli, a cui hanno partecipato diverse scuole di ballo provenienti anche dal Sud America; si è dato vita, inoltre, ad un evento di Bike Polo e ad un’esibizione di giocolieri. In tarda serata è iniziato un concerto di rap in cui si sono esibiti: Gheto&McNew, Ivanó & Donix from Lpk, e Fabio Farti. Dopo il concerto la festa si è spostata sulla terrazza dell’auditorium di Scampia, dove in un’atmosfera poetica fatta di luci e suono si è ballato sino all’alba. Nel giorno successivo, la Scampia Summer Jam ha visto un’ondata di colori sulle colonne di piazza Giovanni Paolo II, grazie a tanti writer che hanno dato sfogo alla loro creatività. Dopodiché si è continuato tutta la domenica con varie battle di break dance e poi un altro concerto di musica rap in cui si sono avvicendati Papocchio, Czek, O Rep, Br&Luciano Pain e Ciro O'Zi.

Scampia Summer Jam nasce da uno spirito collettivo di condivisione e dal lavoro di tante realtà diverse, esso è quasi totalmente autofinanziato frutto della volontà e il desiderio di tanti. Scampia Summer Jam è un vero atto di rinascita della periferia, quasi sempre maltrattata e abbandonata a se stessa, relegata esclusivamente al ruolo di dormitorio. La cosa interessante è che all’interno della manifestazione non si è visto solo un intero collettivo di persone legate al mondo dell’Hip Hop, bensì la forte partecipazione delle persone del posto, i quali forse si vedono sempre abbandonati dal calendario di eventi che ogni anno preferisce il centro storico, la zona collinare o marittima in luogo delle varie periferie.

Le scuole campane oltre gli stereotipi: il Progetto “Scuola Viva”

di Antonio Cimminiello

Può la scuola andare oltre il semplice e tradizionale status di luogo di istruzione? E’ questa la grande ambizione cui mira il Progetto “Scuola Viva”. Entro il 29 Luglio infatti sarà possibile inviare in via telematica proposte in grado di garantire iniziative di vario genere ma finalizzate al coinvolgimento di più persone, quindi non dei soli studenti.

Nello specifico, con l’apertura pomeridiana (per almeno 240 ore di attività), ben 500 scuole potranno creare laboratori con i quali avviare una prima conoscenza delle attività professionali o anche solo per aggiornare o potenziare competenze già esistenti ed acquisite, anche quelle di base come le conoscenze matematiche e linguistiche. A riprova però del fine di coinvolgere le fasce di popolazione più variegate, le scuole potranno mettere in campo ad esempio anche soltanto iniziative per un maggior coinvolgimento degli stessi genitori in ambito scolastico, oppure attività di supporto psicologico.

L’intento appare chiaro: superare i concetti tradizionali, e creare, sia con l’inevitabile sostegno economico ( non più di 55.000 euro per ogni singolo progetto, per complessivi 100 milioni di euro da impiegare in tre anni) sia con proposte innovative - anche con accordi tra istituzioni scolastiche ed enti ed associazioni operanti sul territorio- un luogo globale realmente vicino a quelle esigenze che riguardano il mondo scolastico e verso le quali spesso gli strumenti tradizionali non riescono a fare molto: non sorprende tra l’altro il fatto che con “Scuola Viva” si intenda anche opporre contrasto al fenomeno dilagante della dispersione scolastica, indirizzandosi infatti lo stesso progetto in via privilegiata a chi ha abbandonato la scuola stessa.

“Scuola Viva” rappresenta un’iniziativa della Regione Campania in chiara continuità rispetto al medesimo Progetto nazionale “Scuola al Centro”, messo in atto dallo Stato proprio per la prevenzione della dispersione scolastica nelle zone periferiche delle città metropolitane caratterizzate da elevato tasso di dispersione scolastica (il progetto, con l’impiego di circa 10 milioni di euro, inerisce specificamente a Milano, Roma, Palermo e Napoli), da garantirsi attraverso azioni di didattica integrativa e innovativa in orario extra-curricolare. Ma è anche vero che, per certi aspetti, il progetto si è reso quasi necessario rispetto alla realtà campana, non soltanto per le dimensioni dei fenomeni di disagio sociale che in tal modo si intende combattere, ma anche alla luce della diversa capacità di attrattiva che tali iniziative possono avere: è da sottolineare, infatti, proprio in Campania il dato dell’iniziale scarsa adesione a “Scuola al centro” soprattutto da parte dei plessi scolastici presenti nei territori “difficili” e nelle periferie.

Napoli: alla scoperta del Parco Viviani nel cuore della II Municipalità

di Antonio Lepre

Nella II Municipalità del Comune di Napoli, e più precisamente in via Girolamo Santacroce nel quartiere Avvocata, è sito uno dei tre parchi verdi presenti nell’area, ossia il Parco Raffaele Viviani. Sul sito del Comune di Napoli il parco è descritto come “dotato di un ingresso panoramico con scorci sul golfo di Napoli e articolato secondo un sentiero che porta ad un'area pianeggiante ricca di alberi da frutto”, esso è un parco poco noto all’interno del panorama cittadino, infatti, al cospetto del Parco di Capodimonte o della Villa Floridiana, ma anche del Parco Ventaglieri e del Parco Quartieri Spagnoli della medesima municipalità, è tra i meno frequentati.
Esso è di circa ventimila metri quadrati, ha due ingressi, il primo a via Girolamo Santacroce e l’altro in Via Cupa Vecchia, il parco comprende un sentiero che scende lungo il pendio e costeggia una serie di balze rocciose, sapientemente organizzate per ospitare alcune specie tipiche della macchia mediterranea, quali rosmarino, ulivo, pino, che sono a loro volta elementi di attrazione per la fauna, specialmente per gli insetti impollinatori. Seguendo il sentiero si arriva ad una area pianeggiante dove sono presenti prati ed alberi da frutto.

Parallelamente al sentiero che porta all’area pianeggiante, dalla parte più alta del parco, parte una scalinata che conduce ad un’enorme cavità tufacea, evidentemente utilizzata nei secoli scorsi come cava, da cui si sbuca al secondo ingresso, ossia quella di Via Cupa Vecchia nei pressi del Corso Vittorio Emanuele.

Il parco Viviani è visitabile relativamente da poco, infatti è stato chiuso per molti anni, ma è stato al centro di un programma di miglioramento già a partire dal 2000, quando si riuscirono a trovare dei fondi prima provinciali e poi regionali per l’apertura avvenuta proprio quell’anno, poi successivamente chiuso e recentemente riaperto. All’interno del Parco Viviani si possono anche visitare delle grotte, che sono servite come rifugio antiaereo durante la seconda guerra mondiale, anch’esse usate nel corso degli anni precedenti all’apertura come nascondiglio per tossicodipendenti. Il Parco Viviani, insomma, è una perla all’interno della II Municipalità che andrebbe sicuramente rivalutata al meglio.

lunedì 18 luglio 2016

Città Metropolitana: stanziati 16 milioni per messa in sicurezza Istituti scolastici di 21 Comuni


di Massimiliano Pennone


La Città metropolitana di Napoli, proseguendo nel dedicare grande attenzione al piano per l’edilizia scolastica, allo scopo di garantire una scuola sicura ed innovativa, ha aggiudicato lavori per 40 opere finalizzati alla messa in sicurezza e alla prevenzione e riduzione del rischio connesso alla vulnerabilità degli elementi anche non strutturali di edifici scolastici di 20 comuni del territorio metropolitano per un importo complessivo di circa 11 milioni di euro. Analogamente sono stati aggiudicati lavori finalizzati alla messa in sicurezza e alla prevenzione e riduzione del rischio connesso alla vulnerabilità degli elementi anche non strutturali di 15 edifici scolastici ricadenti nel Comune di Napoli per un importo complessivo di circa 5 milioni di euro.

Di particolare rilievo sono i lavori aggiudicati per il Liceo Scientifico “Urbani” di S.Giorgio a Cremano, l’Istituto Tecnico Industriale “Galvani” e il Liceo “Cartesio” di Giugliano, il Liceo Scientifico “Giordano Bruno” di Arzano e l’Istituto Tecnico Commerciale per Geometri “Pareto” di Pozzuoli.

Nel capoluogo partenopeo significativi i lavori aggiudicati per l’Istituto Tecnico Industriale “Marie Curie” di via Argine e per l’Istituto Tecnico per Geometri “Della Porta” di via Foria.


giovedì 7 luglio 2016

A Pozzuoli il risanamento ambientale delle coste


di Massimiliano Pennone

Accelerare i processi avviati per giungere finalmente a soluzioni concrete su inquinamento marino e risanamento ambientale. Questi gli obiettivi fissati al termine della visita a Pozzuoli del vicepresidente e assessore all'Ambiente e all'Urbanistica della Regione Campania Fulvio Bonavitacola. Dopo un incontro in Comune l'esponente della giunta De Luca ha compiuto, assieme al sindaco Vincenzo Figliolia e all'assessore all'Ambiente Franco Cammino, sopralluoghi all'impianto di depurazione di Cuma e lungo i canali Abruzzese e Camaldoli che sversano continuamente rifiuti sull'arenile di Licola. Erano presenti anche i consiglieri regionali Enza Amato e Luca Cascone, presidente della commissione regionale Urbanistica.

«Si è trattato di un segnale importante che la Regione Campania ci ha voluto dare - ha detto il sindaco Vincenzo Figliolia- e per questo ringrazio il presidente De Luca, oltre che ovviamente il vicepresidente Bonavitacola, che ha trascorso alcune ore a Pozzuoli. Per noi è importante avere l'attenzione e il sostegno dell'amministrazione regionale: solo così riusciremo a trovare una soluzione per fermare gli scarichi abusivi che inquinano le nostre coste e giungere all'adeguamento definitivo ed efficace del depuratore di Cuma».

I primi interventi riguarderanno la copertura della vasche di depurazione e la pulizia dei canali con l'individuazione degli sversamenti abusivi e delle responsabilità. «Non possono essere i Comuni a farsi carico delle azioni di bonifica - ha aggiunto Fulvio Bonavitacola - Occorre regolare questo problema anche con interventi straordinari».

«Ci battiamo da anni per avere spiagge e mare pulito e ci siamo più volte accollati le spese per la bonifica degli arenili, di Licola in particolare, pur non avendone le competenze - ha dichiarato l'assessore all'Ambiente Franco Cammino - Finalmente ora con la Regione Campania abbiamo individuato il percorso giusto per arrivare ai risultati che i cittadini si aspettano».