giovedì 25 agosto 2016

Ente Parco Nazionale del Vesuvio: un’opera importante in un contesto difficile

di Antonio Cimminiello 

Lavorare in realtà dove alta è la concentrazione di interessi economici non è per nulla facile. Spesso, questo significa mettere a repentaglio anche la propria tranquillità ed incolumità. Ed è questa la situazione che il più delle volte si ritrovano a fronteggiare gli enti i quali, in nome della mission istituzionale di tutela dell’ambiente, si ritrovano giocoforza nel giro di affari delle sempre più diffuse “eco-mafie”

Da anni il territorio ricadente nella giurisdizione dell’Ente Parco Nazionale del Vesuvio ha rappresentato terra franca per la commissione dei reati più vari, dalla coltivazione clandestina ed “occultata” di stupefacenti fino ai più classici casi di smaltimento illecito di rifiuti e abusivismo edilizio. Proprio con riferimento a quest’ultimo (tra l’altro fenomeno dalla doppia pericolosità, dato che il Vesuvio, come è noto, rappresenta un vulcano ancora in attività) recentemente l’Ente Parco Nazionale del Vesuvio ha provveduto alla notifica di più delibere di dispossessamento e sgombero aventi ad oggetto proprio gli immobili costruiti abusivamente. 

L’adozione di tali delibere ha acquisito un rilievo centrale: non è un caso infatti che stia sempre più prendendo corpo l’ipotesi investigativa secondo cui la diffusione dei recenti roghi sul Vesuvio rappresenti una sorta di “ritorsione” all’adozione dei provvedimenti sopra ricordati. Segno, quest’ultimo, dell’incidenza che, sicuramente, ha finito con l’avere l’operato dell’Ente, seppur tra tante difficoltà. 

Quella che in apparenza può manifestarsi come un’attività burocratica e silenziosa racchiude invece una notevole importanza, pari a quella delle pur importanti e più “pubblicizzate” operazioni predisposte dalle forze di polizia. E’ ancora vivo il ricordo del tentato agguato avvenuto nel Maggio scorso in Sicilia tra Cesarò e San Fratello ai danni di Giuseppe Antoci, presidente del Parco dei Nebrodi, molto probabilmente “colpevole” di aver dato attuazione ai cosiddetti protocolli di legalità al fine di non permettere la concessione di ampie zone di pascoli a criminali mafiosi. “Il mio impegno non si ferma e vado avanti", fu la risposta di Antoci. Segno che la salvaguardia di beni fondamentali, che vanno dalla civile convivenza alla tutela dell’ambiente, passa anche per l’adempimento “silenzioso” del proprio dovere istituzionale, soprattutto in realtà (e quella vesuviana vi rientra a pieno titolo) tanto affascinanti quanto delicate.

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