di Antonio Cimminiello
La chiamano "questione meridionale". E' il divario economico che si registra tra Nord e Sud fin dai primi anni successivi all'Unità d'Italia e che ancora oggi si trascina senza spiragli di una soluzione effettiva. Problematica questa che indirettamente è stata chiamata in causa di recente, alla luce del progetto normativo attualmente in fase di discussione e finalizzato alla nascita del cd. "federalismo asimmetrico".
Di cosa si tratta? In pratica le Regioni del Nord e Centro Italia hanno richiesto l'attribuzione a loro favore di nuovi poteri e nuove materie sulle quali poter intervenire al posto dello Stato centrale; e fin qui nulla di anomalo, trattandosi di una facoltà riconosciuta espressamente dalla Costituzione italiana. Il punto dolente è però un altro: tale richiesta presuppone necessariamente la disponibilità, sempre a proprio favore, dei fondi provenienti dal reddito prodotto e dalle tasse pagate nei propri territori di competenza.
Considerando sinteticamente che le Regioni interessate sono quelle più ricche e che le risorse che chiedono di "trattenere" sono quelle essenzialmente destinate ad alimentare i fondi dello Stato centrale a loro volta preordinati ad assicurare i servizi su tutto il territorio italiano, è facile intuire il rischio che ne può derivare, ovvero quello di vedere ulteriormente ridotte le risorse economiche provenienti dallo Stato (già asfittiche con i tagli degli ultimi anni), risorse dalle quali, cosa ancor più allarmante, dipende quasi totalmente la garanzia di servizi essenziali al Sud, come ad esempio quello sanitario.
Proprio questo profilo prettamente economico ha fatto insorgere le Regioni del Meridione - che si sono immediatamente rivolte al Ministro per le Autonomie Erika Stefani attraverso un documento in sede di Conferenza Unificata - ed in particolare il Governatore della Campania Vincenzo De Luca, il quale ha richiesto per iscritto un incontro formale direttamente al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Il progetto di autonomia "...minerebbe in questo momento le ragioni redistributive, solidaristiche e sociali, previste dalla Carta Costituzionale- si legge nella richiesta di incontro- e renderebbe ancora più profondo il divario tra aree ricche e aree povere dello Stato, ledendo l'unità nazionale".
L'intento delle istituzioni meridionali è quello quindi di far sentire la propria voce prima che il progetto descritto diventi norma definitiva, anche attraverso l'indicazione di una serie di "controlimiti", come ad esempio il preventivo aumento dell'entità del cd. "fondo di perequazione", nato proprio per assicurare parità di servizi e diritti per le regioni in difficoltà economica, o ancora l'approvazione dei "livelli essenziali delle prestazioni": si vuole così evitare un futuro scenario dove potrebbero essere messi a repentaglio addirittura diritti essenziali della persona. Fermo restando comunque che sul varo del "federalismo asimmetrico" non si registra ancora un consenso unanime da parte dell'intera maggioranza politica oggi al Governo.