di Antonio Ianuale
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Domenico Rea |
Lo scrittore e giornalista Domenico Rea non trova posto a Napoli e si trasferisce a Sarno: parliamo dell’archivio dello scrittore, composto da dieci faldoni, 5.000 fogli dattiloscritti, che includono recensioni di libri e di mostre di pitture, versioni di brani dei romanzi diverse da come poi furono pubblicate. La figlia Lucia ha cercato invano per anni una sede a Napoli per l’archivio ma non hai avuto risposte soddisfacenti, così quando è arrivata la proposta del Comune di Sarno grazie a Vincenzo Salerno, docente di Letterature comparate a Cassino, non ci ha pensato e ha accettato l’offerta.
Domenico Rea è nato a Napoli nel 1921, ma nel 1924 si trasferisce a Nocera Inferiore dove trascorre l’adolescenza. Comincia a scrivere nel 1939, a soli diciassette anni, quando partecipa ad un concorso letterario bandito dalla rivista «Omnibus», diretta da Leo Longanesi, con il racconto “È nato”. Non vince ma colpisce Longanesi che lo invita a continuare sulla strada della scrittura.
Darà vita alla rivista “Sud” con altri scrittori napoletani, conosce intellettuali come Montale, Gadda, Arnoldo Mondadori. Con “Spaccanapoli” inaugura la collaborazione con Mondadori, che attende un romanzo, che però non sembra nei programmi di Rea. Le opere successive sono “Le formiche rosse”, un dramma teatrale, “Gesù, fate luce”, un nuovo libro di racconti, “Ritratto di maggio”, un libro quasi autobiografico.
Il romanzo tanto atteso esce nel 1958 “Una vampata di rossore”, che però non ottiene il successo sperato. Tra il 1960 e il 1961 esce, prima con l'editore napoletano Pironti e poi con Mondadori, Il re e il lustrascarpe, un volume che raccoglie saggi e articoli di giornali. Nel 1965 con “I Racconti”, una collezione di tutte le novelle, e "L'altra faccia", un volume eterogeneo che comprende poesie, racconti e un amaro saggio autobiografico.
Nel 1970 Rea diventa giornalista, collabora con il Corriere della Sera e con Il Mattino. Gli ultimi lavori includono “Pensieri della Notte”, “Crescendo napoletano”, “L’ultimo fantasma della moda” e “Ninfa plebea” che vince il Premio Strega. Domenico Rea è stato uno scrittore polivalente e complesso: gioioso e addolorato, ironico e drammatico, lontano dalla vita politica, non si è mai riconosciuto in alcuna corrente letteraria, sebbene la sua produzione letteraria si possa inquadrare nella corrente neorealista per l’attenzione all’ambiente popolare e alle ingiustizie, sebbene ci siano spunti creativi che si distaccano dal modello del realismo tout court.
Molti suoi racconti, compresi quelli in Spaccanapoli e in Gesù, fate luce, sono caratterizzati da un racconto-saggio o saggistica narrata, in cui documento e la creazione si intrecciano fino a confondersi e diventare un tutt’uno. Questa sua forma narrativa è descritta nel primo importante saggio di Rea e cioè Le due Napoli, appendice del libro di racconti, “Quel che vide Cummeo”. Lo stesso Rea ha definito il saggio: «il mio manifesto letterario» : una riflessione sulla dicotomia tra classi egemoni e ceti subalterni della città, borghesi e lazzari, che fa di Napoli una città con due classi, ma senza popolo. Uno scrittore molto attento alla realtà napoletana, capace di descrivere una realtà complessa come quella di Napoli con ironia e realismo.
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