mercoledì 29 marzo 2017

“Il Muro di Napoli”: la parola agli autori

di Marcello de Angelis

Lo scorso 22 febbraio nel foyer del Teatro Bellini di Napoli, con l’amichevole presenza del Sindaco Luigi de Magistris, è stato presentato il libro ‘Il muro di Napoli’, edito da ‘Homo Scrivens’ e scritto a quattro mani da Giovanni Parisi, Assessore alla Cultura della IV Municipalità e da Giovanni Calvino, architetto, sceneggiatore e regista. 

Siamo nel 1943, a ridosso dell’ultima delle ‘Quattro giornate di Napoli’ e la città festeggia la sua liberazione. La vicenda inizia a scorrere quasi subito su una linea storica alternativa ai fatti realmente accaduti, da quando inizia a circolare la voce che insieme agli americani sono entrati anche i russi…ed è prossima la costruzione di un muro che dividerà Napoli in due parti, metà sotto la bandiera rossa e metà sotto quella a stelle e strisce. In questo contesto vivono e si muovono i protagonisti: il Professor Alfonso (comunista convinto), la moglie, i figli Vincenzo e Sofia, la zia, il bidello Salvatore ed il portiere Armando. 

La domanda è, come reagirà Napoli? Cosa verrà fuori dallo scontro fra la cultura materialista sovietica e quella surreale e piena di superstizioni della città partenopea? 

Ci siamo divertiti a creare una condizione nuova che poteva tranquillamente capitare: una Napoli divisa come avvenne realmente a Berlino. Con la differenza che i napoletani non sono i berlinesi, cosa da cui deriva la notevole difficoltà dei russi nel provare a sovietizzare questo popolo, cercando tra l’altro di eliminare le sue tradizioni millenarie come il culto dei morti, la festa di S.Gennaro, il Presepe” così risponde Giovanni Parisi, dal suo ufficio presso la sede della IV Municipalità, dove mi ha accolto con il consueto garbo e la sua innata simpatia.

Giovanni Parisi
E' proprio questa la nota caratteriale più forte del libro, la fanta-storia: si alternano le curiosità legate all’avvicendamento dei personaggi inventati con dei fatti realmente accaduti e quelli che sarebbero potuti accadere. Sono convinto che se i russi fossero veramente arrivati in città, i partenopei avrebbero risposto come risposero all’invasione tedesca, perché questo è un popolo accogliente, ma che ha la capacità di avvolgere lo straniero… di conseguenza arduo da manipolare, inoltre ha delle tradizioni così profonde che difficilmente qualcuno riuscirebbe a modificare. E questo si evince con chiarezza dai dialoghi dei protagonisti, dove ad esempio il Professor Alfonso cerca di convincere Armando che sarebbe stato meglio capitare dall’altra parte del muro, nella zona russa… dove certamente di lì a poco sarebbe nata una Napoli nuova, sovietizzata secondo il modello del marxsismo. Ma Armando nella sua ingenua beatitudine fa capire al Professore che deve essere contento perché dalla parte americana dove si trovano… sta il mare! Ebbene non ci stanno speranze, il popolo napoletano non si può sovietizzare! All’interno di questo contesto abbiamo calato una vicenda familiare seguendo l’esempio di Eduardo De Filippo, dove in contesti spesso comici ci sono tragedie personali. Nel nostro caso Vincenzo, di ritorno dalla battaglia di Stalingrado, dove ha disertato l’esercito fascista per aggregarsi all’armata rossa, rientra a casa incaricato di una misteriosa missione, in compagnia di un soldato russo e viene arrestato dalle truppe americane”.

A proposito di Eduardo, nel volume troviamo una soluzione narrativa geniale: inserire i personaggi principali delle commedie del Maestro.

"Li abbiamo inseriti tra un capitolo e l’altro senza mai riferimenti chiari, e solo chi conosce le sue opere riesce a trovarli. L’originalità è che in questo caso i protagonisti assoluti delle commedie di Eduardo diventano comparse".

Ne “Il Muro di Napoli” troviamo personaggi stupendi, tratteggiati con sapiente intelligenza ed ironia. Possono essere letti come un’estensione dell’universo creato da Luciano De Crescenzo con il professor Bellavista?

Sicuramente ci sono dei riferimenti nel Professore di filosofia in pensione e ai vari soggetti che gli ruotavano intorno, ma in merito a questo mi chiedo: siamo noi ad essere così pieni dell’universo di Bellavista e delle commedie di Eduardo fino al punto da citarli involontariamente oppure è proprio la nostra stessa cultura che è piena di queste figure che gli autori precedenti hanno ben raccontato e ben identificato portando quindi ad un rimando automatico? Faccio un esempio: fino alla seconda guerra mondiale si viveva abitualmente quella situazione in cui attorno ad un soggetto particolare, tipo il proprietario del palazzo, il conte, il Professore…la cosiddetta figura chiave, si andava a costruire (anche un po’ per le nostre radici greche), il ‘cenacolo’ in cui si intrattenevano svariate umanità che volevano apprendere, capire, elevarsi culturalmente. E dalla maieutica, dal dialogo e dal racconto di aneddoti classici nasceva questa figura che, già negli anni ’30, Eduardo metteva in scena con ‘A che servono questi quattrini’ di Armando Curcio, dove c’era il filosofo che voleva vivere senza denaro insieme ad una corte di scansafatiche che voleva trovare una identità seguendo i consigli del protagonista. La differenza tra il nostro Professore e quello di De Crescenzo sta nel fatto che il secondo stava in pensione tranquillamente mentre Alfonso è andato in pensione forzatamente per aver avuto il coraggio di dire no al fascismo”.


Giovanni Calvino
L’impostazione del libro ha una struttura dal sapore teatrale, fatta di monologhi e dialoghi asciutti, senza didascalie. Ne parla meglio Giovanni Calvino, raggiunto telefonicamente.

Abbiamo scelto una struttura in cui il narratore fosse assente e tutta la storia viene raccontata dalla voce della coscienza di 3 persone: il padre e i due figli. L’assenza del narratore suggerisce quindi un’assonanza con quella che è la struttura teatrale. Tutto viene narrato esclusivamente dai dialoghi. E come in un testo dove tutto ciò che non è protagonista, è assente: una riduzione scenica non può tenere sul palco 300 personaggi, mentre la voce narrante può divertirsi a metterne moltissimi. In questo modo le figure protagoniste si riducono, cosa che rappresenta un altro motivo di somiglianza ad un testo teatrale”. 

Questa è la seconda collaborazione con Giovanni Parisi…

"Si, tra noi c’è un’amicizia vera e solida. Quando si scrive a 4 mani bisogna essere molto affiatati altrimenti nel momento in cui ci si corregge a vicenda possono nascere delusioni e piccole permalosità". 

Assessore Parisi, com’è nata la vostra collaborazione?

Attraverso le infinite vie della politica ho avuto la possibilità di conoscere persone meravigliose come Calvino. È il secondo romanzo che scriviamo insieme dopo ‘Il marchese di Collino’, dedicato ai bambini. Il vero scrittore, l’artigiano della scrittura è lui, io ho più un’attività legata all’inventiva temporanea, ho intuizioni da cui nascono le storie. Da una passeggiata sul lungomare è nata la suggestione di una Napoli divisa da un muro come Berlino. Decidemmo quindi di creare una storia su due piani paralleli: quella della città che rifiuta la sovietizzazione, creando un particolare assai caratterizzante, e quella della famiglia che vive tale situazione e che rende la vicenda sicuramente più universale”. 

Giovanni Parisi, uomo politico, storico e scrittore…ma quale passione nasce prima

Nasce prima la passione per la scrittura e poi quella per la politica per un fatto legato alla crescita professionale. Quando ho cominciato a scrivere ero molto piccolo ed è stato subito dopo aver iniziato ad apprezzare il teatro di Eduardo. Sono sempre stato dell’idea che prima di scrivere bisogna leggere. Non puoi arrogarti il diritto di scrivere se prima non sai cosa è stato già scritto almeno su quello stesso argomento. Veniamo da un mondo dove tutto è stato già detto e fatto, ma c’è sempre la possibilità di dare una propria visione che deve essere espressa in un contesto che però bisogna conoscere. E qui si riallaccia la mia passione per la Storia. La storia dei precedenti avvenimenti che hanno poi condizionato quelli attuali. Questa passione ha influenzato il mio metodo di studio perché in qualsiasi cosa vado a fare nella politica, nel tempo libero, nella scrittura ho un’attenzione quasi spasmodica sulle citazioni, sulle fonti, sui richiami. E ritengo fondamentale verificare più di una volta le determinate circostanze in cui avviene l’avventura che racconto”.

Mi allontano dallo studio con la consapevolezza di avere conosciuto una persona splendida sia dal punto di vista umano che intellettuale.


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