mercoledì 25 gennaio 2017

Neet: la (de)motivazione al lavoro

di Noemi Colicchio

L’87.7% dei giovani campani che hanno svolto un tirocinio nella Pubblica Amministrazione, in seguito a questa esperienza, torna ad essere “Neet”. “Not (engaged) in Education, Employment or Trainin”, questo per esteso l’infausto acronimo che descrive la condizione di inoccupazione delle persone – soprattutto di giovane età – non inserite in un percorso scolastico o formativo, né impegnate in un’attività lavorativa.

L'Assessora Sonia Palmeri
È quanto emerge da un sondaggio condotto dalla Nidil Cgil Campania nel Gennaio 2017, il sindacato per lavoratori atipici regionale, su un campione di 400 individui. I risultati sono più che scoraggianti, soprattutto tenendo conto di quanto le aspettative circa il livello di occupazione giovanile si siano alzate grazie al progetto Garanzia Giovani. Il contenzioso tra il sindacato e l’Assessore regionale al lavoro Sonia Palmeri ha avuto origine in concomitanza con l’approvazione del piano europeo, ormai mesi fa. 

Andrea Pastore, responsabile politiche giovanili Cgil Campania e Angelo Savio, segretario regionale Nidil, consci dell’impossibilità delle P.A. di dare un impiego fisso ai tirocinanti se non per via concorsuale, continuano a battersi affinché queste ore di stage vengano quanto meno riconosciute in un attestato utile per il punteggio al candidato. Non solo, tra le richieste avanzate anche l’istituzione di un tavolo tecnico permanente a livello regionale utile a risolvere criticità d’ogni genere. Nulla da fare. Anzi, ancora oggi il 40% degli stagisti sembra essere in attesa di incassare il pagamento per le ore di lavoro svolte e la stessa quota, ad oggi, è indice della percentuale di disoccupati in Italia, la peggiore da Giugno 2015. Di fronte alle ultime dichiarazioni dell’Assessore circa gli impieghi totali ottenuti in Regione grazie a Garanzia Giovani nell’ultimo anno, per un totale di 6.740 assunzioni, Pastore risponde così: “Onestamente, se questi dati di cui parla la Palmeri possono essere considerati sufficienti dovremmo chiederlo ai tantissimi ragazzi che sono tornati ad essere sfiduciati e, appunto, Neet”.

La sfiducia non è un effetto collaterale da sottovalutare. In Campania, infatti, i giovani che hanno aderito al progetto Garanzia Giovani sono 100 mila su circa 220 mila. Un dato importante che rispecchia lo spaccato della generazione moderna impossibilitata a creare un futuro autonomo e che arranca grazie al sostegno delle proprie famiglie. Una generazione che però non smette di cercare una motivazione per continuare a credere in progetti professionali e percorsi di formazione, in grado di metterli in linea con le figure professionali richieste dalle aziende. L’aspetto peggiore della questione è stato in effetti sollevato, con perspicacia e sensibilità, dallo stesso Nidil nella voce di Savio: “Se, poniamo, un 23enne svolge sei mesi in un ufficio comunale e poi arrivederci e grazie, in primis si sente frustrato e poi, in mancanza pure di quei pochi soldi che gli spettano per il tirocinio, scatta in lui l’urgenza di trasferirsi altrove per trovare un impiego. Altro che ‘aiutiamo i giovani a restare nella loro città”. 

Non riconoscere ad un individuo il valore equivalente al lavoro da lui svolto è la migliore motivazione che gli si possa dare per non cercarne un altro. Se si continua di questo passo, la categoria “Neet” straborderà e avremo bisogno di altri neologismi per dar nome alle moderne anime viventi nel limbo del precariato. Ad ognuna, una (de)motivazione diversa.

Fiction: è boom per I bastardi di Pizzofalcone. Ecco tutti i luoghi di Napoli usati come location

di Danilo D'Aponte

Prosegue inarrestabile il successo della fiction Rai I bastardi di Pizzofalcone, basata sull'opera letteraria di Maurizio de Giovanni. Ve ne avevamo già accennato nei mesi scorsi, ma forse non ci aspettavamo questo esito di pubblico: 7 milioni di telespettatori (con il 25,5% di share) sono rimasti incollati a seguire i primi due episodi della serie, risultando lunedì e martedì il programma più visto da tutte le fasce di pubblico, con ascolti record tra i laureati e gli abbonati alla pay-tv.

Tra gli spettatori d'eccezione anche il Sindaco di Napoli, Luigi de Magistris che sulla sua pagina Facebook scrive: "Voglio fare i complimenti all'amico Maurizio de Giovanni, ad Alessandro Gassmann ed a tutta la troupe per lo straordinario successo televisivo de 'I bastardi di Pizzofalcone', tratto dall'omonimo romanzo". Fiction che annovera oltre al già citato Gassman, altri attori di spicco come Carolina Crescentini e Tosca d'Aquino e che segue le vicende dell'Ispettore Lojacono (Gassman) che indaga, insieme ai suoi colleghi, su un caso di omicidio in ogni puntata. Come per ogni fiction che ha come ambientazione la nostra città non mancano le polemiche, sempre sulla questione dei meriti artistici dell'opera, sul realismo, sull'aderenza alla realtà dei nostri luoghi (tra falsi miti e realtà). Ma se abbiamo già affrontato il problema con Gomorra, non altrettanto facemmo coi luoghi della serie.

E allora, quali sono le location che, tra novembre 2015 e maggio 2016, hanno fatto da sfondo al nostro eroe?

Dalla bella Certosa di San Martino a Palazzo Carafa, in cui ha sede il fittizio Commissariato (sulla collina di Pizzofalcone che presta il nome al titolo della fiction), lì dove in realtà ha sede l'Archivio Storico di Napoli, sezione militare. 

Militare è anche la nota scuola Nunziatella che si trova alla fine di questa strada, che parte da P.zza Plebiscito, in cui si erge il palazzo del commissariato.

C'è inoltre Via Tarsia a far da sfondo alle scene in auto, oppure l'isola F del Centro Direzionale di Napoli, forte dei suoi grattacieli, offre dall'alto panorami particolari di Napoli.

C'è poi la stazione della Metro 1 di Napoli a Via Toledo, forte del titolo di stazione più bella d'Europa, o il mare del Castel dell'Ovo con relativo Borgo Marinari.

C'è poi Piazza Sannazzaro, che introduce infatti le scene girate sul lungomare, che non gode però dell' "esclusiva" delle location di mare, in quanto sono state girate scene anche sulle spiagge di Bagnoli. E poi ancora, Salvator Rosa, l'Ospedale Monaldi, l'Ospedale del Mare a Ponticelli, la Federico II e la sua sede di Monte Sant'Angelo. Sempre a proposito di Università, c'è spazio anche per il Suor Orsola Benincasa

Pensate che sia abbastanza? Niente affatto, perché tra le location utilizzate c'è anche il palazzo della Città Metropolitana di Napoli di piazza Matteotti, che ha "prestato il suo volto" alle riprese della già celebre fiction diretta da Carlo Carlei.



Alla scoperta delle meraviglie di Napoli: Porta Nolana e Porta Capuana

di Marcello de Angelis

Porta Nolana
Delle porte di Napoli, quelle necessarie aperture di un sistema difensivo indispensabile che consentivano l’ingresso in città, sono rimaste ormai ben poche testimonianze di cui, la maggior parte, hanno subìto modifiche col passare dei tempi e con l’evolversi delle necessità strutturali e sociali della città. Abbattute, addossate ai palazzi, smembrate per esigenze costruttive o, al contrario, inglobate nel panorama urbanistico attuale oppure, incredibile anche solo pensarci, materialmente smontate e ricostruite altrove. Ciò accadeva perché nel 1484 la nascita della nuova cinta muraria aragonese apportò notevoli cambiamenti alla murazione precedente e fu inevitabile spostare alcuni varchi di entrata di Napoli come quando, nel 1563, il duca d’Alcalà, continuando l’opera di Don Pedro De Toledo, fece allungare le mura occidentali verso S. Lucia ed il Chiatamone per poi essere modificate ancora nel 1782 con la caduta della suddetta cinta.

Un tipico esempio lo troviamo sul finire del XIII secolo quando, sul limite di Via Benedetto Croce, la “Porta Cumana” venne spostata tra Piazza del Gesù e via Domenico Capitelli e ribattezzata “Porta Reale”. Ma la posizione non fu quella definitiva perché nel 1536 venne nuovamente spostata al capo Nord di via Toledo per poi essere abbattuta due secoli dopo, al fine di rendere più agevole il traffico. Al suo posto oggi restano due lastre di marmo che ne ricordano la costruzione e la demolizione

Le porte più famose, protagoniste di tali spostamenti, sono la “Porta Nolana” e la “Porta San Gennaro”. La prima, risalente al periodo aragonese, costruita dallo scultore e architetto Giuliano da Maiano è situata sull’attuale Corso Garibaldi, allora conosciuto come “la via dei fossi”, e si ispira alla vicina “Capuana”. Eretta intorno al V secolo d. C. nella zona di Forcella, era conosciuta per questo motivo con il nome di Porta Furcillensis (altrimenti detta del Cannavaro). Alla fine del XV secolo, nell’atto di ampliamento delle mura cittadine, gli aragonesi decisero di spostarla dove si trova oggi (purtroppo inglobata in un vergognoso contesto di abusivismo edilizio), ovvero orientata verso la città di Nola, cosa che le ha dato l’attuale denominazione. 

Costruita con uno stile rinascimentale, è formata da un arco in marmo sovrastato da tre stemmi: quello centrale raffigura un intreccio di armi aragonesi ed angioine e presenta i simboli di Francia e della casa d’Angiò e ai suoi lati sono presenti due scudi sannitici. Spicca, inoltre, un bassorilievo quattrocentesco su cui era scolpito Ferrante I d’Aragona a testa scoperta, con indosso l’armatura e la corona, in groppa a un cavallo e con la spada sguainata nell’atto di colpire.

L’arco è incastonato tra due imponenti torri cilindriche di piperno datate 1555 chiamate Speranza (a nord) e Cara Fè, o torre della Fede (a sud) che ormai fungono da protezione non più dei cittadini napoletani bensì di una delle espressioni più veraci del costume partenopeo: il mercato del pesce

Nello spessore del muro è ancora visibile la scanalatura della saracinesca. La porta mostrava inoltre un affresco di Mattia Preti con protagonista San Gennaro, in compagnia di San Francesco e Santa Rosalia, mentre riceve l’apparizione dell’Immacolata con il Bambino Gesù in braccio, cui chiede aiuto per il popolo napoletano falcidiato dalla peste. L’affresco è stato però totalmente cancellato, probabilmente nell’Ottocento.

Porta San Gennaro
L’altra porta protagonista di surreali spostamenti successivi alla propria edificazione fu “Porta San Gennaro”, che viene ad essere la più antica della città di Napoli, oggi aggregata in un complesso di abitazioni successivo che si affaccia sull'ampia via Foria, di fronte a piazza Cavour. Fu aperta nel 1573 sul versante settentrionale della cinta muraria di Napoli, anche se la sua prima costruzione è datata intorno all’anno 928 quando dilagava la paura dei Saraceni che avevano già distrutto la città di Taranto. 

Già dal X secolo si hanno testimonianze che venisse denominata “di San Gennaro”, cosa derivante dal fatto che proprio da essa partiva l’unica strada che portava alle catacombe dell’omonimo Santo. La “Porta del tufo” è l’altra nome che le veniva attribuita in quanto da essa entravano in città i grandi blocchi di tufo estratti dalle cave del vallone della Sanità. Fu protagonista di uno smontaggio con relativa ricostruzione nella metà del secolo XV, allorquando le mura greco-romane della città furono spostate e la porta fu ricostruita poco lontano dal luogo originale tra Caponapoli e il vallone di Foria. Nel 1537 fu nuovamente spostata per volere del Vicerè di Toledo (il cardinale Antonio Perrenot de Granvela), e furono eliminate le due maestose torri fortificate che la fiancheggiavano, occupando finalmente la collocazione che ancora oggi conserva.

Dopo l’epidemia di peste del 1656, come ex voto, vi fu aggiunta un’edicola affrescata sempre dal pittore Mattia Preti, con motivi sacri, oggi ancora in buono stato di conservazione dopo il recente restauro. Nel 1659 fu aggiunto il busto di San Gaetano (realizzato in pietra da Bartolomeo Mori), su richiesta dei padri teatini. La nicchia sottostante, con il quadro della Vergine, è un ex-voto del 1887 per lo scampato colera del 1884.

Allarme meningite: troppa disinformazione

di Luigi Rinaldi

E’ vero, al peggio non c’e mai fine. Non bastavano le continue inefficienze del nostro sistema sanitario a mortificare e vanificare le aspettative di assistenza di milioni di italiani. Da un po’ di tempo ci si diverte anche a confondere le idee alla popolazione, come dimostrano la scellerata campagna contro i vaccini ed il conseguente allarme meningite. Ma si sa, i poteri forti non si creano scrupoli a giocare con la salute dei cittadini per il conseguimento dei propri scopi. Nel lontano 2007, Beppe Grillo lanciò il primo anatema contro i vaccini in occasione del Vaffaday bolognese. 

A distanza di circa sei anni, i seguaci del Movimento Cinque Stelle hanno presentato una proposta di legge ipotizzando collegamenti tra le vaccinazioni e malattie specifiche quali leucemia, intossicazioni, infiammazioni, immunodepressioni, mutazioni genetiche trasmissibili, malattie tumorali, autismo e allergie. Solo qualche mese fa i consiglieri pentastellati emiliano-romagnoli hanno addirittura votato contro l’obbligo di vaccinazione per i bambini iscritti agli asili. Una presa di posizione tanto netta, supportata dall’approvazione di tantissimi italiani, non poteva non innescare da parte del Governo e delle lobbies farmaceutiche un’altrettanto scellerata campagna di controinformazione. In questo caso si è puntato su un fantomatico allarme meningite da meningococco B e C, con conseguente delirante corsa alla vaccinazione, a dimostrazione del fatto come la scarsità o l’eccesso di informazione possano provocare risposte esagerate. Un dato è certo, al momento non esiste alcuna epidemia e lo dimostrano i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, i quali evidenziano che nel 2016 sono stati contati 191 casi di meningite da meningococco, ossia 4 in meno dell’anno precedente e 27 in più del 2014. In particolare, i casi di meningite da meningococco C, il più pericoloso, sono stati 67 l’anno scorso, 63 nel 2015 e 36 nel 2014. Ne consegue che il rischio di contagio è estremamente basso. 

L’incidenza è sicuramente maggiore nella fascia 0 - 4 anni d’età, resta alta fino ai 24 anni e progressivamente decresce. I medici consigliano la vaccinazione solo a chi per motivi di lavoro entra in contatto con soggetti portatori del batterio e per alcune fasce di popolazione particolarmente a rischio. Anche nella nostra Regione, come nel resto d’Italia, giornali e televisioni seguono da vicino ogni caso di meningite appena individuato, omettendo però di riferire qual è l’esito finale a meno che si tratti di una morte. 

Confondere in questo modo le idee della popolazione è da irresponsabili, soprattutto nell’attuale epoca dei social network, con un effetto domino dai risvolti incalcolabili. Anche perché non è giusto, in alcun modo, strumentalizzare l’utilizzo dei vaccini, i quali hanno salvato la vita di milioni di esseri umani nel corso della storia. La controprova viene dall'Inghilterra, dove sull'onda emotiva di alcune discutibili ricerche è stato abolito l'obbligo di vaccinazione contro il morbillo - che l'OMS classifica come la quarta causa di mortalità infantile - e dove si è verificata una vera e propria ondata epidemica di morbillo, con conseguenze anche letali, perché il morbillo può uccidere oltre che lasciare gravi lesioni. 

Le vaccinazioni rappresentano una eccezionale scoperta che ha cambiato il volto della storia della medicina e, proprio per questo motivo, il ricorso a questo eccezionale strumento di prevenzione deve avvenire in modo razionale, sotto le direttive del mondo scientifico e delle organizzazioni sanitarie.


Nuove assunzioni in Easyjet: nuove prospettive per il lavoro in Campania

di Antonio Cimminiello

Aeroporto di Capodichino
Cresce la disoccupazione, quasi ad esaurire l’effetto originato dal “Jobs Act”. Cresce il rischio di tracollo di importanti e consolidate realtà produttive, come purtroppo il caso Almaviva evidenzia. Ma nel clamore e disfattismo che inevitabilmente accompagna tutto ciò, iniziative di crescita occupazionale, seppure non confortate da grandi numeri, assumono sempre più i connotati di un raggio di sole. 

E così può salutarsi la scelta di recente adottata da Easyjet, una delle compagnie aeree low coast più importanti del mondo, e cioè la decisione di provvedere a nuove 70 assunzioni presso l’Aeroporto di Capodichino a Napoli. Questa scelta si inserisce in un più ampio processo di sviluppo presso lo stesso scalo partenopeo, tra le cui conseguenze si ricorda in particolare la previsione di 9 nuove destinazioni. 

Le recenti festività hanno attratto a Napoli una mole notevole di turisti come non accadeva ormai da tempo, e tale aspetto probabilmente è stato preso in considerazione da Easyjet: non a caso con il piano di rilancio sopra ricordato si arriva alla disponibilità complessiva di quasi 3 milioni di posti a disposizione dei passeggeri. E se ne ha una piena conferma anche con l’annuncio di una contemporanea collaborazione con istituzioni impegnate proprio nella gestione e valorizzazione delle risorse archeologico-culturali campane (come ad esempio il sito di Paestum) che si tradurrà innanzitutto in operazioni promozionali, come la possibilità di sconti presso le istituzioni prima ricordate a seguito dell’acquisto di un biglietto Easyjet. 

Ma mai come in questa occasione il merito non è esclusivamente da attribuirsi al patrimonio paesaggistico, storico e culturale ed alle altre bellezze di quella che anticamente fu denominata “Campania felix”. La previsione di nuove 17 nuove destinazioni internazionali da parte della “concorrente” Ryanair, nonché la recentissima inaugurazione del “BeNbO”, meglio noto come “hotel a capsule”- di cui finora in Italia se ne aveva un solo precedente all’Aeroporto di Bergamo- unitamente al citato piano di Easyjet, confermano il crescente prestigio che sta assumendo progressivamente lo scalo di Capodichino in termini di quella efficienza che senza dubbio contribuisce a fungere da attrattiva a progetti davvero interessanti e proficui. Un merito quindi va riconosciuto a questa realtà, “esempio di buona gestione e di come le cose si possono fare bene anche al Sud” , parole del Ministro Graziano Delrio.


Aumentano gli abbonamenti AV Napoli-Roma. De Magistris difende i pendolari

di Massimiliano Pennone

Dal mese di febbraio gli abbonamenti per i pendolari alta velocità (cioè che utilizzano quotidianamente i Frecciarossa della flotta di Trenitalia) subiranno un ammortamento del 35%. Trenitalia, dopo i proclami dei mesi precedenti e le polemiche a distanza con le community di pendolari e con il senatore del PD, Esposito, ha deciso di suddividere gli abbonamenti delle tratte AV in 4 fasce diverse: per i viaggiatori che utilizzano i treni 5 o 7 giorni su 7 e per quelli che utilizzano i treni durante o al di fuori della fascia oraria 9-17.

La notizia si è appresa da alcuni quotidiani il 17 gennaio, lasciando dunque ai pendolari pochissimi giorni per organizzarsi per il mese successivo. Trenitalia, infatti, dopo la polemica si era limitata soltanto a rivedere il sistema delle prenotazioni, non accennando ad alcun rincaro per gli abbonamenti. Una vera e propria “mazzata” per i migliaia di lavoratori e studenti che ogni giorno affollano i treni soprattutto nelle tratte Milano-Torino e Napoli-Roma e che non possono fare a meno di rivolgersi a Trenitalia, visto che Italo ha già da diversi mesi sostituito gli abbonamenti con i più costosi carnet viaggi.

Oltre al danno, poi, anche la beffa: secondo alcuni pendolari che si sono sfogati su Twitter, istituire una fascia economica fra le 9 e le 17 è stato fatto apposta per impedire ai lavoratori di usufruirne, dal momento che è incompatibile con qualsiasi orario full-time. Questo costringerebbe a centinaia di impiegati, insegnanti e studenti ad acquistare da febbraio una fra le fasce di abbonamento da 427 o 481 euro, a fronte dei 356 della tariffa soppressa in vigore fino a gennaio.

Sul caso si è pronunciato anche il sindaco di Napoli Luigi de Magistris: “Riteniamo questa decisione molto grave. Un aumento spropositato degli abbonamenti costringerà migliaia di lavoratori che risiedono a Napoli e in Comuni dell'area metropolitana e che lavorano a Roma ad abbandonare i loro comuni per risiedere definitivamente nella Capitale con conseguenze pesanti per l’economia della nostra area metropolitana”.

E’ assurdo che si chieda a migliaia di persone di rinunciare a metà dello stipendio per poter raggiungere il posto di lavoro, soprattutto in un periodo come quello che stiamo vivendo in cui trovare un lavoro è particolarmente difficile”, ha aggiunto il presidente del gruppo consiliare Campania libera, Psi e Verdi, Francesco Emilio Borrelli, che chiede a Governo e Regione di trovare i fondi necessari anche a costo di introdurre una detrazione sull’Irpef dei viaggiatori.

E infatti, la decisione di Trenitalia rischia di costringere centinaia di pendolari che non possono permettersi l’abbonamento a trasferirsi a Roma, o addirittura a rinunciare al lavoro fuori regione, considerati gli alti costi degli affitti nella Capitale. Un danno economico enorme per la Campania e la città di Napoli, che da tempo chiedono il riconoscimento della “continuità territoriale” per i pendolari che lavorano negli uffici romani ma che vivono e, soprattutto, spendono in regione.

Leonardo Da Vinci torna a Napoli: al Museo Diocesano in mostra il Salvador Mundi

di Antonio Ianuale

Il Salvator Mundi
Il grande maestro Leonardo Da Vinci torna a Napoli, dopo trentaquattro anni dall’esposizione al museo di Capodimonte della mostra “Leonardo e il leonardismo a Napoli e Roma”. Il 12 gennaio è stata inaugurata, al Museo Diocesano di Napoli, diretto da Don Adolfo Russo, una spettacolare mostra dedicata al genio rinascimentale, con l’esposizione di alcune tele di Leonardo e di suoi allievi, tra cui spicca la celebre tavola Salvator Mundi

La tela, un dipinto ad olio su tavola di legno che misura 66 centimetri di altezza per 46 di larghezza, è stata oggetto di discussione tra i critici per decretarne la paternità: realizzata verso il 1499 per un privato, ne furono presto perse le tracce, fino a quando Robert Simon, proprietario della omonima galleria d'arte di New York, dopo averla rilevata all’asta, ha sottoposto la stessa ad un restauro ed alla valutazione sulla sua autenticità. Il risultato ha confermato l’attribuzione a Leonardo, che l’avrebbe dipinta a Milano, poco prima della caduta degli Sforza. 

Ancora oggi, sebbene i maggior esperti ne decretino la certa attribuzione al maestro da Vinci, altri studiosi ritengono invece, che sia opera degli allievi del genio toscano. Il Salvator Mundi resterà in esposizione fino al 30 marzo, insieme al Cristo fanciullo del Salaì e tre preziosi fondi grafici: il Codice Corazza dalla Biblioteca Nazionale di Napoli, il Codice Fridericiano, custodito nella Biblioteca di Area Umanistica dell’Università Federico II, ed il testo “Napoli antica e moderna”, redatto dall’Abate Domenico Romanelli

Nella stessa esposizione si potrà ammirare un altro capolavoro della pittura italiana: il Cristo Benedicente, custodito nel Complesso Monumentale di San Domenico Maggiore, attribuito solo recentemente al pittore messinese Girolamo Alibrandi. L’exibit vede la collaborazione del maggior esperto su Leonardo da Vinci, il Prof. Carlo Pedretti, Direttore dell'Armand Hammer Center for Leonardo Studies presso l'Università della California (U.C.L.A.) e la cura scientifica dello storico dell’arte Nicola Barbatelli.

L’inaugurazione ha visto la partecipazione del Cardinale Crescenzio Sepe, del Governatore Vincenzo De Luca, del Vice Sindaco della Città Metropolitana David Lebro e dello stesso Nicola Barbatelli, che ha confermato la paternità del dipinto a Leonardo: «Comparando i disegni vinciani, il loro testo pittorico, tutto corrisponde a far sì che questo Salvator Mundi possa essere stato realizzato da Leonardo. Poi possiamo anche pensare che alcuni aspetti, cosiddetti di disturbo, siano da attribuire alla bottega del maestro (la veste, gli occhi, lo sguardo), ma questo non toglie nulla alla titolarità dell'attribuzione a Leonardo di questo capolavoro, dipinto nel 1499».

La mostra sarà visitabile fino al 30 Marzo durante i consueti orari di apertura del Museo Diocesano di Napoli: dal lunedì al sabato, dalle ore 9:30 alle 16:30, domenica dalle ore 9:30 alle 14:00.

Scuole in Italia: ma che freddo fa?

di Noemi Colicchio 

Nuovo anno all’insegna del maltempo: il 2017 è stato inaugurato da forti raffiche di vento, piogge scroscianti e nevicate inaspettate. Questo lo scenario apparso di fronte agli occhi degli studenti rientrati tra i banchi di scuola a seguito della pausa natalizia. In pochi giorni quello che pareva essere un avvio più turbolento del solito, si è trasformato in emergenza e allerta meteo, da fronteggiare fino al tacco dello stivale in modo tempestivo ed efficiente. 

Sofferenti e disagiate le zone terremotate sopra tutte, insieme con l’entroterra e le piccole frazioni, ma anche le grandi città non sembrano aver risposto in maniera eccellente. Da Bologna a Palermo, passando per Napoli e la capitale: tanti i centri urbani in cui gli studenti sono costretti a tenere il cappotto in classe per contrastare il freddo. Sistemi di riscaldamento funzionanti ad intermittenza, o per nulla, aggravano il calo di temperatura corporea dovuto allo star fermi durante le canoniche 6 ore di lezione giornaliera. 

La Ministra dell'Istruzione Valeria Fedeli
"È inaccettabile che nelle scuole vi siano le caldaie rotte e i ragazzi e le ragazze debbano seguire le lezioni al freddo", è il commento di Valeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Il 16 Gennaio scorso presso il Comune di Salerno, in occasione del convegno “Conoscere, formare e cambiare” voluto dall’Associazione “In Movimento” sulla parità di genere, ha così commentato la grave problematica: "Le risorse in tale senso non competono al ministero della Pubblica Istruzione, però nonostante questo abbiamo subito diramato una circolare ai nostri direttori regionali perché facessero immediatamente una verifica anche delle tipologie ordinarie, in realtà straordinarie, di funzionamento delle scuole". Continua poi: "Noi magari pensiamo a cose fondamentali come la messa in sicurezza delle scuole, alla loro bellezza e funzionalità ma dentro questo c'è anche la caldaia che non può essere rotta. Gli studenti devono stare al caldo e stare bene a scuola".

Per fare il punto della situazione, Skuola.net ha realizzato un sondaggio su un campione di 1.800 studenti - suole medie e liceo - sparsi per tutta Italia, chiedendo loro di eventuali disagi in aula causati dal freddo. Ebbene, per più di 1 intervistato su 2 la risposta è: decisamente sì. In particolare al Sud, il 74% dei ragazzi pare aver risposto all’emergenza con sciarpe, guanti e piccole stufe elettriche

Chiusi invece a giorni alterni diversi istituti nel beneventano, salernitano, Cilento e Vallo del Diano a causa delle forti nevicate: strade ghiacciate impediscono l’ordinaria viabilità e raggiungere alcune strutture diventa problematico oltre che rischioso. Non solo, a causa del forte calo di temperature parte delle condutture sono ghiacciate, con relativo congelamento dell’acqua, il che provoca da ormai un mese – anche se ad intermittenza – gravi disservizi. 

Vero è che l’inadeguatezza dei mezzi si accompagna ad una scarsa abitudine a fronteggiare il problema, ma che questo non funga da giustifica. Un oleato meccanismo si definisce tale quando sa adattarsi alle problematiche riscontrate, altrimenti non è da considerarsi funzionante. E questo è un rischio che una Regione come la Campania, ad oggi, non può più permettersi di correre.


EAV: La riorganizzazione dopo l’evitato fallimento

di Marcello de Angelis

L'Ente Autonomo Volturno (o più semplicemente Eav), è una storica azienda campana istituita nel 1904. Il suo scopo originariamente era quello di gestire il settore della produzione dell'energia idroelettrica utilizzando la forza idraulica del fiume Volturno. Col passare degli anni le sue attività si sono ampliate fino ad abbracciare la progettazione e gestione di sistemi di trasporto pubblico della Regione Campania.

Nel 1931 assunse la gestione della società autofilotranviaria di Napoli, che a sua volta aveva da poco integrato quella delle tranvie di Capodimonte, e acquistò la ferrovia Cumana progettando la costruzione della ferrovia Circumflegrea. Con una legge regionale del 2001 l'ente controllato dalla Regione Campania divenne una holding del trasporto regionale e dal 2005 un soggetto atto al coordinamento gestionale, economico e finanziario dell'esercizio di trasporto e degli investimenti.

Nel 2008, con una operazione di scissione societaria, venne costituita la Eav Bus Srl, finalizzata ad una gestione unica degli autoservizi prima in capo ad altre società. Ma tale operazione culminò con il suo fallimento nel novembre 2012. Nel 2013 la Regione Campania ha affidato direttamente ad Eav l'esercizio delle autolinee precedentemente gestite da Eav Bus che, quindi, si trova così a svolgere compiti sia di impresa ferroviaria che di gestore dell'infrastruttura per le ferrovie acquisite in seguito alla fusione di Circumvesuviana, Sepsa e Metrocampania Nordest. Una fusione scellerata che ha dato vita ad una società nata finanziariamente fallita che è sopravvissuta solo per effetto di una legge nazionale del 2013, che impediva ai creditori di agire sul patrimonio di Eav sino alla fine del 2016.

Nella tragica realtà giornaliera il trasporto su rotaia di questi ultimi anni appare più che mai abbandonato a se stesso, tra scioperi selvaggi dei lavoratori non pagati, investimenti programmati e mai effettuati, convogli che, sprezzanti del pericolo che rappresentano, continuano a viaggiare da oltre 30 anni e da 20 non arrivano nuovi treni per la cumana. In circumvesuviana sono arrivati 26 nuovi treni nel triennio 2012-14 ma in gran parte non funzionano o funzionano male e quelli che ancora circolano della circumflegrea spesso vanno in fiamme o deragliano.

Proprio l’amministratore delegato, illustrando la situazione dell’ente, l’ha definito in stato di pre-fallimento, infatti l’azienda appare ormai attanagliata da diversi debiti e in ritardo su numerose consegne tra cui i 25 treni che dovrebbero essere in circolazione da marzo 2017. Nonostante si cerchi di prendere tempo dichiarando che entro marzo 2018 il venticinquesimo treno sarà funzionante e che porterà a termine tutti gli altri interventi entro il 2019, la società continua a perdere milioni di euro e soprattutto è gravata da una quantità di debiti impressionante, originata principalmente da investimenti sbagliati e dai crediti verso la stessa Regione non riconosciuti e non iscritti al bilancio.

A complicare la situazione finanziaria sono i tagli del Governo a danno dei trasporti. Ben 32 milioni di euro sono stati tolti alla Regione lasciando il trasporto in Campania ad uno stato primordiale. Arrivati a quel punto c’erano solo due possibilità: salvare l'Eav, oppure portare il primo di gennaio i libri contabili in tribunale e decretarne il fallimento. Fortunatamente, in una storica giornata in Consiglio Regionale della Campania, è stato deciso di dare respiro all'azienda, a tremila lavoratori e alle imprese fornitrici, approvando il piano di salvataggio. Fatto straordinario e per nulla scontato che ora può davvero permettere una svolta evolutiva in un clima di ritrovata serenità. In pratica è stato dato il via libera al riconoscimento della legittimità dei debiti fuori bilancio della Regione Campania nei confronti dell’Eav: sono circa 600 milioni di euro, risorse derivanti dal decreto fiscale del governo Renzi per il salvataggio della holding del trasporto pubblico in Campania. Il testo è approvato con 25 voti favorevoli (38 i presenti in aula), con il voto contrario del centrodestra e l’astensione dei Cinque Stelle. 

Al finanziamento di tale debito, riguardante esercizi pregressi per l’attività di gestione ed investimenti svolte dall’azienda sulla rete ferroviaria, si provvederà mediante l’utilizzo delle risorse del contributo statale straordinario di cui all’art. 11 del Decreto legislativo n. 193/2016 convertito in legge n. 126/2016 e che avrebbe dovuto concludersi entro il termine perentorio del 31 dicembre 2016, da qui la succitata scadenza del primo gennaio 2017. Decreto nato ad iniziativa del Presidente della Giunta Regionale Vincenzo De Luca e che consente di definire, in via risolutiva, le problematiche ad oggi esistenti tra Ente/Socio unico ed Eav/Società. 

Non esisteva una alternativa B. Alle spalle abbiamo 5 anni di chiacchiere che hanno portato l’azienda nelle condizioni in cui si trova”, così il Governatore De Luca “è stata fatta fallire l’Eavbus, per il mancato versamento di 1,5 milioni, una responsabilità enorme che ha lasciato lavoratori senza Tfr e siamo stati noi a trovare le risorse per le loro liquidazioni. Quando diciamo che l’alternativa era il fallimento non era un fatto teorico. Nel 2017 l’Eav si presenterà con il bilancio in equilibrio e garantisco che con quello che stiamo facendo, tornerà la prima azienda d’Italia”. 

Quindi, a quanto pare, l’Eav non avrà più crediti da vantare nei confronti della Regione e dato che non si dovrà pagare il pregresso, si potrà davvero avviare un piano serio di ristrutturazione e sviluppo e rilancio del settore. Alla Regione va un contributo straordinario per ripianare il debito verso l’Eav: il trasferimento avverrà su richiesta della Regione Campania, in relazione ai debiti effettivamente riconosciuti. Si stabilisce poi che l’Eav provveda a predisporre un piano per la definizione delle partite debitorie da attuare entro tre anni. “In Commissione bilancio abbiamo approvato il risanamento dei conti dell'Eav avendo come unico obiettivo procedere agli investimenti per migliorare il trasporto pubblico", ad annunciarlo è il presidente Francesco Emilio Borrelli del gruppo consiliare Campania Libera, Psi e Davvero Verdi "il tutto nell’interesse dei cittadini campani e dei turisti che vengono nella nostra regione e usano Circumvesuviana, Cumana, Circumflegrea e tutti gli altri mezzi pubblici gestiti dall'Eav che attualmente si trovano in una situazione indegna di un Paese civile".

Malati a terra all’Ospedale di Nola: quale tutela per la salute?

di Antonio Cimminiello

Sbigottimento e scoraggiamento. Sono questi alcuni degli stati d’animo che sicuramente ha ingenerato la diffusione nei giorni scorsi di immagini che ritraevano degenti praticamente distesi sul pavimento all’Ospedale Santa Maria della Pietà di Nola. Si è trattato della conseguenza di un elevatissimo afflusso di pazienti che si è verificato in una sola notte- si arriverà ad un numero superiore a 260- ma in realtà è soltanto la goccia che ha fatto traboccare il vaso, in ordine ad un nosocomio praticamente in una situazione di emergenza continua. 

Perplessità sorgono considerando già le caratteristiche strutturali di tale ospedale: basti pensare alla presenza, fin dal 1970, di 107 posti letto, quando il bacino territoriale di riferimento è di ben 700.000 abitanti. A queste precarietà “storiche” si aggiungono condizioni di emergenza che purtroppo sono cronaca recente nel più ampio contesto della Campania: risorse insufficienti, materiale obsoleto, assenza di incremento e turn-over per il personale. Da qui, lo sconvolgente episodio, aggravato anche dalla morte di due ricoverati. La direzione dell’ospedale ha comunque opposto le sue ragioni, ricordando di aver già richiesto da tempo ed invano un rinnovamento strutturale (ad esempio la richiesta di nuove barelle) e di aver preferito comunque assicurare assistenza seppur in condizioni indecenti. 

La vicenda di Nola dà nuovamente luce alla situazione inaccettabile della sanità in Campania. Sono più di 7 anni che l’ente attualmente presieduto da Vincenzo De Luca è interessato da un piano di rientro da deficit economico, che ha in parte inciso sul mancato intervento su infrastrutture ed organizzazione sanitaria nel complesso. Il risultato di una situazione del genere è stato evidenziato impietosamente dalla valutazione compiuta di recente dai Ministeri dell’economia e della Salute: la Campania occupa allo stato l’ultimo posto in tema di LEA (livelli essenziali di assistenza), il che significa standards di cura al di sotto della sufficienza. L’ente regionale ha provveduto immediatamente ad adottare provvedimenti di sospensione temporanea a danno della direzione dell’Ospedale nolano (in un primo momento si era paventata subito la scelta di licenziare gli interessati);ma molto probabilmente scelte pur drastiche come quelle adottate non saranno in grado da sole e nell’ immediato di cancellare uno scenario, dove quel diritto alla salute che la Costituzione riconosce a tutti rischia di essere sistematicamente violato.

2016: Musei italiani da Record. La Campania seconda per presenze

di Danilo D'Aponte


Il 2016 che si è appena concluso ha visto l'incredibile cifra di 44,5 milioni di visitatori favorire l'arte e i beni culturali. La Campania si è difesa più che bene, attestandosi seconda per presenze e portando molti musei nei primi 30 nazionali, pur non essendoci cambiamenti nelle prime 6 posizioni della classifica. Questo fotografa bene l'aumento di turisti di cui abbiamo più e più volte parlato. 

È un qualcosa di unico, come certificato anche dal ministro della Cultura, Dario Franceschini, col suo tweet in proposito: "Anno record per i musei italiani". Su tutto il territorio italiano, infatti, la crescita registrata rispetto al 2015 è pari al 4%

In Campania, invece, rispetto al 2015 è addirittura di un +15% l'aumento degli ingressi, e nello specifico la performance migliore rispetto all'anno precedente l'ha fatta il Museo Nazionale della Ceramica 'Duca di Martina' di Napoli, che con i suoi oltre 20.000 visitatori quasi quadruplica i circa 6.000 dell'anno precedente (+258%). 

La Reggia di Caserta
Buon aumento anche per la Reggia di Caserta (+37%) che è alla posizione 9 in classifica, e con il terzo aumento più rilevante in Italia, il Museo di Capodimonte e Castel Sant'Elmo a Napoli (+33%), nonché il Parco archeologico di Paestum (+27%).
Museo di Capodimonte che sì, cresce, ma ha il problema di essere al di sotto delle sue possibilità, pur ricevendo il bosco, che ne fa da cornice, un milione di visitatori gratuiti l'anno.

Nella speciale classifica Pompei, dopo il Colosseo, rimane saldamente il secondo monumento più visitato d'Italia: (3.209.089 ingressi registrati nel 2016, pari a un +7,5% rispetto al 2016), con un incasso record di 23,5 milioni di euro: dati destinati a crescere, grazie alle nuove aperture annunciate nel 2017 e alla grande mostra su Picasso.

Da segnalare che il Parco di Capodimonte ha avuto circa un milione di visite nel 2016, mentre il Museo Archeologico Nazionale ha avuto un incremento di visite che gli ha permesso di scalare ben 3 posizioni nella top 30 (11° posto). Sulla stessa falsariga va letto l'aumento di visitatori del Museo "Diego Aragona Pignatelli Cortes" passando da circa 15mila visitatori a oltre 40mila (+166%).

Oltre ai poli già citati ci sono in classifica gli Scavi d'Ercolano (13°) e la Grotta Azzurra di Anacapri, che chiude la classifica al trentesimo posto. Tra i tanti altri aumenti, come ad esempio quello di Palazzo Zevallos Stigliano, (di Intesa San Paolo), in cui è in corso una mostra su Lorenzo Fergola, del Museo Madre (gestito dalla Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee), Villa Pignatelli. C'è poi il caso emblematico della Certosa di San Martino, che invece registra l'unico caso di diminuzione biglietti (138.682 invece di 140mila).

Ad ogni modo il 2017 è già iniziato bene, con un boom a Capodanno per Palazzo Reale e, in vista dei successivi costi di manutenzione, un biglietto simbolo ridotto aiuterebbe a coprire le spese, così come anche l'introduzione di biglietti in quei 14 musei del Polo Museale in cui c'è ancora ingresso libero tutto l'anno. Ne è convinta Anna Imponente, direttrice del Polo, che comunque ha visto un aumento medio del 15-20% ed è destinato a crescere.

Al via il Patto per la Città Metropolitana di Napoli

di Antonio Cimminiello

Il funzionamento e l’esistenza stessa di una realtà cittadina non può che dipendere dalla corretta gestione di una serie di ambiti, che vanno dalla valorizzazione della cultura alla difesa dell’ambiente, passando per la tutela del territorio e l’accrescimento dell’efficienza delle istituzioni. E a priori, tutto ciò meglio può garantirsi attraverso una preventiva specificazione delle finalità da raggiungere- che ovviamente cambiano da un contesto all’altro- cui corrispondere adeguatamente le risorse necessarie, senza ripetere le passate e deleterie “distribuzioni a pioggia” di danaro pubblico.

E’ proprio questo lo spirito che ha animato i “Patti” stipulati nei mesi scorsi tra Governo centrale ed enti regionali e comunali, ed ovviamente il “Patto per la Città Metropolitana di Napoli”, sottoscritto nell’Ottobre 2016. Unico pericolo? Fermarsi alle sole dichiarazioni d’intenti, come per la città partenopea è più volte accaduto in passato. Un rischio che sembrava stagliarsi sempre più nitidamente all’orizzonte anche a causa di alcune divisioni di carattere politico. Per ora però tali dubbi sembrano essere scomparsi: solo pochi giorni fa, infatti, c’è stato un incontro tra il nuovo Ministro della Coesione Territoriale Claudio De Vincenti ed il sindaco di Napoli Luigi de Magistris

L’incontro ha evidenziato la comune volontà di anteporre il riscatto di Napoli rispetto a qualunque dissidio, attraverso una fase di “sempre più efficiente cooperazione istituzionale”, come ha sottolineato il sindaco partenopeo. Un’intenzione del genere è addirittura centrale affinchè si eviti di considerare il “Patto per Napoli” lettera morta. In gioco, infatti, c’è in primo luogo una complessiva opera di restyling, attraverso interventi quali la riqualificazione degli edifici storici cittadini nonché il completamento dei lavori che interessano la Linea 1 della Metropolitana, giusto per citarne alcuni tra i più significativi. 

Uno stallo politico avrebbe infatti pregiudicato il rispetto dei tempi concordati; in questo modo invece sarà possibile dare inizio alle gare, dopo la cui aggiudicazione esordiranno i lavori veri e propri, per un costo complessivo di circa 308 milioni di euro. Un programma quindi ambizioso ma indispensabile, in una realtà che ne ha bisogno. La Città metropolitana tra l’altro ha già pagato lo scotto dovuto proprio al mancato raggiungimento di una convergenza politica, visto che la mancata ratifica delle variazioni urgenti di bilancio sul finire del 2016 aveva messo letteralmente a repentaglio una serie di progetti altrettanto importanti, per lo più finalizzati alla manutenzione e salvaguardia di istituti scolastici.

Universiadi, scelta la sede del villaggio olimpico e delle gare

di Massimiliano Pennone

Il mese scorso abbiamo fatto il punto sullo stato dei lavori per quanto riguarda i siti e gli impianti sportivi che ospiteranno le gare delle Universiadi del 2019 a Napoli e in Campania. Le giunte di diversi comuni, come Aversa e Pozzuoli, avevano deliberato l’inizio dei lavoro di alcuni impianti, mentre si andava risolvendo il “caso San Paolo” a Napoli. Nello stadio del Comune alla fine verranno organizzate le cerimonie di apertura e chiusura, mentre il Collana non ospiterà gare a causa delle carenze strutturali degli impianti.

E’ di questo mese, poi, la notizia che proprio a Napoli verrà allestito il villaggio Olimpico, cioè le strutture che ospiteranno gli atleti (circa 10mila) durante il periodo della manifestazione. I delegati della Fisu, la Federazione degli sport universitari che organizza la manifestazione, hanno scelto la Stazione Marittima adiacente al Molo Beverello come sede designata, dopo che in un primo momento si era optato per la Mostra d'Oltremare (che ospiterà invece le gare di judo e tuffi).

Il terminal marittimo, infatti, già dispone delle strutture necessarie (parcheggi, sale per convegni, uffici, negozi), mentre gli alloggi veri e propri saranno allestiti su due o tre navi da crociera che resteranno nel porto per tutta la durata della manifestazione.

Sempre a Napoli, poi, si terranno le gare di diciotto discipline. In particolare, sul lungomare cittadino si terranno le gare di vela e tennis (verranno organizzati quattro tabelloni: maschile, femminile, doppio e doppio misto), mentre si sta studiando la fattibilità per una centrale logistica alla Rotonda Diaz come accaduto in occasione della Coppa Davis. Alla Piscina Scandone si svolgeranno invece le gare di nuoto, dove verrà costruita per l’occasione una nuova vasca per il riscaldamento degli atleti; al PalaVesuvio invece gli eventi di ginnastica ritmica e artistica.

Le gare degli sport di squadra, come il calcio, il basket, e la pallavolo, si terranno invece negli impianti di tutte le province della regione; le finali, probabilmente si terranno nelle strutture più importanti dei diversi capoluoghi. L'idea, infatti, è quella di coinvolgere tutte le province, sotto la guida del Comitato delle Discipline Sportive-Universiadi 2019, che dovrà collaborare con la Fisu per la gestione degli aspetti sportivi della manifestazione. A Salerno, ad esempio, si svolgeranno alcune gare del torneo di calcio (Stadio Arechi) e di scherma (campus dell’Università di Fisciano), mentre a Caserta ci sarà il basket e la finale del tiro con l’arco (le fasi a eliminazione potrebbero disputarsi nei giardini della Reggia o a Napoli).

Il mese prossimo verrà presentato a Losanna il masterplan definitivo, che includerà anche i dettagli riguardanti gli alloggi degli atleti e il sistema dei trasporti regionale. Una delle criticità, infatti, è proprio quella relativa agli spostamenti degli atleti e del pubblico fra le diverse province, che al momento risultano ancora difficoltosi se si considera il grande afflusso previsto per la manifestazione.


Napoli e il suo “Albero dei desideri” abbattuto

di Marcello de Angelis

È uso comune ad inizio d’anno fare una dichiarazione d’intenti. Cioè ognuno di noi, tra lo scoccare della mezzanotte del 31 dicembre e i successivi primi giorni del nuovo anno formula una serie di progetti da realizzare o da portare a termine, dei sogni o speranze sottoforma di “lista” o “scadenziere” che sia anche di buon auspicio. C’è chi si ripromette di trovare un lavoro, chi l’amore della propria vita, chi coronare un sogno e sposarsi, chi semplicemente spera e augura un futuro migliore per i propri figli… o chi spera di avere, un figlio. E così è stato anche per Napoli. Già, anche la nostra splendida città ci ha fatto la sua “dichiarazione d’intenti” e ci ha fatto capire cosa dobbiamo aspettarci nei prossimi mesi. E lo ha fatto con un “uno-due” pugilistico davvero potente. Il primo ce lo ha assestato la mattina del giorno 4, quando, ancora freschi di cenoni e con nelle orecchie l’eco dei fuochi d’artificio del capodanno, abbiamo appreso di una sparatoria avvenuta in pieno centro città, botti decisamente diversi e che hanno portato in ospedale tre senegalesi e una bambina di appena 10 anni. 

È successo nella zona a cavallo tra due mercati molto popolari di Napoli ovvero quello della Maddalena e della Duchesca, a due passi da Forcella, dove folta è la presenza di ambulanti extracomunitari, una parte dei quali sono al soldo della camorra (che determina perfino l’assegnazione dei posti sui marciapiedi), e per conto della quale smerciano prodotti contraffatti, luogo molto frequentato dai turisti e da persone che vivono e vi lavorano. Era poco dopo le ore 12, nell’orario di massima presenza popolare, quando numerosi colpi di pistola sono stati sparati ad altezza d’uomo contro l’immigrato che si sarebbe rifiutato di pagare un “pizzo” supplementare di 50 euro, chiesto dai malavitosi per via delle feste natalizie. 

Gli altri ambulanti di colore questa volta non ci stanno e reagiscono aiutando l’amico. Sono in tanti e sembrano avere la meglio fino a quando uno dei camorristi non estrae una pistola: spara prima in aria, poi verso gli ambulanti. Vengono feriti due senegalesi mentre un terzo viene colpito in maniera più seria. Una pallottola vagante centra la gamba ed il piede della bimba di 10 anni, poi operata ed attualmente in buone condizioni.

Secondo quanto svelato dalle indagini dei p.m. Woodcock e De Falco e dal comandante della squadra mobile di Napoli Fausto Lamparelli, ciò che è accaduto sarebbe direttamente collegato alla guerra nata tra i Mazzarella e i Sibillo per il predominio della zona di Forcella e a tal fine, tra un omicidio e l’altro, tra una “stesa” e l’altra, si sarebbe organizzato il raid tra gli ambulanti per il pagamento del pizzo. 

Il bilancio dell’ultima follia andata in scena in pieno centro storico è pesante, ma come suol dirsi in questi casi, poteva avere un finale ben più tragico. Già, ma non basta una frasetta del genere per rincuorare un popolo che di speranze non ne ha più, ed è costretto a vivere un inizio d’anno già sfregiato dalla violenza della camorra. E poco se ne importano i napoletani delle diatribe intellettual-twitteriane tra Roberto Saviano, convinto che la malavita continua a proliferare con un sindaco che poco o nulla ha fatto per contrastarla, e Luigi de Magistris, che invece tanto ha fatto per ripulire e migliorare l’immagine della città, al punto da riportare un meraviglioso fiume in piena di turisti nei mesi scorsi; e poco se ne fregano i napoletani se i clan reclamano un territorio! 


La parte onesta della città ha un solo ed unico desiderio: vivere una vita normale, dove poter camminare in strada senza il pericolo di essere sparati per errore, dove il termine “stesa” sia abbinato a “di panni”, indicando solo un bel bucato pulito appeso al sole; dove dei ragazzini pensino a studiare anziché circolare in motorino brandendo una pistola; dove lo Stato possa intervenire eliminando radicalmente il germe della camorra permettendo una rinascita umana, sociale ed economica di Napoli. Già, un desiderio…e qui arriviamo al secondo colpo assestato ai napoletani in questi primi giorni di gennaio: nella notte tra il 4 e il 5 nella Galleria Umberto I, è stato buttato giù l'albero di Natale che ogni anno viene sistemato e sistematicamente abbattuto, ripetendo una triste tradizione. A dare la notizia sono Francesco Emilio Borrelli dei Verdi e Gianni Simioli, speaker della “Radiazza” i quali, dai loro microfoni, propongono la recinzione della Galleria, come a Roma, nella Galleria Alberto Sordi.

Un branco di ragazzini, tutti minorenni, meglio noti a tutti come la “baby-gang di via Toledo” ha fatto irruzione nella non sorvegliata Galleria poco dopo la mezzanotte e ha divelto e poi abbattuto l’albero di Natale fortemente voluto e riproposto più volte dai commercianti della zona. Nel corso degli anni, col susseguirsi di questi atti vandalici, a niente sono servite le proteste e le continue segnalazioni dei residenti che sono esasperati dallo stato di degrado della Galleria e dalla sua poca sicurezza… e stiamo parlando di uno dei monumenti storici dell’800 più rinomati e più visitati della città partenopea. 

Così, anche quest’anno i video delle telecamere di sorveglianza hanno mostrato un gruppo di giovanissimi criminali (piccoli delinquenti lasciati allo stato brado da famiglie disinteressate o formate da pregiudicati), che con insensata violenza e senza alcuna motivazione, se non la voglia di distruggere, hanno brutalizzato l’albero fino a farlo cadere… e insieme a lui, tutto ciò che rappresenta: i sogni, i desideri, le aspettative e i progetti da realizzare nel corso di questo 2017 di napoletani e turisti che, trovandovisi a passare sotto, gli avevano affidato scritti in bigliettini attaccati ai suoi rami. È stato abbattuto dalla forza della ignorante sopraffazione. Se vogliamo, una agghiacciante metafora di ciò che accade costantemente in questa città. 

Da quel non lontano 5 gennaio a quante altre violenze ed a quanti altri soprusi ha dovuto sottostare la nostra Napoli? Tanti. E tanti ne dovrà sopportare. Ma quella sparatoria contro degli ambulanti per un pizzo di 50 euro e l’ ”Albero dei desideri”, questo semplice ed innocuo simbolo di speranza ancora una volta riverso sul pavimento della Galleria e recintato dal nastro adesivo la mattina del 6, han fatto iniziare ai napoletani l’anno con un sapore diverso, un pò più amaro.

Classifica università 2016: Salerno si conferma ai vertici, Napoli nelle retrovie. Al Nord le migliori, il Sud arranca

di Antonio Ianuale

Come ogni anno, il quotidiano Il SOLE 24 ORE ha stilato la classifica delle migliori università distribuite sul territorio nazionale. Il trend è quello confermato da molti anni a questa parte, con le università del Nord ai vertici, mentre quelle del Sud arrancano costantemente nelle retrovie. I parametri utilizzati per la classificazione sono dodici distribuite in due aree: la didattica e la ricerca. Nella categoria della didattica rientrano nove parametri che spaziano dal numero degli iscritti, alle borse di studio, alle attività di stage, fino alle rilevazioni statistiche sul percorso universitario degli iscritti. 

In breve i parametri sono: l’attrattività, che misura la percentuale di iscritti che provengono fuori la regione di appartenenza dell’istituto, la sostenibilità, che include il numero dei docenti di ruolo nelle materie di base e caratterizzanti del corso di laurea, lo stage che verifica il numero di crediti ottenuti dagli studenti nelle esperienze lavorative messe a disposizione dalle singole università (stage), le borse di studio che rilevano il numero di idonei in relazione al numero di borse disponibili. E ancora la mobilità internazionale che individua il numero di crediti conseguito all’estero, la dispersione, ovvero la percentuale di studenti che non si iscrivono al secondo anno, terminando così la loro esperienza universitaria, l’efficacia che include la media sui crediti conseguiti dagli studenti attivi, la soddisfazione che misura il gradimento dei laureandi sui corsi di studio ed, infine, l’occupazione, la percentuale di studenti che riesci ad inserirsi nel mondo del lavoro. 

Nella categoria della ricerca rientrano tre parametri: la ricerca, che esamina la qualità dei risultati prodotti dai ricercatori, i fondi esterni, ovvero i fondi che registrano le risorse destinate alla realizzazione dei progetti di ricerca, l’alta formazione con i giudizi stilati dall’Anvur, Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca. 

In base a questa griglia di valutazione le università napoletane non ottengono un piazzamento lusinghiero: la prima per valutazione è l’Università L’Orientale, specializzata nell’insegnamento delle lingue straniere, che si piazza al 34esimo posto. La SUN, seconda università di Napoli precede di qualche gradino il prestigioso ateneo Federiciano: 54esima la Sun, mentre la Federico II si ferma al 57esimo posto. La Parthenope chiude la classifica al 61esimo posto. Se analizziamo le università nelle altre province registriamo una crescita costante dell’università di Salerno, l’Unisa, che si piazza al 16esimo posto, migliorando la sua classifica di ben dieci posizioni in confronto al 2015. L’ Unisa è l’istituto che ottiene il primo posto tra gli Atenei del Sud nella classifica della ricerca accademica, piazzandosi al 14esimo posto.Le posizioni perse sono dovute alla didattica che vede l’ateneo salernitano al 35esimo posto.

Nella seconda parte della classifica, troviamo la giovane Università del Sannio, nata come costola dell’università salernitana, ma poi divenuta autonoma nel 1998, che si piazza al 43esimo posto. Nelle singole classifiche gli atenei napoletani sono classificati nelle retrovie di entrambe ad eccezione de l’Orientale, che registra un ottimo risultato nella classifica della ricerca piazzandosi al 21esimo, ma precipita in quella relativa alla didattica, fermandosi al 54esimo. Situazione similare per l’Università del Sannio che 23esima nella classifica relativa alla ricerca, è invece penultima(60esima) in quella della didattica. 

Nelle singole categorie invece sono i parametri stage, borse di studio e soddisfazione a penalizzare maggiormente gli istituti campani. Anche nella categoria occupazione le università campane soffrono: al primo posto c’è la Parthenope che si piazza solo al 40esimo posto. Questo è il risultato delle università statali, mentre nella classifica delle università non statali troviamo al decimo posto il Suor Orsola Benincasa. Il podio comprende solo università del Nord: l’Istituto di Verona guida la classifica, davanti all’Università di Trento, mentre al terzo posto ex aequo vi sono il Politecnico di Milano e l’Alma Mater di Bologna.

La quarta edizione di SMAU Napoli: l’evento sulla innovazione tecnologica


di Luigi Rinaldi

Lo scorso mese dicembre, nel padiglione 6 della Mostra d’Oltremare, si è tenuta la quarta edizione di SMAU Napoli, un appuntamento di riferimento per imprenditori, manager, decisori aziendali, amministratori e dirigenti delle Pubbliche Amministrazioni Locali, nonchè operatori del settore interessati a sviluppare il proprio business attraverso le soluzioni tecnologiche più avanzate. 

Oltre alla ormai consolidata schedule fatta di workshop ed incontri con professionisti del settore, quest’anno sono state introdotte due importanti novità: lo SMAU live show ed il Corporate Meeting. Si sono svolti due diversi tipi di live show: nel primo imprese ed enti locali hanno affrontato, moderati da giornalisti ed opinionisti del settore, le tematiche proposte da quest’edizione, mentre, nel secondo, è stata data possibilità a giovani imprese di presentare i loro prodotti, progetti o servizi. 

Il Corporate Meeting è un format innovativo in cui le imprese hanno usufruito di 50 minuti di tempo per presentarsi e presentare un’analisi delle proprie attività. In un contesto in cui la Campania è tra le prime regioni italiane per numero di Start up e prima nel Mezzogiorno, SMAU Napoli è stata un’importante occasione per offrire nuovi scenari sul futuro, dalla ingegneria civile all’architettura sostenibile, dall’aeronautica all’aerospazio. Al Convegno hanno preso parte 20 Start up, presenti con Sviluppo Campania, partner strategico della Regione Campania, tra cui 3D CivilEngineering Lab Srl, 3Drap s.r.l.s., Aeromechssrl, Bit4id srl, Biz In Bit s.r.l.s., Centro Comunicazioni Srls, Direzione Hotel, Future Environmental Design – FED Spinoff, Immensives.r.l.s., itacraftsrl, LIAM S.r.l – Laser Innovation for Additive Manufacturing, LinUpsrl, MegaRide s.r.l., Nexus TLC, Pandora Group S.r.l., Pertinet, Promarket 11 srl, Pushappsrl, Serviziovaloresrl, Trans-Techsrl, a cui si aggiungono due startup di TIM #Wcap AcceleratorSentetic e TreeVoice.

Il Distretto Aerospaziale della Campania ha presentato, i progetti di CO.RI.STA (Consorzio di Ricerca sui Telesensori Avanzati) con il Radar P, una nuova tipologia di sistemi radar da aereo a bassa frequenza, capaci di immagini ad alta risoluzione in banda "P" e "L", la cui combinazione di bassa frequenza e banda larga fornisce al sistema la possibilità di una varietà di applicazioni sia civili che militari, che vanno dalla rilevazione di bersagli nascosti dal fogliame, mimetizzati o sepolti, alle applicazioni forestali, alla misurazione delle biomasse, alla esplorazione archeologica e geologica.



martedì 24 gennaio 2017

De Magistris e Saviano, una polemica inutile e dannosa

di Gian Marco Sbordone

Il terribile episodio capitato a Napoli, nella zona così detta “della Maddalena”, agli inizi dell’ anno, che ha visto una bambina ferita da un colpo di pistola, per fortuna in modo non grave, durante un raid punitivo contro ambulanti extracomunitari della zona, ad opera di esponenti di un clan criminale, ha riproposto violentemente il problema della sicurezza nel capoluogo campano. 


Sono state quindi lanciate le solite grida d’ allarme e riproposte le solite tematiche, i soliti slogan, le solite ricette, quasi sempre di un imbarazzante superficialità, per risolvere la situazione. E sono scoppiate le solite polemiche. Tra queste ha tenuto banco, sui media e su tutti i giornali, quella tra il Sindaco Luigi de Magistris e lo scrittore Roberto Saviano. Il primo accusa il secondo di fomentare le paure, lucrando su di esse, avendo sulle stesse costruito il suo personaggio.

Luigi de Magistris
Saviano è accusato di non conoscere minimamente la realtà napoletana vivendo lontano da essa, di non aver colto i segnali di radicale cambiamento che ci sarebbero stati. Lo scrittore reagisce male, affermando che il primo cittadino sarebbe fuori dalla realtà, che la rivoluzione di cui parla sarebbe solo nella sua testa e che, in definitiva, i problemi a Napoli sarebbero gli stessi di sempre e che anzi, per quanto riguarda la sicurezza ed il degrado cittadino, sarebbero addirittura peggiorati.

Subito si è assistito quindi alla costituzione dei “partiti” : quello a favore di De Magistris contro quello a favore di Saviano. Chi ha ragione? Chi ha torto? Sembra evidente che nessuno dei due abbia ragione e che invece abbiano torto entrambi.

Il Sindaco, ha puntualizzato che si insiste con la rappresentazione di una realtà che effettivamente non trova riscontro poiché, la violenza ed il degrado ad ogni livello che si percepisce e si subisce a Napoli è sempre uguale. Quello che risulta grave, però, è che le condizioni che tale violenza e tale degrado determinano sono rimaste intatte. E ci riferiamo al deficit di cultura e di investimenti nel sociale, ma anche alle condizioni economiche e alla disoccupazione che si registrano a Napoli. Ovviamente, attribuire le responsabilità di questo quadro a tinte fosche al Sindaco sarebbe assurdo. E tuttavia non farsene carico nemmeno in parte, ignorandone addirittura l’ esistenza, è francamente intollerabile.

Roberto Saviano
Ha indubbiamente torto anche Saviano, perché questo continuo insistere sui mali di Napoli, sulla violenza, sull’aggressività dei clan anche rispetto al tessuto sociale e morale della città, se è legittimato dal fatto che, come detto, rispecchia purtroppo la realtà, dall’altro non appare più accettabile senza che siano prospettate delle ipotesi, delle idee, delle strategie per uscire dal tunnel. Non si può certamente accusare Saviano per il fatto di raccontarci la realtà. Appare tuttavia legittimo porre in evidenza come il suo atteggiamento “senza speranza”, non aiuti. E’ che da un intellettuale acuto e preparato come lui ci aspettiamo altrettanto legittimamente qualcosa di più che continuare ad indicare la malattia senza indicare anche qualche possibile terapia.

Egli è molto e giustamente seguito, il suo impegno per un possibile riscatto potrebbe rivelarsi di una qualche efficacia, almeno sulla strada di un possibile risveglio della coscienza civica della città e di un maggiore coinvolgimento della sua classe dirigente, a cui si richiede da tempo un cambio di passo. Quello di cui comunque non abbiamo sicuramente bisogno, è che i due personaggi, entrambi importanti per la città, si azzuffino tra loro creando disorientamento e sconcerto. Sembra questo, peraltro, il modo migliore per continuare a fare apparire, rispetto agli stessi napoletani e all’ intero Paese, l’immagine di una città allo sbando, in cui coloro dai quali ci si aspettano parole e azioni concludenti e positive, sono coinvolti solo da un vis polemica fine a se stessa, senza speranza.