di Antonio Cimminiello
Tra le sentenze che assumono un significato valore oltre le aule di giustizia non può che annoverarsi quella della Sesta Sezione Penale del Tribunale di Napoli che ha posto la parola fine, almeno in primo grado, all'intricata vicenda giudiziaria avente ad oggetto la mancata bonifica del sito di Bagnoli. Non solo si tratta di una pronuncia che arriva a distanza di 11 anni dall'apertura delle indagini. Non solo ha coinvolto - nel bene e nel male, dato che non sono mancate anche assoluzioni - ciò che ha rappresentato il top dell'amministrazione comunale di Napoli per un certo periodo, tra manager e vicesindaci.
E' l'accertamento - si ricorda, solo provvisorio, in attesa degli ulteriori gradi di giudizio - di una serie di condotte che, se confermato definitivamente, testimonierà un vero e proprio scempio perpetrato per anni. Spicca senza dubbio il riconoscimento, tra le varie condanne, della responsabilità per il grave reato di disastro colposo. In altre parole, l'operato della società "Bagnoli Futura" non solo ha fallito nel raggiungimento dei propri obiettivi istituzionali, ma avrebbe peggiorato la situazione di inquinamento già sussistente nel sito dell'ex - Italsider.
E' importante ricordare come una conferma di ciò fosse già pervenuta indirettamente da Invitalia, soggetto attuatore della opera di bonifica di Bagnoli attualmente in corso, attraverso la comunicazione dei risultati dell'analisi dei suoli, dai quali è emersa la necessità di bonifica anche nelle aree oggetto degli interventi degli anni passati.
Non sono mancate le condanne per truffa (tra i condannati eccellenti l'x vicesindaco di Napoli e presidente di Bagnoli Futura Sabatino Santangelo), alla luce della "distrazione" dei fondi pubblici destinati a bonifica e riqualificazione dell'area - si parla di più di 100 milioni di euro - verso obiettivi quale la semplice "sopravvivenza" della società.
La sentenza citata finisce col riversare i propri effetti, in un certo senso, anche sull'attuale opera di riqualificazione di Bagnoli la quale, conclusa l'analisi dei suoli, attende adesso l'avvio dei lavori di progettazione della bonifica. La pronuncia infatti dispone la restituzione delle aree sequestrate 5 anni fa al soggetto proprietario (e cioè Invitalia, perno dell'attuale opera di restyling), ma subordina il verificarsi di tale effetto al suo passaggio in giudicato, il che nei fatti può tradursi nell'attendere la celebrazione degli altri gradi di giudizio, dai tempi chiaramente imprevedibili.
Molto probabilmente Invitalia chiederà già alla Corte d'Appello partenopea un accesso immediato alle aree dissequestrate. Un tentativo per accelerare i tempi di un'attività che avrà il compito non facile di cancellare gli errori, le incapacità, i fallimenti del passato.
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