martedì 29 agosto 2017

Gazebo e tavolini: dal prossimo anno Napoli cambierà look

di Luigi Rinaldi

La città di Napoli è ormai universalmente riconosciuta come capitale mondiale del turismo e l’amministrazione comunale, consapevole di ciò, negli ultimi tempi, ha avvertito, in modo crescente, l’esigenza di dar vita ad una svolta estetica, ambientale ed urbanistica nell’ambito degli spazi dedicati all’accoglienza dei visitatori e dei cittadini.

Basta tavolini e gazebo selvaggi, dal 2018, oltre 5 mila esercizi del Centro storico di Napoli dovranno rispettare regole ben precise su colori, materiali e forme. Al fine di migliorare il livello di fruibilità e comfort, un ruolo fondamentale viene attribuito proprio agli esercizi commerciali che somministrano alimenti e bevande, in considerazione del notevole impatto che essi determinano sia per ciò che attiene all'immagine della città, sia per quanto riguarda l'economia locale. 

Impatto che allo stato attuale non può dirsi adeguato al livello che una città d'arte e cultura come Napoli richiede. La realizzazione del progetto sarà affidata ad uno staff di giovani architetti napoletani selezionati dal Dipartimento di Architettura dell’Università Federico II, sotto la supervisione del Comune e della Soprintendenza

Il progetto, che allo stato esclude le zona di Mergellina e del lungomare, produrrà un notevole abbattimento dei tempi burocratici necessari per chiedere le autorizzazioni per installare gazebo e tavolini all’esterno dei locali. A finanziare l’iniziativa è la Camera di Commercio di Napoli, con 25 mila euro destinati alle borse di studio bandite dal dipartimento di Architettura per i giovani professionisti e 500 mila euro in favore degli esercenti che dovranno rinnovare ed adeguare l’arredamento esterno dei locali.

I commercianti che non si adegueranno alle nuove norme non si vedranno rilasciare le autorizzazioni per la somministrazione esterna di cibi e bevande. Ai commercianti virtuosi, invece, il Comune riconoscerà una riduzione del 40% della tassa per l’occupazione del suolo pubblico. Il programma che dovrà essere concluso entro giugno 2018, è stato presentato agli inizi del mese di agosto, in Sala Giunta, dall’Assessore alle Attività economiche, Enrico Panini, dall’Assessore all’Urbanistica, Carmine Piscopo, dal Direttore del Dipartimento di Architettura, Mario Rosario Losasso, dal Commissario Straordinario della Camera di Commercio, Girolamo Pettrone e dal Soprintendente Archeologia e Belle Arti, Luciano Garella.



Ricomincio dai libri si trasferisce a Napoli: al via il 28 settembre

di Antonio Ianuale



La kermesse culturale Ricomincio dai libri torna nell’ultimo weekend di settembre: dal 28 settembre al 1 ottobre gli amanti della lettura si ritroveranno nell’ex ospedale della Pace, in via dei Tribunali, per la quarta edizione della fiera del libro. 

Dopo le passate tre edizioni svoltesi a San Giorgio a Cremano, l’edizione 2017 giunge nel centro storico napoletano, confermandosi un evento in grande espansione e di grande interesse. In occasione della conferenza stampa per le presentazione dei bandi di partecipazione alla kermesse, le istituzioni e le associazioni hanno evidenziato il legame tra le attività culturali e la rivalutazione del territorio

La location dell’ex ospedale della Pace, è stata scelta, infatti, anche per portare maggiore dinamicità e sviluppo al territorio che offrirà altre iniziative culturali che mirino a valorizzare ancor più il centro storico. La fiera è organizzata da La Bottega Delle Parole, Librincircolo - BookMob, Sepofà - Comunicazione e Promozione Editoriale e Culturale, Parole Alate, quattro associazioni nate dal 2005 al 2014 che promuovono la cultura letteraria, prestando grande attenzione ai giovani artisti. 

Le associazioni hanno organizzato una raccolta fondi online sulla piattaforma Meridonare, dedicata proprio a progetti sociali e culturale da finanziare. Sulla piattaforma è stabilito come termine da raggiungere la quota di 10.000 euro, e saranno previste ricompense per i donatori come la possibilità di ottenere posti riservati alla kermesse. 

La manifestazione è aperta a qualsiasi forma culturale: dal teatro alla fotografia, alla danza, alla musica, con eventi di supporto come workshop di scrittura e lettura, laboratori e concerti. All’evento parteciperanno editori, autori ed associazioni del territorio in linea con i requisiti del bando, che avranno uno spazio predisposto per la vendita e la promozione dei libri, totalmente gratuito. 

L’obiettivo è quello di valorizzare la produzione di case editrici meridionali, che finora hanno dimostrato di apprezzare l’iniziativa. Gli organizzatori stanno intanto definendo gli ospiti della prossima edizione: nelle passate edizioni la fiera ha visto la partecipazione, tra gli altri, di Pino Imperatore, Diego da Silva, Patrizia Rinaldi. Finalmente anche Napoli avrà una sua fiera del libro, come accade ormai da molti anni a Torino e Milano, un’occasione per coinvolgere energie importanti del territorio e creare le fondamenta per una crescita culturale e sociale.

Il Governo impugna la legge sugli abusi edilizi in Campania

di Antonio Cimminiello

La questione delle costruzioni abusive cosituisce un problema nazionale, che da sempre ha trovato in Campania una delle sue massime espressioni. In un lasso temporale di circa 40 anni è proprio in questa regione che tale fenomeno ha assunto dimensioni considerevoli e preoccupanti: guardando ai più recenti dati ISTAT sul punto, si scopre che sono quasi 70.000 le sentenze definitive che impongono la demolizione dei manufatti abusivi, ma numero identico vale anche per le pratiche di condono su cui ancora oggi non è intervenuta alcuna decisione. 

L'assenza di controlli nel tempo e la varietà dei motivi alla fonte (si va dalle mire della criminalità organizzata agli edifici tirati su semplicemente per avere un tetto, cd. "abusi di necessità") hanno così contribuito a creare nel tempo una piaga "trasversale" - gli abusi si riscontrano praticamente in ogni area regionale, comprese le isole- e difficile da gestire. 

E proprio la difficoltà di gestione ha alimentato di recente un dibattito in particolare in ordine a modalità attraverso le quali provvedere alla demolizione o anche alla "salvezza" degli immobili costruiti in violazione della normativa edilizio-urbanistica-ambientale. Da una prima fase caratterizzata dalla presentazione di una serie di proposte - tra cui il cd. Disegno di Legge Falanga, finalizzato a fissare un ordine nell'esecuzione degli abbattimenti, procedendo in primo luogo avverso i beni confiscati alla criminalità e poi con la demolizione di seconde case e abitazioni non ultimate- si è passati drasticamente ad una precisa azione attraverso l'approvazione, nel giugno scorso, della Legge della Regione Campania n° 19, provvedimento riguardante "misure di semplificazione e linee guida di supporto ai Comuni in materia di governo del territorio"

La legge si caratterizza per il fatto di prevedere una serie di linee guida, prive di carattere vincolante, sulla base delle quali gli enti comunali potranno adottare atti normativi preordinati a garantire un'alternativa alle demolizioni, consistente nell'acquisizione, da parte dei Comuni, degli immobili interessati, seguita dalla concessione degli stessi in locazione ai soggetti responsabili e che vi abitano. 

Come si può ben notare, si tratta di un'alternativa in realtà limitata, riguardante esclusivamente i già citati "abusi di necessità", così come al tempo stesso non dovrà riscontrarsi un contrasto con altri rilevanti interessi pubblicistici, ad es. quelli ambientali: l'Ente di Palazzo Santa Lucia si limita ad "aiutare" le amministrazioni vincolanti, che rimangono così le titolari esclusive del potere decisionale in materia. Ma a distanza di poco più di un mese dall'approvazione, il Governo Gentiloni boccia sonoramente l'iniziativa, annunciando l'intenzione di voler impugnare dinanzi alla Corte Costituzionale la Legge 19. 

In sintesi, l'esecutivo nazionale ritiene violato per tale via il contenuto dell'art. 117 della Costituzione Italiana, che disciplina gli ambiti in cui possono legiferare lo Stato e gli altri enti, in quanto le norme regionali in parola si porrebbero, a suo avviso, in contrasto con i principi fondamentali dettati in materia di tutela dell'ambiente e governo del territorio, travalicando il proprio ambito di competenza

L'annuncio ha destato profondo malumore da più parti. Da un lato, ci sono le perplessità dei vertici dell'Ente, i quali hanno sottolineato la natura non vincolante che, come detto, caratterizzerebbe la Legge 19. Dall'altro lato, c'è il malcontento di più sindaci campani, che al contrario avevano salutato con favore il varo di tale provvedimento, ritenuto veramente in grado di considerare in maniera adeguata tutta una serie di aspetti sicuramente non trascurabili, su tutti le enormi difficoltà burocratiche ed economiche normalmente connesse alle demolizioni di edifici abusivi ed immediatamente a carico degli stessi Comuni. 

Si preannuncia così, dinanzi ad una vicenda che sembra testimoniare un nuovo strappo tra Regione Campania e Governo nazionale, una scelta non facile per la Consulta, dove si oscilla tra la necessità di assicurare il rispetto delle norme e la tutela del territorio e della stessa incolumità pubblica - che la presenza di un immobile abusivo ben potrebbe minacciare - e l'esigenza di dare spazio al contrario a soluzioni diversificate, nella considerazione di altri interessi ugualmente rilevanti come il diritto all'abitazione.


Italia: università tra le più care d’Europa, senza borse di studio

di Noemi Colicchio

Quanto costa l’università in Italia? O meglio, quanto costa ai genitori in termini di tassazioni allo Stato e al Paese in termini di conversione dei potenziali intelletti formati in parte a spese della collettività in reali professionalità, in grado di mettere a disposizione le proprie capacità e competenze acquisite proprio di quella stessa collettività?

Fuori i dati Anvur - l' Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca - riguardo la graduatoria degli atenei europei che costano di più. Stando a quanto divulgato dall’Agenzia, l’Italia regna sovrana come paese più costoso in tal senso, su di un podio dove è preceduta solo da Inghilterra e Olanda. La prima, una volta uscita dall’UE, è diventata palesemente inaccessibile agli studenti emigranti per una sfilza di motivi pressoché infiniti quanto inconsistenti, mentre in Olanda sappiamo per certo che un anno universitario può costare alle famiglie una cifra a tratti esorbitante, che gira intorno ai 5.000 €. Ovviamente nulla ci scandalizza, esistono atenei in cui solo metter il naso costa molto più anche qui in Italia, se non fosse che questo listino prezzi è da afferire a strutture ufficialmente pubbliche. 

L'Università di Amsterdam
Si sa, come ogni complesso che funziona bene in uno Stato che funziona ottimamente, bisogna contribuire in egual misura rispetto ai servizi offerti. Questo non solo per elogiare, a ragion veduta, sistemi palesemente meglio organizzati dei nostri, a partire dalla dislocazione degli spazi messi a disposizione degli studenti per apprendere in comodità, per dirne una. Ma si sa, è lo spin off universitario quello che interessa, la discriminante tra un’università mediocre, buona o ottima: le borse di studio. Non solo perché permettono un risarcimento economico, di cui tra poco parleremo, ma perché sono indice di un costante apprezzamento alla spiccata propensione verso studio di alcuni ragazzi, trasmettono costantemente una mentalità meritocratica con cui volenti o nolenti i giovani d’oggi dovranno imparare a convivere se vogliono sopravvivere nel mondo del lavoro, premiando quelli che si impegnano di più. Per cui, tornando alla nostra amata Olanda, se è vero che istituti pubblici costringono famiglie di Amsterdam a versare € 5.000 all’anno per mantenere i propri figli sani e ben acculturati, è anche vero che lì lo Stato contribuisce in maniera sostanziale a questa spesa, erogando borse di studio di grande entità e concedendo ingenti agevolazioni. 

Basterà chiedere in giro tra gli universitari italiani per capire che non si respira la stessa aria nel nostro Paese. Come rivela Daniele Checchi, coordinatore del rapporto Anvur “In media uno studente italiano paga mille euro all’anno di tasse universitarie. Ci sono inoltre delle marcate differenze territoriali: al Sud le tasse possono essere inferiori ai 500 euro mentre al Nord possono arrivare anche a 1.300 euro”. Non è questo però il dato più preoccupante: in Italia solo uno studente su cinque usufruisce di una borsa di studio. Circa l’80% degli iscritti non riceve alcun finanziamento o sostegno per le tasse d’iscrizione tramite agevolazioni o prestiti. Si è discusso molto nei mesi scorsi della cosiddetta No Tax Area e i napoletani, con la Federico II, sono stati tra i più combattivi per evitare che risolvendo il problema dell’eccessivo onere finanziario sostenuto dai meno abbienti, se ne creasse un altro a carico dei più benestanti. Sempre di ingiustizia si tratta. 

Manuela Ghizzoni
La deputata PD Manuela Ghizzoni, prima firmataria della legge, commenta così: “le tasse dipendono dagli atenei che fissano l’importo. Il costo poi varia in base al reddito. Si tratta di un grosso intervento che andava fatto. In Italia il sistema delle tasse universitarie era regressivo e non progressivo. In proporzione pagavano di più i redditi bassi rispetto a quelli alti. Abbiamo deciso anche di concedere 400 borse di studio dal valore di 15mila euro ciascuna per aiutare gli studenti meritevoli che hanno difficoltà economiche”. Sarà sufficiente? 


Al momento l’Italia riserva solo l’1% del suo Pil annuo al campo dell’istruzione. Se pensiamo che paesi come Germania e Francia investono oltre un punto e mezzo percentuale, capiremo subito che le proporzioni non reggono il confronto. Basti pensare che in Inghilterra lo Stato include nelle agevolazioni pro studenti anche gli abbonamenti a mezzi pubblici. Ce n’è da fare di strada.




Riforma Pensioni: novità per i giovani e Opzione Donna

di Teresa Uomo

La proposta giunta dalla Confsal - la Confederazione Generale dei Sindacati Autonomi dei Lavoratori - per accedere alla pensione è quella di 62 anni di età e 35 anni di contributi versati. In questo disegno di legge popolare sono però inseriti anche alcuni limiti: massimo 67 anni di età, che in caso di lavori usuranti scenderebbe a quota 62 e con una soglia massima di contributi pari a 40 anni versati. Ma anche uno spazio dedicato anche alle donne, che potrebbero avere alcuni vantaggi per l’uscita anticipata dal mondo del lavoro proponendo “periodi di non-lavoro durante la maternità, recuperabili in seguito aggiungendoli all’età pensionabile, su base volontaria”. 

Sul versante pensioni va prendendo forma una nuova versione dell’anticipo pensionistico che consentirebbe di andare in pensione a 63 anni se disoccupati, invalidi o impegnati in lavori pesanti. Ci sarebbe, in particolar modo, l’intenzione di agevolare le mamme. Questo, ovviamente, dipenderà molto dall’entità delle platee interessante ai costi e alle relative coperture finanziarie da inserire nella legge di Bilancio 2018.

Secondo dati INPS, l’Istituto nazionale per la previdenza sociale attualmente guidato dal presidente Tito Boeri, emerge un aumento delle pensioni di vecchiaia e di anzianità. A conferma che i lavoratori che possono andar via dal lavoro lo fanno ben volentieri; mentre altri continuano ad essere bloccati al lavoro dalla legge Fornero e di conseguenza cresce il numero dei giovani disoccupati.

L’obiettivo, naturalmente, è quello di sostituire la legge Fornero con un meccanismo che non preveda penalizzazioni e che soprattutto possa evitare di arrivare sino ai 70 anni. E' opportuno ricordare, infatti, che tra gli effetti più devastanti della Fornero c’è quello di aver chiuso le porte dei giovani al mondo del lavoro e, di aver costretto ultrasessantenni a continuare a lavorare senza differenziare le varie tipologie di lavoro. I lavori non sono tutti uguali e, quindi, i lavoratori dovrebbero poter andare in pensione anche in base alle mansioni svolte, come ribadiscono i sindacati sollecitando il blocco dell’aumento dell’età pensionabile.

Il Presidente Gentiloni ed il Ministro Poletti
Il Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Giuliano Poletti si sofferma molto anche sui  “giovani con carriere discontinue”, per i quali - a detta del Ministro- il Governo si impegna a “trovare uno strumento che possiamo chiamare pensione di garanzia”. Secondo Poletti, bisogna sostenere l’occupazione dei giovani anche attraverso un intervento che nel tempo garantisca una diversità di costo tra il lavoro stabile e quello temporaneo.

Oltre al futuro previdenziale delle giovani generazioni, sul tavolo del confronto, tra i capitoli prioritari, c'è quello delle lavoratrici, penalizzate in termini pensionistici in modo evidente. Per le donne, in particolare, la Cisl propone il riconoscimento del lavoro di cura verso i propri figli e i genitori anziani in termini previdenziali

Tanti i temi di confronto tra Governo e sindacati, che insistono in particolare nel sollecitare all'esecutivo nazionale il blocco dell’aumento dell'età pensionabile; lo stesso confronto si chiuderà con la sottoscrizione di un verbale d’intesa che dovrebbe arrivare -salvo ulteriori ritardi e imprevisti- nei primi giorni di settembre.

Ogury: le donne campane sono quelle che utilizzano di più le app per incontri

di Massimiliano Pennone

Secondo le indagini condotte da Ogury, società specializzata in mobile data, le donne italiane sono le più restie ad usare app di incontri, fatta eccezione per le donne campane, che da sole fanno aumentare la percentuale femminile di iscritte alle applicazioni per incontri come Badoo, Tinder, etc. Le indagini sono state svolte su un campione di oltre 6 milioni di persone - di cui più di 540 mila italiani - provenienti da Stati Uniti, Spagna, Francia, Regno Unito e Italia nel periodo fra gennaio e giugno 2017.

Secondo Ogury, in tutti i Paesi analizzati sono gli uomini a preferire le app di incontri, con percentuali che superano addirittura il 75% degli iscritti. Soltanto nel Regno Unito il rapporto uomo/donna è più equilibrato: 33% di iscritti donne e 67% di iscritti uomini.

Per quanto riguarda la tipologia di applicazioni utilizzate, in cima alla classifica c’è Badoo (l’app più scaricata anche in Francia e Spagna, con 340 milioni di download nel mondo), inizialmente nato come sito di incontri e poi migrato anche su mobile, seguito da LOVOO e da Tinder, l’app che permette di scorrere fra i profili degli iscritti tramite “swipe”.

Nel dettaglio, gli italiani preferiscono utilizzare una sola app di incontri alla volta, mentre soltanto il 19% degli uomini e il 13% delle donne hanno installato 2 app per incontri sul loro smartphone. Quelli invece che hanno installato 5 o più app di incontri, sono solo una piccola percentuale, inferiore all’1% del campione. 

Rimane invece Grindr – l’app dedicata agli incontri per la comunità omosessuale – l’app per incontri dove gli utenti si “fermano” di più, con un tempo speso di oltre un’ora in media, superando i 47 minuti di Lovopedia e i 36 di Badoo (in tutti i paesi analizzati).

Per quanto riguarda la “demografia”, è la Lombardia la regione con il maggior numero di iscritti ad app di incontri, seguita da Lazio e Campania a pari merito. Nella città di Napoli, in particolare, viene registrata la maggiore percentuale di donne iscritte, seguita da Torino e Palermo.

Sempre secondo Ogury, gli Italiani preferiscono utilizzare le app per incontri durante i giorni infrasettimanali, al contrario di quanto avviene negli altri paesi analizzati, dove spesso il giorno di punta risulta la domenica. Il tempo medio speso nel nostro paese, utilizzando questi servizi, è di circa 30 minuti.

Rimane infine da chiedersi se queste app funzionino davvero: dall’analisi di Ogury, si nota come una alta percentuale di utenti - 40% - , disinstalla le app in questione lo stesso giorno in cui le scarica. Il 20% lo fa entro una settimana. Il rimanente 40% decide invece di lasciare le app sul proprio dispositivo.

Il mondo mobile è il ‘nostro’ mondo, per questo monitoriamo costantemente ogni cambiamento nel modo degli utenti di muoversi in questo ecosistema. I dati che emergono da questa ricerca sono per noi preziosi e vanno ad aggiungersi al nostro bagaglio di informazioni, che non ci stanchiamo mai di incrementare” ha dichiarato Luca Panella, Sales Director di Ogury Italia, che spiega il modo con cui sono state svolte le indagini: “la nostra capacità è riuscire a vedere quello che le persone fanno sul proprio device mobile: una volta accettata la nostra autorizzazione alla raccolta di dati possiamo sapere in modo totalmente anonimo quali app scaricano, quanto le usano, quali siti visitano e per quanto tempo, etc), ma anche tramite quali connessioni lo fanno”.


Svimez, Pil in crescita al Nord, ma la Campania eccelle

di Noemi Colicchio

Appuntamento come ogni anno con gli esiti del rapporto Svimez circa i dati del Pil in Italia. Ottimi i risultati registrati in Campania, ma non bastano a doppiare il sorpasso del 2016 rispetto alle regioni del Nord: il Mezzogiorno supera dello 0,1 % il dato relativo allo scorso anno infatti, ma si vede fagocitare dal +1,4% guadagnato al di sopra della capitale. Il quadro non è dei migliori. «A questi ritmi - spiega lo Svimez - al Sud il recupero dei livelli pre-crisi arriverà solo nel 2028, mentre per il Centro Nord è previsto per il 2019».

Da tenere sicuramente in considerazione l’approccio di indubbia diversa natura che le varie macroaree del Bel Paese riservano alla principale fonte di ricchezza mondiale oggi, e cioè l’Industria 4.0: negli ultimi anni sono state predisposte sanatorie per il Meridione atte ad incrementare le sue possibilità di buona riuscita in questo ambito, ma i risultati scarseggiano. La batteria di strumenti messa in campo dai vari Governi che si sono succeduti è ampia e sufficientemente articolata per far ben sperare: a cominciare dal Credito d’Imposta per nuove assunzioni e i Contratti di Sviluppo gestiti da Invitalia per conto del Mise, senza dimenticare che ad esso afferiscono anche il Masterplan e i Patti per il Sud. Ultimi ma non per importanza, da citare il Decreto «Torno al Sud», le Zes, le zone economiche speciali previste per le sole aree meridionali e per finire il «Decreto Mezzogiorno», in base al quale a partire dal 2018 compito delle amministrazioni centrali dello Stato sarà destinare una quota della loro spesa ordinaria in conto capitale proporzionale alla popolazione, all’incirca pari al 34%.

Vincenzo De Luca
Le risposte dunque non tardano ad arrivare, ma paiono non essere sufficienti. Tuttavia la Campania tiene terreno meglio di altre, distinguendosi come Regione con migliore performance in assoluto in Italia e presentando un Pil in crescita del +2,4 %, seguita dalla Basilicata. Palesemente soddisfatto il governatore Vincenzo De Luca: «I dati dello Svimez sono estremamente incoraggianti e ci spingono a proseguire nelle iniziative che abbiamo messo in campo per lo sviluppo e il lavoro. A cominciare dai 2,5 miliardi dei contratti di sviluppo alla grande opportunità delle Zes con la Campania protagonista. Consideriamo questi dati un importante segnale positivo, che ci incoraggia a rimanere concentrati sull’obiettivo principale di questa amministrazione regionale: il lavoro».

Se il Pil presenta risultati positivi, abbastanza negativi sono quelli relativi invece al fenomeno che più di tutti dovrebbe essere temuto e troppo spesso invece viene sottovalutato: la fuga di cervelli, spesso accompagnata da uno stato di diffusa povertà e quasi certa disoccupazione. In questi casi, le infografiche solitamente aiutano molto a spiegare l’entità delle percentuali a cui si fa riferimento, per cui tenteremo la via dei soldoni per favorire la comprensione di ciò che sta accadendo. In sintesi, nel 2017 il Sud ha contato 101.000 posti di lavoro in più rispetto al 2016, ma è sotto di 308.000 rispetto al 2015. Negli ultimi cinque anni sono emigrati dal Sud 1,7 milioni di persone a fronte di un milione di rientri: la perdita secca è stata di 716 unità, il 72,4 % under 34, 198 mila i laureati.

Che l’obiettivo a lungo termine dunque, non sia solo il lavoro, così come augurato da De Luca, ma anche e soprattutto la corretta comunicazione dell’esistenza di una possibilità. Ce la si può fare, anche qui, anche al Sud. Con ogni probabilità, una volta radicatasi questa mentalità tra le strade del Meridione, si riuscirà a debellare definitivamente il divario che da sempre taglia la penisola in due rendendone impossibile la crescita omogenea del Pil, uno solo tra i tanti indicatori del suo stato di benessere.



Napoli: tutto pronto per la prima edizione dello Yoga Festival

di Danilo D'Aponte

Napoli ancora teatro di festival culturali e, dopo averne avuto un assaggio al Festival dell'Oriente, questa volta una disciplina orientale ruba tutta la scena: lo yoga

L'annuncio della prima edizione del YogaFestival Napoli è stato dato sul sito del Comune di Napoli e, con le loro stesse parole "La mission della manifestazione è: condivisione!"

L'inziativa, nata in collaborazione tra Associazione Yoga Napoli ed il Comune di Napoli si terrà tra il 23 e il 24 settembre al Castel dell'Ovo, e il tutto sarà a ingresso gratuito (ma con registrazione sul sito, che trovate linkato a fondo pagina).

Tante le discipline presenti in quel weekend dedicato all'insegnamento e alla pratica dello yoga: Ashtanga, Vinyasa, Anukalana, Hata, Kundalini e Power Yoga, Acroyoga, Terapie Ayurvediche, e Thai Massage. 

Saranno ovviamente coinvolti maestri nazionali e internazionali, con un occhio anche alla presenza dei bambini, a cui saranno dedicate lezioni appositamente preparate per loro (da Giulia Lucarelli), e Trattamenti Ayurvedici (con Simone Fanciulli) disponibili negli spazi adiacenti alle sale.

E come si augura l'organizzazione, si starà: "Tutti insieme, uniti e mossi da un solo intento, restituire al mondo il prezioso dono che è stato fatto a loro... Yoga is Love!".

Ecco il programma dettagliato della due giorni: 

Sabato 23 Settembre

Porte aperte alle 9:00

SALA COMPAGNA

9:30 - 11:00 Ashtanga con Elena De Martin

11:20 - 12:50 Anusara

con Piero Vivarelli

15:00 - 16:30 Anukalana con Jacopo Ceccarelli

16:50 - 18:20 Acroyoga (intermedio) con Jacopo Ceccarelli e Giulia Sodo

SALA MEGARIDE

9:30 - 10:30 Kundalini con Mandeep

11:15 - 12:45 PowerYoga con Sara Zen

13:00 - 14:30 Prana Flow con Padme

14:45 - 16:00 Yoga Sonoro con Violante Binazzi

16:15 - 17:15 Yoga Tube con Alessandro Amici

17:30 - 18:30 Thai Massage con Laura Mencherini

SALA ARCHI

10:00 - 11:00 Acroyoga (base) con Jacopo Ceccarelli e Giulia Sodo

11:45 - 13:00 Hata Yoga con Katia Gargiulo

13:00 - 13:30 Canti 

13:50 - 14:50 Bagno Sonoro con Andrew Kay

15:00 - 16:30 Hata Yoga con Laura Mencherini

16:45 - 18:15 Anusara con Alberto Vezzani

18:30 - 19:00 Kirtan con Jacopo Ceccarelli

19:00 - 19:20 Meditazione con Giulia Sodo


Domenica 24 Settembre

Porte aperte alle 9:00

SALA COMPAGNA

9:30 - 10:45 Anusara con Piero Vivarelli

11:00 - 12:15 Anukalana con Giulia Sodo 

12:30 - 13:30 Thai Massage con Laura Mencherini

SALA MEGARIDE

9:30 - 10:30 Ashtanga con Elena De Martin

10:45 - 11:45 Acroyoga (intermedio) con Alessandro Amici e Katia Gargiulo

12:00 - 13:20 Power Yoga con Sara

SALA ARCHI

9:30 - 10:30 Kundalini con Mandeep

10:45 - 11:45 Prana Flow con Padme

12:15 - 13:30 Acroyoga (base) con Jacopo Ceccarelli e Giulia Sodo


Oltre che sul sito del Comune e naturalmente sui social di riferimento, potete trovare altre info all'indirizzo: www.yoganapoli.it/festival https://www.yoganapoli.it/festival





Airola live: quando i detenuti sbeffeggiano lo Stato

di Gian Marco Sbordone

Il carcere minorile di Airola 
Dal carcere minorile di Airola, in provincia di Benevento, ci giunge una notizia che non può non avere l’effetto di riproporre una riflessione su sistema carcerario italiano e soprattutto sull’effettiva efficacia della sua funzione rieducativa. Un gruppo di ragazzi detenuti, riuscendo ad eludere i controlli in maniera ingegnosa è riuscito ad occultare, all’ interno delle proprie celle, diversi telefoni cellulari. Questi ultimi venivano utilizzati per scambiare sms con amici, parenti e affiliati alla malavita. Non solo, i giovani detenuti si scattavano foto e selfie che venivano poi pubblicati su una pagina Facebook creata appositamente con il nome di “Airola live”.

Evitiamo ipocrisie. In realtà la cosa non ci sorprende più di tanto. Le disfunzioni e le criticità che interessano il sistema carcerario non sono di certo una novità. Ma, come si è già detto, ciò che è accaduto ad Airola rappresenta l’ennesima dimostrazione del fatto che bisogna concretamente interrogarsi circa il ruolo che in questo Paese svolgono gli istituti penitenziari.

E’ del tutto evidente, innanzitutto, la mancanza di serietà di chi è preposto ai controlli all’interno dell’istituto, ma anche di questi ragazzi che, è palese, non hanno la minima idea né del comportamento che dovrebbe essere consono al luogo in cui si trovano, né dell’ importanza di intraprendere un percorso di reinserimento né, con tutta probabilità, della gravità delle azioni che hanno commesso prima di entrare in carcere. Al contrario, essi appaiono spavaldi. Dietro i loro selfie pare non esserci una semplice goliardia, quanto piuttosto la volontà di far capire: “anche in carcere facciamo quello che vogliamo”.

Una situazione del genere non è accettabile. E non per il gesto di scattarsi un selfie, ma per il fatto che lo Stato ne esce umiliato, ancora una volta. Ciò che è successo ad Airola è l’ennesima fotografia di uno Stato debole, incapace di farsi rispettare; sbeffeggiato, in questo caso, dall’ esibizionismo di qualche giovane delinquente.

E’ ancora possibile credere che oggi dal carcere si possa uscire cambiati in meglio rispetto a come ci si è entrati? Ovviamente no. Il Ministro della Giustizia Andrea Orlando è intervenuto “a seguito delle rilevanti criticità insorte presso l’ Istituto penitenziario minorile di Airola”, si legge in una nota del Ministero. Subito dopo, il Dipartimento della giustizia minorile di comunità ha provveduto a sollevare dall’ incarico l’ attuale Direttore dell’ istituto penitenziario del beneventano. Al suo posto è subentrato, in via temporanea, Gianluca Guida, già direttore dell’ Istituto minorile di Nisida.

Ovviamente misure come questa non bastano a risolvere gli enormi problemi che affliggono il sistema penitenziario italiano, di cui Airola è solo uno degli ultimi esempi. La speranza è, come al solito, quella che Istituzioni, politica e stampa prendano seriamente coscienza della situazione di criticità dei penitenziari italiani, affinchè un giorno vi sia una speranza, anche minima, di poter restituire alla società individui migliori una volta usciti dal carcere. Uno scenario che oggi appare lontano e difficilmente realizzabile.


L’APE sociale: cos’è, a chi spetta, chi può chiederla

di Teresa Uomo


Una delle novità della Legge di Bilancio 2017 riguarda le pensioni, con l’introduzione della cosiddetta Ape, l’anticipo pensionistico, una vera e propria pensione anticipata a costo zero, cui potranno accedere alcune specifiche categorie di lavoratori, che sarà interamente a carico dello Stato. Un reddito ponte coprirà tutti i costi dell’anticipo per le categorie disagiate, come i disoccupati, gli invalidi o lavoratori con parenti di primo grado con gravi disabilità e per chi svolge un lavoro pesante, come maestre d’asilo, infermieri di sala operatoria, edili, macchinisti e autisti di mezzi pesanti. La domanda va presentata all’Inps, e chi matura i requisiti nel 2018 avrà la possibilità di inoltrare la richiesta entro il prossimo mese di marzo. 

Andiamo a vedere chi sono i soggetti che possono richiedere il trattamento pensionistico dell’Ape sociale, e quali sono i requisiti:

· 63 anni di età e 30 anni di contributi - I soggetti beneficiari dovranno avere almeno 63 anni, essere in possesso di almeno 30 anni di anzianità contributiva e trovarsi in una delle seguenti condizioni: disoccupazione in seguito alla cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, dimissioni per giusta causa, avere finito di godere della prestazione per la disoccupazione loro spettante da almeno tre mesi; assistenza da almeno sei mesi al coniuge, la persona unita civilmente o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104. 

· Lavoratori con mansioni gravose - Possono richiedere l’Ape sociale anche i lavoratori che hanno una riduzione della capacità lavorativa uguale o superiore al 74% o i lavoratori dipendenti che, al momento della richiesta di accesso dell’Ape sociale, svolgono o abbiano svolto in Italia, da almeno sei anni un’attività lavorativa gravosa. 

· A chi non spetta - L’indennità non spetta ai titolari di un trattamento pensionistico diretto in Italia o all’estero, ed è subordinata alla residenza in Italia e alla condizione che il soggetto abbia terminato l’attività di lavoro svolta in Italia o all’estero.

· I limiti - Il beneficiario dell’Ape sociale può svolgere un’attività lavorativa, in Italia o all’estero, durante il godimento dell’indennità, purché i redditi da lavoro dipendente percepiti non superino gli 8.000 euro lordi annui e quelli derivanti da lavoro autonomo non superino i 4.800 euro lordi annui. In caso di superamento dei limiti annui, il soggetto decade dall’Ape sociale, e l’indennità percepita nel corso dell’anno diviene indebita e la Sede Inps procede al relativo recupero.

La domanda può essere trasmessa esclusivamente in via telematica tramite i consueti canali istituzionali, sul sito www.inps.it.

La domanda potrà essere richiesta anche dagli invalidi. La soglia minima di invalidità per avere diritto da maggio 2017 all’Ape social, e dunque alla pensione anticipata senza penalizzazione, è fissata al 74%. La possibilità è concessa a lavoratori dipendenti, sia privati che pubblici, e a lavoratori autonomi. 

Ricordiamo che l’Ape si configura come un sussidio assistenziale ed è interamente a carico dello Stato. L’importo è proporzionale a quello dell’assegno pensionistico al quale il lavoratore avrebbe avuto diritto secondo i canali ordinari, ma non può in ogni caso superare i 1500 euro.


Frodi creditizie: in Campania oltre 3600 casi nel 2016

di Massimiliano Pennone

Secondo i dati pubblicati nel recente “Osservatorio sui Furti d’Identità e le Frodi Creditizie” realizzato da CRIF, azienda globale specializzata in sistemi di informazioni creditizie, nell’intero anno 2016 i casi di frode creditizia o emissione di cambiali e assegni a nome altrui (tramite furto d'identità con successivo utilizzo illecito dei dati personali e finanziari altrui) sono stati più di 26.100. Un numero altissimo, che ha generato una perdita economica stimabile intorno ai 152 milioni di euro. Nel 2015 erano stati 25.300 i casi rilevati; lo studio conferma dunque un fenomeno in costante espansione.

Analizzando i numeri dell’Osservatorio si vede poi che la regione dove questo tipo di fenomeno è maggiormente diffuso è la Campania, seguita da Lombardia e Sicilia. Nel corso del 2016 sono stati rilevati infatti soltanto nella nostra regione ben 3.661 casi (+4,5% rispetto all’anno precedente).

Anche a livello provinciale è poi Napoli a confermarsi al primo posto per numero di frodi registrate, con 2267 casi. Seguono Salerno, con 602 casi (settimo posto assoluto nella graduatoria nazionale), e Caserta, con 506 casi (nono posto assoluto nella graduatoria nazionale). Avellino è invece la provincia che registra meno casi (147), mentre Benevento è la regione con la maggiore crescita del numero di reati (+8,8%).

CRIF ha provato poi a disegnare un profilo delle vittime: la maggioranza sono uomini (nel 64,3% dei casi), fra i 41 e i 50 anni (il 26,3%) del totale. Persone quindi caratterizzate da una stabilità reddituale, una storia creditizia consolidata ed un’elevata propensione agli acquisti di beni durevoli. Da sottolineare, come sia però la fascia di età degli under 30 ad aver registrato il maggior incremento (+11,3%) a dimostrazione che i giovani spesso si caratterizzano per abitudini poco prudenti, specialmente con i servizi online.

La tipologia di finanziamento oggetto di frode più diffusa risulta invece essere il prestito finalizzato (64,27% dei casi), mentre si continua a registrare un aumento significativo delle frodi che interessano le carte di credito (18,5% dei casi totali).

Nello specifico, il 39,8% dei casi di frode creditizia rilevati ha avuto per oggetto l’acquisto di elettrodomestici, il 12,1% l’acquisto di auto e moto, il 10,4% spese per gli immobili e ristrutturazioni, l’8,9% l’arredamento e il 6,2% elettronica e informatica. Il 4,4% delle frodi riguarda invece l’acquisto di soluzioni di viaggio o intrattenimento.

Infine, come già rilevato anche nel 2015, è la carta d'identità il documento principalmente utilizzato nei casi di impersonificazione e quindi di frode: i criminali utilizzano nella maggior parte dei casi carte d'identità contraffatte, oppure valide ma non riconducibili alle vittime (come i documenti per i quali risulta una denuncia per furto o smarrimento).


Scavi di Pompei: è tregua nella "guerra" agli stickers adesivi

di Antonio Cimminiello

Pompei: un particolare del Parco Archeologico 
Rappresenta una delle testimonianze più vivide della civiltà romana, tanto della sua "avanguardia" quanto, al tempo stesso, dell'impotenza umana di fronte alla potenza distruttrice della natura. Il Parco Archeologico di Pompei, già solo alla luce di quanto sopra ricordato, meriterebbe una continua protezione, soprattutto contro il passare inesorabile del tempo e le sue conseguenze; ma non sempre negli ultimi anni ciò è accaduto, se si ricordano i crolli di parti delle antiche domus o addirittura il "furto" di reperti da parte di turisti irrispettosi e forse non adeguatamente sorvegliati. 

Ben si giustifica perciò la linea dura adottata in tal senso dal direttore Massimo Osanna, una strategia questa che di recente non ha mancato di suscitare anche polemiche e scontri. Si tratta in particolare della "guerra" agli stickers adesivi, ossia all'utilizzo di adesivi di riconoscimento da parte dei turisti. Questi adesivi, una volta indossati, assolvono ad una funzione primaria di identificazione dei gruppi organizzati, impegnati nelle escursioni tra gli Scavi. 

Già dal 2015 la direzione del Parco Archeologico aveva manifestato perplessità sulle conseguenze derivanti dall'utilizzo di tali adesivi: in particolare, il loro distacco sembrerebbe in grado di procurare veri e propri danni ai monumenti o meglio alle superfici archeologiche. Da allora si sono svolti più incontri con le associazioni rappresentative degli operatori turistici (in particolare la FIAVET), finalizzati quantomeno ad individuare soluzioni alternative, ma senza risultati proficui almeno in apparenza. 

Ed è all'inizio di Agosto che si verifica la vera e propria "rottura": il direttore Osanna impone il divieto di accesso ai gruppi in possesso degli stickers adesivi, con decorrenza a partire dal 14 Agosto. La drastica decisione - comunicata via mail alla FIAVET- simboleggia così un deciso cambio di atteggiamento da parte dell'Ente, il quale fino a quel momento si era limitato ad inoltrare alle organizzazioni turistiche interessate un semplice "invito a vigilare" per evitare il distacco e la dispersione dei famigerati adesivi all'interno del sito archeologico. Quando ormai le distanze apparivano incolmabili, ecco che però arriva il dietrofront, seppur parziale: l'ingresso con gli stickers sarà sì vietato, ma solo a partire dal 15 Settembre prossimo

Soddisfazione è stata espressa dai vertici della FIAVET, grazie a questa nuova decisione che almeno non pregiudicherà nè ridimensionerà significativamente il flusso turistico presso gli Scavi durante la stagione turistica. Ma non si tratta di una resa, come si può ben notare: la Direzione ha tracciato una "dead line" (tra l'altro neanche tanto distante nel tempo), e nel frattempo si è già provveduto alla consegna di un modello alternativo, rappresentato da una sorta di bollino di identificazione non adesivo che dovrebbe essere in grado di scongiurare fenomeni di inquinamento e deterioramento all'interno del Parco Archeologico. La soluzione da ultimo adottata quindi sembra mettere da parte i dissidi e bilanciare i diversi, fondamentali interessi in gioco (la salvaguardia del sito archeologico da un lato, la tutela del turismo dall'altro), ma solo in via temporanea, rimandando di qualche settimana una decisione definitiva sul "caso". Sarà davvero lieto fine?





Maturità 2017, lodi al Sud: scoppia la polemica

Noemi Colicchio


Tra pochi giorni i portoni delle scuole si riapriranno per fagocitare orde di giovani e giovanissimi al loro primo anno tra i banchi. C’è chi invece ha salutato con gioia la fine di Agosto, perché apripista di una nuova carriera universitaria, lasciandosi alle spalle una tra le maturità più discusse dell’ultimo decennio. Dopo l’inaspettato Claudio Magris del 2013 e le improponibili prove di matematica che nessuno o quasi è mai riuscito a terminare nel tempo prestabilito, ecco che il tornado di polemiche targato 2017 travolge il sistema di votazioni ed i risultati che ne sono conseguiti. 

Poche settimane dopo la fine degli esami, il MIUR pubblica l’annuale rapporto circa la distribuzione percentuale delle lodi su tutta l’Italia, distinguendo regione per regione anche in virtù delle differenze maturate rispetto all’anno precedente. A quanto pare, record assoluto è stato registrato a Sud del paese: con 944 lodi su 5.494 totali, la Puglia si aggiudica il titolo di regione con più alta concentrazione di "secchioni" in assoluto! Assurdo pensare a come in realtà lo scorso anno, la proporzione fosse ancora più favorevole: 934 su 5.133 (+20%). Il resto del Meridione non è da meno. Fa parlare bene di sé soprattutto la Campania, dove gli studenti con lode passano da 713 a 802. Sicilia inclusa nel podio, con 516 eccellenze totali. 

Rovescio della medaglia: man mano che saliamo verso il Nord, la situazione peggiora. I 100 scarseggiano, le lodi sono da cercare con il lanternino. Se la percentuale nelle tre regioni prima citate ruota intorno all’1,4 % o 1,3 %, in Lombardia non superano lo 0,5 %, quasi tre volte in meno. Stesso discorso, o quasi, per gli altri capoluoghi più in alto della capitale.

L’orgoglio studentesco del Nord Italia non tarda a scalpitare: com’è possibile che ci sia una così alta concentrazione di meriti solo al Sud? Qualcosa non quadra. Si parla di criteri di valutazione errati, non solo applicati durante l’esame di maturità stesso ma anche nell’intero corso dell’anno. Di certo portare al quinto anno ragazzi con pagelle zeppe di 8 e 9, significherà facilitarli e non di poco verso la lode ed il plauso accademico. Eppure ottenere un buon voto a conclusione del percorso liceale non è cosa da poco. Ormai i test di ammissione in facoltà a numero chiuso si contano sulle dita di una mano e, per i sopravvissuti, non vale più la regola del punteggio condizionato dal voto della maturità. Quest’ultimo risulta però fondamentale nel calcolo degli sgravi economici di cui, sempre all’università, possono beneficiare gli studenti più meritevoli.

Arma di contestazione: come mai alle prove Invalsi, univoche invece su tutto lo stivale, i risultati migliori sono stati registrati nelle regioni che ad oggi sembrano essere quelle meno dedite allo studio? Croce e delizia perfino dei professori, gli Invalsi vengono introdotte in forma beta nel 2007, ad oggi compiono 10 anni di attività e stragi motivazionali di enorme entità. Interrogano in italiano e matematica studenti dagli 11 ai 18 anni, con lo scopo di raddrizzare il tiro in caso si palesino con evidenza deficit di apprendimento, specchio riflesso di deficit nell’insegnamento. Il Sud è infinitamente più in difficoltà del Nord Italia nel dare risposta ai non poco difficili quesiti di suddetti test. Dunque, dov’è la verità?

Che i parametri di valutazione siano diversificati in funzione della cultura che li genera e poi li accoglie, è cosa buona e giusta. Valutare con più larga manica un elaborato scritto correttamente in italiano, in un contesto degradato e di completo abbandono come quelli che spesso si vivono nel Meridione, è cosa buona e giusta, ma purtroppo che mai potrà essere realmente compresa da chi vive in tranquillità i propri anni di scuola. Il voto della maturità non cambia la vita e se c’è una cosa che l’università insegna è proprio questa: la cadenza mensile con cui si affrontano esami durante questi anni sembra estenuante ma, in realtà, è fortemente formativa. Basti pensare che per il resto dell’esistenza, gli esami hanno addirittura cadenza giornaliera. E lì, la lode, manco garantisce sgravi fiscali.



Disoccupazione in calo. L’ISTAT conferma: scesa all’11,1%

di Teresa Uomo

Secondo gli ultimi dati ISTAT riguardanti il lavoro in Italia, il tasso di disoccupazione a giugno scende all’11,1% e registra così un calo di 0,2 punti rispetto a maggio. Si torna allo stesso valore dell’aprile scorso, che corrisponde ai livelli di settembre-ottobre 2012. È un risultato “a sorpresa”: i disoccupati, che erano balzati a maggio, sono scesi di 57mila unità, tornando su un livello prossimo a quello di aprile. 

Anche la disoccupazione giovanile è in calo di 1,1 punto ed è passata dal 36,5% di maggio al 35,4% di giugno. Gli occupati registrano un rimbalzo, essendo reduci da un maggio profondamente negativo: dopo la perdita di 53mila unità registrata nel mese precedente, nel giugno scorso gli occupati sono risaliti di 23mila unità. Si tratta di una crescita mensile dello 0,1% che porta il tasso di occupazione a salire di 0,1 punto al 57,8%. 

I dati ISTAT rilevano che la lieve crescita dell’occupazione a giugno si deve alla componente femminile: tra le donne, il tasso di occupazione a giugno raggiunge il 48,8%. Per gli uomini invece si registra un modesto calo, e riguarda in particolar modo la fascia d’età compresa tra i 15 e i 24 anni e tra i 35 e i 49 anni.

Aumentano dunque i dipendenti a termine, mentre risultano stabili i dipendenti a tempo indeterminato e calano ancora gli autonomi. Sale però la stima degli inattivi, che sempre a giugno vede ampliarsi di 12 mila persone. Il tasso di inattività è pari al 34,9%, invariato rispetto a maggio. 

Su base annua l’aumento del numero di occupati (+0,6%, +147 mila) è determinato principalmente dalle donne, e riguarda i lavoratori dipendenti (+367 mila, di cui +265 mila a termine e +103 mila permanenti), mentre calano gli indipendenti (-220 mila). A crescere sono gli occupati ultracinquantenni (+335 mila) a fronte di un calo nelle altre classi di età (-188 mila). Nello stesso periodo diminuiscono i disoccupati (-5,6%, -169 mila) e gli inattivi (-0,6%, -80 mila). Su base mensile, però, si registra un primo rallentamento della crescita occupazionale degli over 50, con un calo dello 0,1%.

I dati dell’Eurozona dimostrano il ritardo italiano: la disoccupazione è calata al 9,1% da febbraio 2009. Secondo l’istituto di statistica europea, ad essere senza lavoro a giugno erano 18,7 milioni di europei, di cui 14,7 milioni nell’Eurozona: rispetto all’anno scorso, sono 2.368 milioni in meno di cui 1.667 nell’Eurozona.


Alla Federico II il primo corso in lingua inglese del Meridione

di Antonio Ianuale

Il Dipartimento di Scienze Politiche della Federico II
La Federico II si conferma università altamente specializzante, ampliando la sua offerta formativa con un corso interamente in lingua inglese: dal prossimo anno accademico sarà attivo nel dipartimento di Scienze Politiche, il corso di laurea magistrale International Relations, il primo corso in inglese al Sud Italia. 

Il corso si propone di formare specialisti in grado di analizzare criticamente i sistemi politici, le relazioni tra le differenti aree geografiche, le ragioni e le modalità di risoluzione dei conflitti, il ruolo delle organizzazioni internazionali. Il corso avrà un apporto multidisciplinare per plasmare un profilo altamente professionale e flessibile: un professionista in grado di offrire una lettura competente della situazione internazionale o di singoli paesi esteri e sviluppare e organizzare i processi di internazionalizzazione delle istituzioni pubbliche e private. 

Il piano di studi si articola in due curricula: Economic and Cultural integration, e Security and Diplomacy mentre gli ambiti coperti dagli studi sono molteplici: dagli esami storici a quelli economici, completando l’offerta con esami in ambito giuridico e politologico. Importanza notevole è data anche alle capacità linguistiche da acquisire: gli iscritti dovranno dimostrare di avere almeno un livello della lingua inglese B2, che sarà poi potenziato nel percorso di studio biennale. Non solo lingua inglese, infatti, gli studenti sosteranno un’attività linguistica in lingua araba o in lingua cinese nella seconda annualità. 

Gli esami di profitto sono dodici, a cui si aggiungono due esami a scelta, l’ attività linguistica già citata e una tesi finale da redigere in lingua inglese. Lezioni, seminari, esercitazioni su casi pratici o di laboratorio, attività didattiche a piccoli gruppi, tutorato, orientamento, stages, tirocinio, elaborati scritti completano il percorso degli studenti. Gli sbocchi lavorativi saranno prevalentemente nell'ambito diplomatico, dalle organizzazioni governative e non governative, alle società, pubbliche e private, proiettate alla internazionalizzazione, incluse quelle operanti nel settore bancario e finanziario; fino alle stesse amministrazioni pubbliche a livello centrale e locale. 

Altre opportunità di lavoro possono riguardare anche la consulenza presso aziende e studi legali nel settore commerciale, gli investimenti all'estero e l'arbitrato commerciale. I requisiti di accesso prevedono la già citata conoscenza della lingua inglese di livello B2 da valutare in un colloquio orale e la laurea triennale nelle classi L-16 (Scienze dell'amministrazione e dell'organizzazione) L-36 (Scienze politiche e delle relazioni internazionali). Le iscrizioni al corso saranno aperte dal 1 settembre fino al 31 ottobre



Presto in Campania la sede italiana dello Sbarro Health Research Organization

di Luigi Rinaldi

Alfonso De Nicola e Antonio Giordano 
Quando due menti prestigiose uniscono le loro competenze ed esperienze nascono spesso occasioni di crescita e di sviluppo per la scienza ed il benessere sociale. E’ questo il caso del sodalizio, nato circa 4 anni fa, tra il Prof. Antonio Giordano, oncologo di fama mondiale, direttore dello Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine, ed il Dott. Alfonso De Nicola, medico dello sport, responsabile dello staff sanitario del Calcio Napoli

Due eccellenti e prestigiosi professionisti, ciascuno nel proprio campo, ma capaci di individuare un obiettivo comune ossia quello di sensibilizzare la popolazione su alcune regole fondamentali, da adottare quotidianamente, per combattere patologie talvolta anche molto gravi e complesse. Proprio grazie a questa proficua collaborazione, la Campania è stata prescelta come sede italiana dello Sbarro Institute: un modello che si occupa di ricerca scientifica a tutto campo, supportato da un team internazionale di scienziati, professori ed imprenditori che annovera Giancarlo Arra, come responsabile marketing e relazioni esterne S.H.R.O., e i due professionisti, Prof. Antonio Giordano e Dott. Alfonso De Nicola, sempre in prima linea nelle ricerca di nuove soluzioni per il bene comune, attraverso un costante scambio di informazioni scientifiche. 

In questi quattro anni di collaborazione tanti sono stati gli eventi che hanno visto la partecipazione congiunta di Antonio Giordano e Alfonso De Nicola, come il recente “San Marzano Day” dove Giordano ha illustrato l’importanza dei pomodori “San Marzano” nella terapia di supporto nella lotta contro il cancro, essendo in grado di inibire la crescita e la malignità delle cellule del carcinoma gastrico, mentre De Nicola è intervenuto sul ruolo centrale del pomodoro nella dieta mediterranea, da tutti riconosciuta come modello dietetico da adottare e seguire. 

E ancora la condivisione del progetto di Sport Biology, il primo studio sul DNA degli sportivi volto ad identificare eventuali punti deboli fisici e a prevenire gli infortuni. Si parte dal principio che ogni atleta ha una diversa predisposizione genetica all’attività sportiva e, dunque, sia gli allenamenti che il regime nutrizionale devono essere necessariamente rapportati al corredo genetico individuale. Il progetto è stato testato sui calciatori del Napoli al fine di verificarne la longevità e di prevenire eventuali lesioni. Un progetto in fase avanzata, tanto da attirare interessi anche all’estero e che nei prossimi mesi consentirà di spiegare come mai i giocatori del Napoli sono quelli che si infortunano di meno.

Torre del Greco: mazzette d’estate

di Gian Marco Sbordone

Ciro Borriello
Questa calda e afosissima estate ci ha portato anche l’ennesimo caso di squallide mazzette, di corruzione che ha visto coinvolto uno dei nostri amministratori. Ciro Borriello, medico sessantenne Sindaco di Torre Del Greco, è stato arrestato con l’accusa di aver intascato, in più circostanze, somme di denaro, per aggiudicare alla ditta dei fratelli Balsamo, arrestati anch’essi, il servizio di nettezza urbana nel Comune.

Borriello è quello che può essere definito un professionista della politica, anche se un lavoro ce l’ha ed anche ben redditizio, visto che è specializzato in chirurgia estetica. Con una particolare attitudine al cambio di casacca, lo vediamo dal 1993 nel Consiglio Comunale di Torre del Greco e in quello Provinciale di Napoli, prima con la Democrazia Cristiana, poi con Forza Italia, poi con una strana coalizione che vede insieme Forza Italia, Alleanza Nazionale e Italia dei Valori. Il grande salto al Parlamento lo fa con Forza Italia che lo fa eleggere deputato in una passata legislatura e adesso avrebbe voluto riprovarci non disdegnando, per raggiungere l’ obbiettivo, un avvicinamento alla Lega Nord di Salvini.

Tornando alle vicende della “monnezza” torrese, bisogna dire che Torre Del Greco, in realtà, ce l’aveva una ditta che, avendo vinto l’appalto regolarmente, svolgeva il servizio di igiene urbana. Era la Ego Eco, ma non era la ditta che piaceva al Sindaco. E infatti il Primo Cittadino si è impegnato per dimostrare che quell’azienda non era all’altezza. Le cronache riferiscono di controlli notturni che Borriello svolgeva personalmente per dimostrare che la città era sporca e che la Ego Eco andava mandata via. E alla fine lo ha fatto, assegnando la pulizia della città ai fratelli Balsamo che, generosamente, gli passavano somme di denaro per dimostrare il proprio apprezzamento.

Secondo quanto ricostruito dalla Procura, il Sindaco e i fratelli Balsamo si incontravano in luoghi isolati, dove non c’era copertura di segnale per i cellulari. Lì le macchine si affiancavano e le mazzette passavano dall’una all’altra. 

In questo nostro Paese sembra che non sia cambiato niente dai tempi di Tangentopoli, come del resto affermano da sempre Piercamillo Davigo e altri protagonisti di quella stagione giudiziaria. La differenza, riferisce Davigo, è che all’epoca si rubava per i partiti (anche se poi i singoli beneficiavano tutti del sistema), adesso si ruba per se stessi. Si rubano cifre inferiori, ma sono molti di più i disonesti a quanto pare.

E allora non deve meravigliare che la disaffezione alla politica, e anche alla vita delle istituzioni, cresca sempre di più. Risulta difficile appassionarsi ad un gioco che appare truccato, entrare in un mondo sporco con il concreto rischio di sporcarsi. La situazione è quindi grave e, aspettando che il processo faccia il suo corso, conviene nutrire la speranza che la Procura abbia preso un abbaglio, così come la Guardia Di Finanza che ha condotto le indagini, a quanto pare anche servendosi di intercettazioni ambientali e producendo quali prove filmati inoppugnabili. Ma speriamo lo stesso, anche se lo scoramento è tanto.