giovedì 30 novembre 2017

La rottura del legamento crociato: un incubo per atleti e società di calcio

di Luigi Rinaldi

I ritmi vertiginosi del calcio moderno, con partite che si giocano a distanza di pochissimo tempo l’una dall’altra, pongono a serio rischio l’integrità fisica degli atleti. Oggi i calciatori si infortunano con maggiore frequenza rispetto al passato e quando ciò accade i tempi di recupero sono spesso lunghi e complessi. Tra le varie tipologie di infortunio, a farla da padrone, da alcuni anni a questa parte, è la rottura del legamento crociato. Sotto il profilo anatomico, il crociato è uno dei legamenti più importanti essendo responsabile della stabilità del ginocchio. Quando l’atleta è costretto ad impegni fisici ravvicinati e di grande intensità, tali da sottoporre l’articolazione del ginocchio ad un superlavoro, può accadere che improvvisamente i legamenti vadano incontro a rottura. Sull’incidenza dello stress fisico rispetto al verificarsi dell’infortunio si sono pronunciati vari medici specialisti nel settore. 

Secondo alcuni, tra le principali condizioni che causano questo tipo di infortunio, vanno annoverate innanzitutto le eccessive partite giocate in un breve lasso temporale e con tempi di recupero troppo brevi nonché la velocità del calcio moderno, con calciatori sottoposti a continui scatti, che sicuramente non agevolano la salute del ginocchio. Ultima vittima di questo genere di infortunio è stato Faouzi Ghoulam, forte esterno sinistro della SSC Napoli, il cui ginocchio destro ha fatto improvvisamente crack nel corso della gara di Champions League Napoli Manchester City. L’esterno azzurro è stato utilizzato dal Napoli, nella stagione in corso, per 1468 minuti. Ciò vale a dire che il campione algerino non è stato quasi mai sostituito. Rispetto ad uno stress così alto, è stato sufficiente un appoggio sbagliato del piede per causare l’infortunio. 

Roberto D'Anchise, responsabile dell'Unità operativa di chirurgia del ginocchio dell’Istituto Ortopedico “Galeazzi” di Milano ha pubblicamente dichiarato che il sistema calcio deve cercare di preservare al meglio la salute dei calciatori, con calendari più confacenti alle necessità fisiologiche degli stessi. Altri specialisti, come il medico sociale della SSC Napoli, Prof. Alfonso De Nicola, affermano, invece, che la rottura del crociato non è minimamente prevedibile. In un recente intervento, presso l’Università Parthenope di Napoli, De Nicola ha sostenuto che la statistica dei crociati che si rompono è uguale a quella degli anni scorsi. Piuttosto, il problema riguarderebbe l’impossibilità di prevenire questo genere di infortunio. Secondo De Nicola i motivi per cui si rompe il crociato non sono necessariamente da ricercare nel maggior utilizzo di un calciatore o nel carico degli allenamenti. Bisogna indagare anche in altre direzioni. Ad esempio chiarendo come mai i crociati si rompono sempre nel corso delle gare, su terreni di gioco diversi da quelli sui quali gli atleti si allenano nel corso della settimana. 

A sostegno di quanto dichiarato dal Prof. De Nicola, il Dott. Riccardo Ciatti, primo assistente del Prof. Mariani a Villa Stuart a Roma, ove è stato operato lo sfortunato terzino algerino, in alcune recenti interviste, ha sottolineato che le scarpe che oggi utilizzano i calciatori inchiodano sempre di più il piede al terreno, per cui in caso di torsione brusca, il ginocchio può subire gravi danni. Quando esistevano i tacchetto tondi, invece, le torsioni si scaricavano su piede e caviglia e si stressava molto meno il ginocchio. Resta il fatto che la rottura del crociato costringe l’atleta ad un lungo ed estenuante periodo di stop, con gravi ripercussioni sia per il calciatore, talvolta fermato all’apice della sua carriera agonistica, sia per la società di appartenenza che rischia di dover rivedere i propri programmi nel pieno della stagione.


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