di Gian Marco Sbordone
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Panorama da Città della Scienza |
Lo spaventoso incendio che il 4 marzo 2013 distrusse, incenerendolo, gran parte del complesso di “Città della Scienza”, costituisce una di quelle tante (troppe) ferite di questa martoriata città difficili da rimarginare.
E’ bene ricordare, perché in questi tempi tutto sembra scorrere ed essere dimenticato troppo velocemente, che “Città della Scienza” ha rappresentato per Napoli un qualcosa di straordinariamente importante. Un simbolo della possibilità di riscatto, guardando alla modernità e ad un futuro di progresso legato alla scienza e alle nuove tecnologie. Un simbolo anche di inventiva, della possibilità di collegare la scienza alla cultura ed individuare modelli nuovi di divulgazione ai giovani e ai giovanissimi che, infatti, a migliaia giunsero da tutta Italia a visitare meraviglie di quel sito. Il tutto, poi, calato in un contesto in cui sembrava che veramente Napoli potesse cambiare, che veramente potesse esserci quello che un po’ enfaticamente, ma con un certo fondamento, fu definito il “nuovo rinascimento napoletano”.
La tragedia, in verità, si consumò quando ormai di quel rinascimento non si parlava già più da un po’. E fu come mettere il sigillo sulla fine di un ciclo, come l’ interruzione definitiva ed irrimediabile di un circuito virtuoso in cui tanti avevano creduto. Le indagini successive all'evento sono state tutt'altro che semplici. Apparve evidente che la terribile azione criminosa fosse stata condotta da gente esperta. Basti pensare che gli investigatori individuarono almeno sei focolai, in punti diversi, che consentirono lo svilupparsi di un incendio che avrebbe dovuto procurare più danni possibili.
Gente esperta dunque e “senza scrupoli”, come si dice. Soprattutto gente che aveva agito sulla base di un qualche disegno preordinato con cura e finalizzato ad un obiettivo importante. Quale gente? Quale obiettivo? Francamente le indagini hanno fatto ben poca luce su tutto ciò. Non si sa chi sono stati i mandanti, nè gli autori materiali, come siano entrati, come se ne sono andati.
Si disse: ”sono venuti dal mare”. Non si sa nemmeno il perché. Si disse: ”forse per il premio assicurativo, forse per gli interessi della camorra”. Alla fine hanno arrestato, poi processato e il 2 dicembre scorso condannato, Paolo Cammarota, il custode. Era lì quella notte, non poteva non aver visto, non essersi accorto di niente.
Un processo, quindi, che ha lasciato molti interrogativi e tanto amaro in bocca. Avremmo voluto sapere quale mente criminale potette progettare un tale scempio, anche per poter chiedergli se avesse immaginato quali danni avrebbe arrecato con quel gesto alla sua città, alla sua gente. Si perché, saranno pure venuti dal mare, ma è verosimile credere che chi ha ordito lo scempio, e chi l’ha eseguito, appartenga proprio alla nostra gente.
Si dice che la verità prima o poi viene sempre a galla: auguriamocelo. Auguriamoci soprattutto di trovare la forza per reagire. Per il momento registriamo che la ricostruzione di Città della Scienza, partita sotto i migliori auspici e sospinta dalla solidarietà e dalla generosità di molti, anche tantissimi privati cittadini, sembra aver perso slancio, sembra essersi arenata. E speriamo, soprattutto, che i demoni, venuti dal mare o dall' inferno, tutti i demoni che infestano la città, ritornino nell’ inferno, o perlomeno se ne vadano via, magari via mare.
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