venerdì 28 aprile 2017

In aumento i morti sul lavoro: ma quali?

di Noemi Colicchio

I primi due mesi del 2017 registrano un aumento del 33% di morti sul lavoro rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. È quanto emerge dai recenti risultati delle ricerche condotte dalla CGIA - Associazione artigiani piccole imprese - di Mestre. I numeri parlano chiaro: si passa dai 95 casi del 2016 ai 127 di oggi. 

Complici senz’ombra di dubbio i tragici incidenti che hanno coinvolto il centro nord della penisola nel periodo citato: quando il 18 gennaio scorso una valanga di 120 mila tonnellate tra neve e detriti si è abbattuta sull’Hotel Rigopiano, hanno perso la vita 29 persone, di cui 12 lavoratori. E ancora, impressa nelle menti resterà la vicenda dell’elicottero del 118 schiantatosi da un’altezza di 600 metri a Campo Felice, nei pressi dell’Aquila, in cui tra i 6 morti si contano anche 2 dei soccorritori dell’Hotel Rigopiano stesso. Se le due sciagurate vicende influiscono sul rendiconto dei decessi più recenti, inevitabile una riflessione su quanto emerge anche dai numeri relativi agli infortuni: 98.275 casi, 1.834 in più rispetto allo stesso periodo del 2016 (+1.9%). Raccapricciante scoprire ancora una volta di essere indietro rispetto al resto del mondo nella tutela dei diritti del lavoratore in quanto cittadino. Misure di sicurezza ignorate ed impianti non a norma da un lato incontrano, dall’altro, uomini e donne che pur di lavorare si accollano il rischio ed accettano condizioni precarie, per la loro sanità mentale e fisica. 

I dati appena citati, tra l’altro, non tengono conto di quelle che ormai vengono definite dalla stampa “morti bianche”, non perché le vittime siano giovani d’età ma perché appartenenti a categorie ibride, non tutelate, in vita come in morte. Parliamo di lavoratori non iscritti all’ INAIL – Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali - o tenuti a nero, impossibili da inserire nelle statistiche nazionali, impossibili da risarcire anche in maniera simbolica. In genere ogni anno, delle circa 1.018 denunce di incidenti, il 40% viene scartato poiché afferente a “rischio generico”. Per fare un esempio, lo spostamento casa lavoro è coperto dall’assicurazione ma una breve sosta, anche se necessaria, non viene considerata rientrante nei canoni istituzionali. 

Forze armate, liberi professionisti, personale di volo, vigili del fuoco spesso e volentieri sono iscritti ad altri istituti assicurativi: ai 21 milioni di assicurati ufficiali, dunque, sarebbero da aggiungere almeno altri 2 milioni di cittadini, le cui morti saranno probabilmente raccontante dagli strilloni, ma non rientreranno burocraticamente nella lista Inail. 

Interessante a tal proposito il lavoro svolto dall’ Osservatorio indipendente di Bologna, guidato da Carlo Soricelli: “Vede, noi monitoriamo tutti quei fatti di cronaca che sfuggono alle statistiche ufficiali: dagli agricoltori in pensione schiacciati dai trattori (ne abbiamo contati 141 nel 2016) ai muratori assoldati a giornata che cadono dalle impalcature. Una strage silenziosa, che scompare dai radar delle istituzioni pubbliche”. 

D’altro canto l’Inail fa sentire la sua voce, sottolineando che la notizia di un lavoratore deceduto, chiunque esso sia e pur non tutelato da contratto regolare, perviene ai loro uffici. Qualora poi dovesse emergere una morte sul posto di lavoro e per cause ad esso legate, all’Inail spetta l’onere di indennizzo, riscosso poi dall’ente stesso a spese del datore di lavoro. Volendo, potremmo alleggerire il carico sottolineando come tra il 2016 e il 2015 l’aumento degli infortuni in termini assoluti sia stato dello 0.7%. Ad onor del vero, però, sarà anche necessario sottolineare che dati assoluti non favoriscono la reale comprensione delle problematiche. Infatti, essendo aumentati sia il numero di ore occupate che gli occupati stessi, secondo la CGIA avrebbe senso parlare di veri miglioramenti solo in caso di reale conteggio proporzionale tra i vari fattori citati. 

Insomma, a lanciare uno sguardo agli anni scorsi ci si sente quasi fortunati. Se gli anni ’70 contavano una media di 1,6 milioni di infortuni e 630.000 morti sul lavoro, ad oggi possiamo dire che le cose vadano decisamente meglio. Il punto è sempre lo stesso: quanto può dirsi realmente veloce un leone che insegue giraffe invece che gazzelle?

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