venerdì 29 settembre 2017

Quando le “botte di fortuna” valgono più di una laurea

di Noemi Colicchio

“Partecipa e vinci uno stage in azienda!”, così il claim di una delle campagne pubblicitarie peggio riuscite dell’ultimo decennio probabilmente. L’azienda è campana ed ha mediamente fatto parlare bene di sé nei suoi precedenti di carriera, tranne che stavolta. La bufera mediatica si scaglia su Carpisa in questo inizio d’anno lavorativo a causa di un contest dai toni a dir poco bizzarri lanciato dal Brand per assumere un nuovo stagista nel settore marketing della sua sede di Nola, in provincia di Napoli. Il concept è semplice: acquista una borsa Carpisa, elabora un piano di comunicazione e se la fortuna ti sorriderà, sarai estratto come vincitore dello stage. 

La polemica impazza online e offline, generata soprattutto dall’intero universo studentesco. Da sempre insofferenti verso il poco pragmatismo dimostrato dalle università italiane, migliaia di giovani d’ ogni età combattono quotidianamente contro la precarietà emotiva e concreta che solo chi ha vissuto uno stage può comprendere. La prima finestra sul mondo del lavoro, quella in cui vengono riposte aspettative di un triennio intero se non anche della magistrale. Quel piccolo, minuscolo risultato a cui si arriva finalmente da soli, che lascia - nella maggior parte dei casi - disilluse le attese di trovare conferma nell’organico a seguito del breve “periodo di prova”. Sempre sperando che i suddetti periodi di prova abbiano poi trovato quantomeno un corrispettivo economico. 

Ecco, una volta compresa la dimensione emotiva che ruota intorno alla parola “stage” - garantendole un posizionamento nella mente dello studente medio tra i pensieri non troppo felici - immaginiamo tutto d’un tratto che il carico di impegno e meritocrazia che da sempre l’accompagna, le venga tolto. Completamente snaturato, lo stage diventa solo premio. Coppa da assegnare al termine di un contest. Risulta a dir poco sconvolgente l’idea che una laurea in facoltà che ormai (e con non poca fatica) hanno acquisito credibilità come Scienze della Comunicazione e affiliati, possa essere surclassata da una meravigliosa botta di fortuna. 

La polemica prosegue.E’ giusto che si accavallino operazioni di HR (Human Research) ad un contest? Mi spiego meglio. Pesa come un macigno la richiesta di un elaborato, per la precisione trattasi di “piano di comunicazione” a chi voglia partecipare al concorso. In poche parole, ipotizzando anche che i risultati siano scadenti a causa delle inesistenti capacità dei giovani all’opera, è pur possibile che due o tre idee discrete ne escano fuori. Così, senza pagare alcun creativo o esperto del settore, il Brand si troverà di fronte stesure apprezzabili, o ipotizziamo anche valide, di cui discutere. Anche su questo non è da far leva: Carpisa non è la prima che attua strategie simili, anzi. Molti supermercati hanno assunto banconisti, cassieri in questo modo! Non chiedendo loro un piano di comunicazione, pare ovvio.

E dunque facciamo ancora un passo indietro e torniamo alla conditio di base: l’acquisto di una borsa della nuova collezione. In sintesi: una spesa minima di € 50, oltre un lavoro potenzialmente valutabile anche sopra il centinaio, in cambio di un mese da stagista nel reparto marketing di Nola. A seguito delle proteste, avanzate anche da Cgil, l’azienda si è scusata dicendosi completamente lontana, nelle intenzioni iniziali, dallo svilire il lavoro nella sua sacralità. Competenze di chi ha studiato la materia incluse.

Fatto sta che da Novembre, a Nola, ci sarà lo/la stagista dell’anno. Saremo tutti ansiosi di farne la lieta conoscenza. 


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