di Marcello de Angelis
Nel meraviglioso romanzo “La fabbrica di cioccolato” lo scrittore Roland Dahl narrava le incredibili avventure capitate a 5 bambini che, vincendo un bizzarro concorso, avevano avuto la possibilità di visitate la più grande cioccolateria del mondo, gestita dal surreale Willy Wonka, magico e geniale inventore di incredibili gusti dolciari sempre nuovi. Opera di fantasia ovviamente! Però… se prendiamo i tre elementi fondamentali di questa storia: la fabbrica, il cioccolato, il proprietario dall’estro intuitivo, e trasferiamo il tutto nella cornice del golfo di Napoli, ecco prendere forma davanti ai nostri occhi la storia di Gay-Odin, la più famosa fabbrica di cioccolato della città partenopea.
Ed ecco Isidoro Odin, novello Willy Wonka, ventitreenne confettiere e cioccolatiere di Alba in Piemonte (ma originario della Svizzera) che a fine ‘800 decise di intraprendere un viaggio verso Napoli. In effetti, dopo Torino e Milano, già “conquistate” dalle sue delizie, rimanevano Roma o Napoli. La nostra città proprio in quel periodo rappresentava un vero e proprio centro culturale di grande importanza, alla pari di Londra, Parigi e Vienna, un ritrovo di intellettuali ed artisti provenienti da tutta Europa che la rendeva, a ben ragione, l’unica in grado di apprezzare le sue nuove, sperimentali combinazioni di sapori. Infatti, mentre per la maggior parte dei cioccolatieri la lavorazione del cioccolato non sembrava più in grado di offrire grosse novità, Isidoro intuì che i rapporti fra gli ingredienti, il vario utilizzo della cannella e di altri aromi, l'impasto e i tempi di tostatura potevano riservare ancora molte sorprese.
E così, con una valigia, qualche migliaio di lire e un biglietto di terza classe, partì per quella che in quel tempo ancora poteva definirsi come la capitale del sud! La città lo affascina a prima vista: resta stregato dalla sua bellezza e da quella folla che ai primi del secolo anima Via Toledo sino a notte fonda. Ai piedi del Vesuvio trova ad accoglierlo un popolo con un palato abituato alle cose buone e, come aveva immaginato, desideroso di provare nuove fusioni di caratteri. Gli odori e i sapori che scopre nella cucina partenopea diventano l’ispirazione per le sue creazioni.

Il negozio viene immediatamente apprezzato dal pubblico e quel dolce nettare che il giovane Odin espone nelle sue vetrine ancora di più: le essenze create da Isidoro iniziarono a far parte ufficialmente della tradizione partenopea. Le innovative miscele di variegati gusti, insieme al piacevolissimo profumo di cioccolato tostato che si espandeva da quella bottega ed in tutta la zona, piacquero a tal punto che, per soddisfare tutti, vennero aperte altre due sedi: la prima a Via Toledo e poi, nel 1922, il laboratorio di Via Vetriera 12, nel cuore della città, a pochi metri dal palazzo del principe d’Avalos, e quasi a ridosso di via Dei Mille, dove negli anni Venti abitava la migliore borghesia napoletana. Essa diede lavoro ad oltre cento persone, e, in puro stile Odin, mantenne fisso lo standard della lavorazione artigianale del cioccolato, decisione di chi non si lascerà mai influenzare dalla rivoluzione industriale.
Una volta consolidata la sua condizione economica, Isidoro sposò la conterranea e collaboratrice Onorina Gay e fondò ufficialmente il marchio Gay-Odin creando contestualmente la storica confezione, simbolo dell'azienda: la famosa carta bianca con il logo scritto in carattere liberty dal colore blu di Prussia, in cui da allora iniziarono ad esservi adagiati i meravigliosi “nudi” dalle mille forme e sapori inconfondibili, le tavolette classiche o la celeberrima “foresta” e le cialde ricche di crema al latte o alla gianduia.
Si moltiplicarono i punti vendita a Napoli fino ad arrivare a sette nel secondo dopoguerra. La tecnica di produzione col passare degli anni non subì alcuna modifica continuando ad essere quella antica: la tostatura sempre lenta e in maniera artigianale. Eccellenti le materie prime utilizzate a cominciare dal cioccolato esclusivamente della pregiata varietà criollo, originario del Messico. Oltre al cacao, anche tutti gli altri ingredienti vennero selezionati accuratamente, la gamma di produzione era vastissima e, ai formati tradizionali prodotti tutto l’anno si aggiunsero col tempo quelli stagionali.
Onorina e Isidoro non ebbero figli e, agli inizi degli anni ‘60, lui cominciò a trasferire tutti i segreti del mestiere a Giulio Castaldi, mantenendone però la direzione, fino alla sua scomparsa negli anni ‘70. Castaldi a sua volta, li trasferì al nipote Giuseppe Maglietta che, all'inizio degli anni ’80, prese le redini dell’azienda insieme alla moglie Marisa e poi con i figli Davide, Sveva e Dimitri. Tutt’oggi vivono e lavorano nel palazzo di Via Vetriera, dove l’arredamento continua ad essere quello originario così come i macchinari e la pregevole manifattura. Circa 30 operai si occupano del laboratorio e una ventina si dividono tra gli ormai nove negozi in città e quelli di Roma e Milano. Degna di nota è l’innovativa vendita online capace di offrire anche a chi è lontano la possibilità di gustare le meraviglie dei Maître Chocolatier. Oggi, grazie a quel Piemontese che ha dato nuovo slancio alla già famosa tradizione gastronomica partenopea tra pastiere, sfogliatelle e babà, trova sicuramente il suo posto anche il cioccolato.
Che dire ancora di un posto così seducente dove i profumi e gli aromi si fondono ogni giorno con l’amore di chi ha fatto di un sogno il proprio lavoro e un’eccellenza nel mondo dell’industria napoletana? A questo punto risulta chiaro che Isidoro Odin non avrà avuto i poteri di Willy Wonka e la fabbrica di Via Vetriera non sarà “fantastica” come quella di Roland Dahl, ma la magia profusa dalla cioccolata di Gay-Odin è capace di regalare a tutti, ma proprio tutti, un momento di dolcissime emozioni.