di Marcello de Angelis
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Porta Nolana |
Delle porte di Napoli, quelle necessarie aperture di un sistema difensivo indispensabile che consentivano l’ingresso in città, sono rimaste ormai ben poche testimonianze di cui, la maggior parte, hanno subìto modifiche col passare dei tempi e con l’evolversi delle necessità strutturali e sociali della città. Abbattute, addossate ai palazzi, smembrate per esigenze costruttive o, al contrario, inglobate nel panorama urbanistico attuale oppure, incredibile anche solo pensarci, materialmente smontate e ricostruite altrove. Ciò accadeva perché nel 1484 la nascita della nuova cinta muraria aragonese apportò notevoli cambiamenti alla murazione precedente e fu inevitabile spostare alcuni varchi di entrata di Napoli come quando, nel 1563, il duca d’Alcalà, continuando l’opera di Don Pedro De Toledo, fece allungare le mura occidentali verso S. Lucia ed il Chiatamone per poi essere modificate ancora nel 1782 con la caduta della suddetta cinta.
Un tipico esempio lo troviamo sul finire del XIII secolo quando, sul limite di Via Benedetto Croce, la “Porta Cumana” venne spostata tra Piazza del Gesù e via Domenico Capitelli e ribattezzata “Porta Reale”. Ma la posizione non fu quella definitiva perché nel 1536 venne nuovamente spostata al capo Nord di via Toledo per poi essere abbattuta due secoli dopo, al fine di rendere più agevole il traffico. Al suo posto oggi restano due lastre di marmo che ne ricordano la costruzione e la demolizione.
Le porte più famose, protagoniste di tali spostamenti, sono la “Porta Nolana” e la “Porta San Gennaro”. La prima, risalente al periodo aragonese, costruita dallo scultore e architetto Giuliano da Maiano è situata sull’attuale Corso Garibaldi, allora conosciuto come “la via dei fossi”, e si ispira alla vicina “Capuana”. Eretta intorno al V secolo d. C. nella zona di Forcella, era conosciuta per questo motivo con il nome di Porta Furcillensis (altrimenti detta del Cannavaro). Alla fine del XV secolo, nell’atto di ampliamento delle mura cittadine, gli aragonesi decisero di spostarla dove si trova oggi (purtroppo inglobata in un vergognoso contesto di abusivismo edilizio), ovvero orientata verso la città di Nola, cosa che le ha dato l’attuale denominazione.
Costruita con uno stile rinascimentale, è formata da un arco in marmo sovrastato da tre stemmi: quello centrale raffigura un intreccio di armi aragonesi ed angioine e presenta i simboli di Francia e della casa d’Angiò e ai suoi lati sono presenti due scudi sannitici. Spicca, inoltre, un bassorilievo quattrocentesco su cui era scolpito Ferrante I d’Aragona a testa scoperta, con indosso l’armatura e la corona, in groppa a un cavallo e con la spada sguainata nell’atto di colpire.
L’arco è incastonato tra due imponenti torri cilindriche di piperno datate 1555 chiamate Speranza (a nord) e Cara Fè, o torre della Fede (a sud) che ormai fungono da protezione non più dei cittadini napoletani bensì di una delle espressioni più veraci del costume partenopeo: il mercato del pesce.
Nello spessore del muro è ancora visibile la scanalatura della saracinesca. La porta mostrava inoltre un affresco di Mattia Preti con protagonista San Gennaro, in compagnia di San Francesco e Santa Rosalia, mentre riceve l’apparizione dell’Immacolata con il Bambino Gesù in braccio, cui chiede aiuto per il popolo napoletano falcidiato dalla peste. L’affresco è stato però totalmente cancellato, probabilmente nell’Ottocento.
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Porta San Gennaro |
L’altra porta protagonista di surreali spostamenti successivi alla propria edificazione fu “Porta San Gennaro”, che viene ad essere la più antica della città di Napoli, oggi aggregata in un complesso di abitazioni successivo che si affaccia sull'ampia via Foria, di fronte a piazza Cavour. Fu aperta nel 1573 sul versante settentrionale della cinta muraria di Napoli, anche se la sua prima costruzione è datata intorno all’anno 928 quando dilagava la paura dei Saraceni che avevano già distrutto la città di Taranto.
Già dal X secolo si hanno testimonianze che venisse denominata “di San Gennaro”, cosa derivante dal fatto che proprio da essa partiva l’unica strada che portava alle catacombe dell’omonimo Santo. La “Porta del tufo” è l’altra nome che le veniva attribuita in quanto da essa entravano in città i grandi blocchi di tufo estratti dalle cave del vallone della Sanità. Fu protagonista di uno smontaggio con relativa ricostruzione nella metà del secolo XV, allorquando le mura greco-romane della città furono spostate e la porta fu ricostruita poco lontano dal luogo originale tra Caponapoli e il vallone di Foria. Nel 1537 fu nuovamente spostata per volere del Vicerè di Toledo (il cardinale Antonio Perrenot de Granvela), e furono eliminate le due maestose torri fortificate che la fiancheggiavano, occupando finalmente la collocazione che ancora oggi conserva.
Dopo l’epidemia di peste del 1656, come ex voto, vi fu aggiunta un’edicola affrescata sempre dal pittore Mattia Preti, con motivi sacri, oggi ancora in buono stato di conservazione dopo il recente restauro. Nel 1659 fu aggiunto il busto di San Gaetano (realizzato in pietra da Bartolomeo Mori), su richiesta dei padri teatini. La nicchia sottostante, con il quadro della Vergine, è un ex-voto del 1887 per lo scampato colera del 1884.
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