sabato 24 settembre 2016

Airola, una storia tragicamente ordinaria

di Gian Marco Sbordone

Il carcere minorile di Airola in provincia di Benevento
Un gravissimo episodio si è registrato alcuni giorni fa presso il carcere minorile di Airola in provincia di Benevento. Un gruppo di detenuti, tra i quali figuravano anche dei maggiorenni, ha inscenato una violenta protesta aggredendo con i piedi dei tavoli ed altri oggetti contundenti gli agenti di custodia e ferendo alcuni di essi in modo serio.

Si è detto che la rivolta sarebbe scoppiata per una questione di sigarette richieste e non concesse. Tuttavia, subito dopo, si è andata accreditando, sugli organi di informazione, la tesi secondo cui dietro la protesta ci sarebbero state ben altre motivazioni, riconducibili a contrasti tra gruppi criminali, tesi ad affermare una qualche supremazia. In buona sostanza, nel carcere si sarebbe riprodotta una situazione scoppiata all'esterno delle mura, forse tra i clan del napoletano.

Dopo qualche giorno, però, questa tesi è andata via via perdendo forza, andandosi ad affermare una verità probabilmente anche più grave e sconvolgente: la violenta rivolta è scoppiata proprio per la questione della sigarette e, forse, per qualche altro motivo legato all'applicazione del regolamento carcerario.

Questa verità è ancor più grave e sconvolgente perché, in sostanza, testimonia due cose. La prima è che la carica di violenza cieca e rabbiosa di questi giovani e giovanissimi è veramente terribile e, probabilmente, va oltre la nostra comune percezione. La seconda è che il carcere, che per definizione è un Istituto di pena e rieducazione (nel caso delle carceri minorili la seconda funzione prevale assolutamente sulla prima), ha fallito clamorosamente il suo obiettivo. Non lo ha fallito, ovviamente, solo ad Airola, ma lo ha fallito e lo fallisce sempre, perché non è in grado di rieducare un bel nulla, riconsegnandoci, dopo l’espiazione della pena, individui ben peggiori di quelli che vi fecero ingresso. E’ una vecchia questione, mai risolta e mai affrontata seriamente.

Il sindacato degli agenti della Polizia Penitenziaria lamenta una spaventosa carenza di personale. Accanto a questa, evidentemente, si registra quella di psicologi, di educatori ed anche di strutture che possano effettivamente essere in grado di recuperare i giovani ad un contesto civile e legale. Le carenze maggiori sono poi, indubbiamente, nel percorso post - carcerario. Appare evidente, infatti, che senza un reale supporto per questi giovani non c’è alcuna possibilità di inserimento nella società, a partire dal mondo del lavoro. 

E’ scontato, quindi, che quasi la totalità di essi sarà invece accolto a braccia aperte nel circuito perverso del malaffare e dell’illegalità. Purtroppo di Airola non si parla ormai più e tutto ciò che abbiamo detto, e che in vero era stato già detto mille e mille volte, andrà a far parte delle parole al vento, delle lettere morte.


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