di Noemi Colicchio
Fuori i risultati del RAV, rapporti di autovalutazione delle scuole, in merito all’assenteismo studentesco tra i banchi, rilevato tra il 2015 e il 2016. Come prevedibile, gli esiti fanno discutere: una media di 93 ore di assenza tra le diverse Regioni d’Italia. La ricerca distingue tra classi, indirizzi scolastici e fette territoriali, evidenziando come la situazione non sia di certo migliorata neanche a seguito della Riforma introdotta nel 2013 dalla ministra Maria Stella Gelmini che ne imponeva il tetto massimo a non più di una lezione su quattro.
Cattive notizie dal tratto finale dello stivale: in Campania e Sicilia, per il liceo classico, si registra una media di 96 ore di assenza nei dodici mesi, mentre per lo scientifico si superano le 100. Quasi paradossale il distacco rispetto al Nord Italia, dove la medaglia di “secchioni dell’anno” va senza ombra di dubbio al Veneto con un totale di appena 44. Se possibile la situazione peggiora spostandoci negli istituti tecnici e in quelli professionali, dove si raggiungono picchi impressionanti: per intenderci, un giorno su sei i banchi si svuotano.
Varie le motivazioni a supporto del quadro appena dipinto: a partire dalla pratica, sempre più diffusa, delle interrogazioni programmate che spingono i ragazzi a prepararsi frettolosamente nei pochi giorni antecedenti la data fissata, tanto da essere costretti a restare a casa per studiare; fino ad arrivare ad una oggettiva minore propensione alla costanza nello studio, frutto di una scarsa capacità di concentrazione, che poche volte riesce a coprire per intero le canoniche sei ore frontali da trascorrere in classe. Risulta sempre più difficile, anche per gli insegnati, tenere alto il livello di attenzione degli alunni a causa di un sistema scolastico eccessivamente nozionistico, che non stimola l’apporto partecipativo di chi, oggi, è abituato ad immagazzinare in pochi istanti informazioni imparandone di altre.
Se è vero infatti che nel Web 2.0 vige la regola del “90 - 9 - 1” per cui in 90 osservano, 9 partecipano e uno solo crea, è altresì vero che nel DNA della neet-generation è insito un cromosoma che li rende “prosumer”, cioè produttori e consumatori al contempo. L’unico modo, dunque, per rendere interessante un’attività agli occhi di chi ad oggi può addirittura vivere nei mondi dell’online e dell’offline contemporaneamente, è renderlo protagonista di quelle ore in cui non solo si apprende la storia, piuttosto che la geografia, ma soprattutto si assorbono le basi della corretta interpretazione dei reali rapporti umani.
Mai disperare però quando si parla degli italiani: positiva la reazione della classe docenti meridionale, molto più presente al Sud che non al Centro-Nord. Lo rivela l’ultimo rapporto dell’Invalsi (Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione) su “I processi e il funzionamento delle scuole”, relativo all’anno 2015/2016. Sfatato un tabù: in Campania il tasso di assenze si aggira intorno al 4,4% contro il 5,7 di media nazionale. Se anche i programmi ministeriali proprio non riescono a tenere il passo con i nuovi stili di vita e modalità di apprendimento dei giovani, tutta la nostra riconoscenza a chi, con la costante presenza fa la differenza.
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