di Gian Marco Sbordone
Che cos’ è la pizza per Napoli? E' tradizione, ma non solo. La pizza è arte culinaria nel vero senso del termine. Ed è storia di un popolo. La pizza è amore per le cose semplici, è socialità. E la pizza è anche necessità, perché si tratta di un alimento povero, i cui elementi essenziali, alla fine, sono la farina, l'acqua, il sale, il lievito, il pomodoro ed un filo d'olio.
Esaltata da cantanti, attori e scrittori, la pizza è diventata Patrimonio Unesco. O meglio, tale riconoscimento, è stato conferito al lavoro di chi la fa. A Napoli quest’ arte si tramanda da generazioni: c’è il pizzaiolo, ma anche l’ aiutante, che di solito è il ragazzo, “O’ guaglione”, che sarebbe poi l’ apprendista. “O’ guaglione” aiutando guarda, cerca di carpire i segreti di quegli schiaffi sull'impasto che servono a dare la forma alla pizza e anche a delinearne il bordo: il cornicione.
Il 7 dicembre, dopo una giornata frenetica, dalla Corea del Sud è arrivata la notizia tanto attesa: con voto unanime il Consiglio dell’ Unesco ha deliberato l’ inserimento dell’ arte dei pizzaioli napoletani nella lista del “Patrimonio Immateriale dell'Umanità”. E’ molto importante che, per la prima volta, non è stato riconosciuto il valore di una pietanza o di un ingrediente ma il lavoro, quello, appunto, dei pizzaioli napoletani che è stato evidentemente messo sullo stesso piano di quello di un artista.
Grande soddisfazione è stata espressa da Luigi Petrillo, curatore del dossier relativo alla candidatura, che ha raccontato come la storia di questo ambito riconoscimento era iniziata 8 anni fa. Ci sono stati lunghi negoziati ma alla fine 182 Paesi hanno espresso il loro si alla scelta. Come detto, per una volta, non si è pensato di preservare la qualità di un prodotto ma di una pratica tradizionale che è anche gestualità, canto, espressioni gergali e, alla fine, esibizione. Infatti le fasi della preparazione della pizza costituiscono una rappresentazione teatrale vera e propria.
L’ Unesco ha parlato di “indiscutibile patrimonio culturale, nato nei quartieri poveri di Napoli e profondamente radicato nella vita quotidiana della comunità”. E’ stato aggiunto che “per molti giovani praticanti diventare pizzaioli rappresenta anche un modo per evitare la marginalità”. La gioia a Napoli è esplosa, da parte di tutti gli addetti al settore, ma anche da parte di tutti i napoletani che si sono sentiti gratificati ed orgogliosi per quanto accaduto.
Gino Sorbillo, Enzo Coccia, Antonio Starita e Ciro Oliva, gli ambasciatori della pizza napoletana, si sono riuniti per festeggiare nello storico locale di Sorbillo, in via dei Tribunali e, nell'occasione, sono state offerte margherite ai passanti. Coccia, intervistato al riguardo, ha parlato di genialità dei napoletani che intuirono l'importanza di aggiungere il pomodoro alla pasta del pane ottenendo, in modo così semplice, un risultato gastronomico e nutritivo straordinario. Molto orgoglioso Gino Sorbillo, che ha tenuto a rivendicare come oggi, finalmente, i pizzaioli non debbano più sentirsi ristoratori di serie B perché la pizza non sfigura nemmeno nelle cucine più prestigiose.
Il risultato arriva, come accennato, dopo un percorso iniziato nel 2009 e ci è voluto tanto impegno anche per superare il pregiudizio di alcuni Paesi, che sostenevano che alla fine quello del pizzaiolo era un fenomeno di tipo esclusivamente commerciale.
Un sostegno importante per il conseguimento del risultato è giunto dalla Coldiretti e dalla fondazione Univerde, presieduta dall'ex Ministro Alfonso Pecoraro Scanio. Poi, finalmente, l'annuncio con cui il Ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, Maurizio Martina ha comunicato la vittoria. Ora vengono in mente tante immagini ma, la più bella, resta quella di Sophia Loren, la bella e conturbante pizzaiola del film “L’ oro di Napoli”, di Vittorio De Sica, del 1954, che resta una pietra miliare, per la cinematografia e per l’ immagine di Napoli.
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